T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 09-03-2011, n. 674 Concorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il COMUNE di MILANO aveva indetto una procedura per l’affidamento, mediante pubblico incanto, di un appalto avente ad oggetto opere di riordino interno ed esterno, nonché di riordino delle coperture e del cortile esterno, di un edificio scolastico. La società E.M. di GIUSEPPE & C. S.N.C., in proprio e in qualità di mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con la società S. S.N.C. di L.P., aveva presentato offerta di partecipazione alla suddetta gara. Con verbale del 29 aprile del 2005, la commissione giudicatrice aveva ritenuto sussistere i presupposti per l’esclusione dalla procedura per violazione del dovere di segretezza, a causa della presenza nella documentazione depositata di elementi idonei ad alterare la serietà e l’indipendenza delle offerte presentate. Successivamente, con nota del 10 maggio 2005, il Comune di Milano, Settore Gare e Contratti, recependo l’indicazione di cui al verbale di gara, disponeva l’esclusione della ricorrente dalla procedura ad evidenza pubblica sulla base di elementi tali da far presumere forme di collegamento sostanziale tra il menzionato raggruppamento ed altra impresa partecipante alla gara, la S. S.A.S. di LAMBERTI CARMINE, entrambe riconducibili ad un unico centro di interessi. All’esclusione seguiva, altresì, l’applicazione della sanzione dell’escussione della cauzione provvisoria, nonché la comunicazione del provvedimento adottato all’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici.

1.2. Con ricorso depositato il 7 giugno 2005, la società ricorrente ha impugnato i provvedimenti in epigrafe, chiedendo al Tribunale di disporne l’annullamento, previa sospensione, in quanto viziati da violazione di legge ed eccesso di potere.

Il COMUNE di MILANO si è costituito in giudizio, eccependo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, nonché per mancata notifica ad almeno uno dei controinteressati e chiedendo, nel merito, la reiezione del ricorso proposto.

Nella camera di consiglio del 16 giugno 2005, il Tribunale, in parziale accoglimento della domanda cautelare, ha sospeso l’impugnato provvedimento di escussione della polizza fideiussoria in quanto gli elementi sintomatici di collegamento sostanziale desunti dalla stazione appaltante "pur essendo attendibili, non possono costituire presupposto per l’escussione della polizza".

Sul contraddittorio così istauratosi, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza.

2. I provvedimenti impugnati sono pienamente conformi a legge. Il ricorso, pertanto, non può essere accolto per i seguenti motivi.

3. In via pregiudiziale, l’amministrazione eccepisce l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse all’aggiudicazione della gara e per mancata notifica ad almeno uno dei controinteressati titolari di un interesse qualificato alla conservazione degli atti procedimentali impugnati.

3.1. L’eccezione è infondata dal momento che la società ricorrente non persegue l’interesse all’aggiudicazione della procedura dalla quale ne è stata disposta l’esclusione, bensì quello ad evitare il nocumento patrimoniale derivante dalla escussione della polizza fideiussoria e dalla comunicazione della esclusione alla Autorità di vigilanza. Ne consegue l’ammissibilità del ricorso, a prescindere dalla impugnazione della aggiudicazione e dall’omessa notifica alle altre imprese interessate alla conservazione della procedura di gara. La giurisprudenza ha, del resto, da tempo chiarito che non esistono controinteressati rispetto ai provvedimenti di esclusione dalle procedure concorsuali (Cons. Stato, sez. V, 28 settembre 2005, n. 5200; TAR Lazio, sez. III, 10 maggio 2006, n. 3410; TAR Campania – Napoli, sez. I, 10 maggio 2006, n. 4052).

4. Nel merito, la società lamenta, in primo luogo, la violazione e falsa applicazione del bando di gara, nonché l’eccesso di potere per difetto dei presupposti di legge, sviamento e carenza di motivazione. In particolare, si deduce che l’art. 75 R.D. 827/24, cui rinvia il bando di gara, può intendersi violato in ipotesi in cui tra le ditte partecipanti sussistano le forme di controllo di cui all’art. 2359 c.c. o in presenza di situazioni di collegamento sostanziale, quali la comunanza del legale rappresentante, del titolare, degli amministratori, dei soci, dei direttori tecnici e dei procuratori con poteri di rappresentanza. Nella specie, tuttavia, gli elementi presi in considerazione dall’amministrazione resistente sarebbero ben lungi dal costituire una prova sicura a conferma delle convinzioni espresse dalla p.a.

4.1. In termini generali, la correttezza e la trasparenza della gara vengono pregiudicate dalla presentazione di offerte che, seppure provenienti da imprese diverse, siano riconducibili ad un medesimo centro di interessi. Ciò anche alla luce della disciplina comunitaria, secondo cui il sistema delle gare pubbliche può funzionare solo se le imprese partecipanti si trovino in posizione di reciproca ed effettiva concorrenza.

La giurisprudenza si è sempre orientata in senso favorevole alla possibilità di individuare ipotesi di "collegamento sostanziale" tra imprese, diverse e ulteriori rispetto a quelle espressamente indicate all’art. 10, comma 1 bis l. n. 109 del 1994 ("imprese che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all’art. 2359 c.c."), norma in questa sede applicabile ratione temporis. Mentre nel caso di "controllo" ai sensi dell’art. 2359 c.c., opera un meccanismo di presunzione iuris et de iure circa la sussistenza di un’ipotesi turbativa del corretto svolgimento della procedura concorsuale (e quindi dei principi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio tra i concorrenti), nel caso di sussistenza del c.d. "collegamento sostanziale", l’amministrazione è onerata di provare in concreto l’esistenza di elementi oggettivi e concordanti, che siano tali da ingenerare pericolo per il rispetto dei richiamati principi (cfr. ex plurimis Cons. Stato, V, 22 aprile 2004 n. 2317; Cons. Stato, VI, 7 febbraio 2002, n. 685; V, 15 febbraio 2002, n. 923; IV, 27 dicembre 2001, n. 6424). Anche in assenza di specifiche previsioni nella lex specialis, la stazione appaltante deve disporre l’esclusione di offerte contenenti gli indizi di una concordata modalità di presentazione e formulazione, ovvero della provenienza da un unico centro decisionale. Difatti, in considerazione della peculiarità della materia e degli interessi pubblici tutelati, sarebbe irragionevole e contraddittorio richiedere nel bando la tipizzazione del fatto del collegamento o del controllo societario diverso da quello di cui all’articolo 2359 c.c., dal momento che tale previsione farebbe refluire il perseguimento dell’interesse pubblico alla scelta del "giusto" contraente nel mero controllo della regolarità formale del procedimento, esponendo l’interesse protetto al pericolo di situazioni concrete di fenomeni di effettivo controllo o di altre situazioni societarie capaci di alterare la gara, non facilmente prevedibili o ipotizzabili. Ciò in quanto la tutela apprestata all’interesse pubblico alla corretta e regolare scelta del "giusto" contraente è finalizzata ad evitare che il relativo bene giuridico sia addirittura messo in pericolo: infatti, quand’esso fosse già stato leso o vulnerato, sarebbe molto difficile, se non addirittura impossibile una restitutio in integrum, salva l’ipotesi dell’annullamento della gara e la sua rinnovazione, che però in ogni caso comporterebbe, per il tempo occorrente e per le risorse umane e finanziarie da impiegare e riallocare, un’offesa non riparabile ai principi di economicità, speditezza, celerità ed adeguatezza dell’azione amministrativa (cfr. Cons. Stato VI, 13 giugno 2005, n. 3089; 23 giugno 2006, n. 4012; Sez. V, 9 dicembre 2004, n. 7894). Sarebbe, comunque, preferibile che il divieto fosse esemplificato attraverso clausole del bando di gara.

A conferma della lesività e illegittimità del "collegamento sostanziale" tra imprese partecipanti alla medesima procedura, l’art. 34 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici, relativi a lavori, servizi e forniture), ha precisato che "le stazioni appaltanti escludono altresì dalla gara i concorrenti per i quali accertano che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi.

4.2. Successivamente, la Corte di Giustizia CE (C. giust. CE, sez. IV, 19 maggio 2009 C538/07, pronuncia richiamata da Consiglio di stato, sez. VI, 08 giugno 2010, n. 3637), pronunciandosi sul d.lgs. n. 157/1995, ha ritenuto incompatibile con il diritto comunitario (e segnatamente con la direttiva 92/50/CEE) la disciplina nazionale che vieta in assoluto la partecipazione alla medesima gara di appalto di imprese che sono tra loro in una situazione di collegamento (il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia aveva posto la seguente questione pregiudiziale: "Se l’art. 29 della direttiva 92/50 (…), nel prevedere sette ipotesi di esclusione dalla partecipazione agli appalti di servizi, configuri un "numerus clausus" di ipotesi ostative e, quindi, inibisca all’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/94 (ora sostituito dall’art. 34, ultimo comma, del decreto legislativo n. 163/06) di stabilire il divieto di partecipazione simultanea alla gara per le imprese che si trovino fra loro in rapporto di controllo". Ha osservato la Corte di Giustizia che non si può impedire, a priori, una disciplina nazionale delle cause di esclusione dalle gare di appalto più severa di quella comunitaria, la quale prevede le cause di esclusione come facoltative. Pertanto, non è senz’altro illegittima la disciplina italiana, che prevede cause di esclusione obbligatorie. Tuttavia la maggiore severità della disciplina nazionale, da un lato deve trovare giustificazione nell’esigenza di una migliore tutela della concorrenza, della trasparenza e della par condicio, dall’altro incontra un limite nel principio di proporzionalità. Facendo applicazione di tali coordinate alla disciplina nazionale in tema di controllo di imprese e gare di appalto, la Corte di Giustizia ha rilevato che la legislazione italiana prevede una esclusione "automatica", in quanto il solo fatto che vi sia una situazione di controllo preclude la partecipazione alla medesima gara e obbliga la stazione appaltante a dichiarare l’esclusione: tale automatismo, secondo la Corte, implica una presunzione assoluta di reciproca influenza nella formulazione delle offerte in gara; esso ostacola la libera concorrenza nel mercato comunitario, e contrasta con il principio di proporzionalità, in quanto non si lascia a tali imprese la possibilità di dimostrare che, nel loro caso, non sussistono reali rischi di insorgenza di pratiche atte a minacciare la trasparenza e a falsare la concorrenza tra gli offerenti.

Osserva il Collegio come l’intervento della Corte di Giustizia attenga precipuamente all’ipotesi di collegamento strutturale tra imprese societarie: le imprese controllate, questo è il ragionamento della Corte, potrebbero godere comunque di una certa autonomia nella gestione della loro politica commerciale e delle loro attività economiche, in particolare nel settore della partecipazione a pubblici incanti; inoltre, i rapporti tra imprese di un medesimo gruppo potrebbero essere disciplinati da disposizioni particolari, ad esempio di tipo contrattuale, atte a garantire tanto l’indipendenza quanto la segretezza in sede di elaborazione di offerte che vengano poi presentate contemporaneamente dalle imprese in questione nell’ambito di una medesima gara d’appalto.

Nella vicenda per cui è causa, per contro, non si discute di un rapporto di controllo tra le imprese concorrenti (che secondo la Corte di Giustizia non è sufficiente affinché l’amministrazione aggiudicatrice possa escludere automaticamente tali imprese dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto, senza verificare se un tale rapporto abbia avuto un impatto concreto sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di questa procedura); bensì di un collegamento di "fatto" di tipo non strutturale che, tuttavia, secondo l’amministrazione avrebbe avuto presuntivamente un impatto concreto sul loro rispettivo comportamento nell’ambito della gara, con l’effetto di determinare la presentazione di offerte riconducibili ad un unico centro decisionale.

4.3. A fini di completezza espositiva, si ricorda che il codice dei contratti pubblici è stato adeguato alla predetta pronuncia della Corte di Giustizia, e attualmente non contempla come causa di esclusione il controllo formale ex se, ma ogni situazione di controllo e collegamento, sia esso formale o sostanziale, solo se vi sia la prova, sulla base di univoci elementi, che le offerte siano riconducibili ad un unico centro decisionale. L’art. 38, co. 1, lett. mquater e co. 2, d.lgs. n. 163/2006, prevede, infatti, che "sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, nè possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti, i soggetti che si trovino, rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all’ articolo 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale". Il medesimo articolo prosegue sancendo che " ai fini del comma 1, lettera mquater), i concorrenti allegano, alternativamente: a) la dichiarazione di non essere in una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile con nessun partecipante alla medesima procedura; b) la dichiarazione di essere in una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile e di aver formulato autonomamente l’offerta, con indicazione del concorrente con cui sussiste tale situazione; tale dichiarazione è corredata dai documenti utili a dimostrare che la situazione di controllo non ha influito sulla formulazione dell’offerta, inseriti in separata busta chiusa. La stazione appaltante esclude i concorrenti per i quali accerta che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi. La verifica e l’eventuale esclusione sono disposte dopo l’apertura delle buste contenenti l’offerta economica".

4.3. Il Comune di Milano, in aderenza agli indicati indirizzi ermeneutici, ha stabilito nella normativa di gara di cui alla procedura in esame l’esclusione anche per l’ipotesi del collegamento sostanziale e, nel "patto d’integrità", ha previsto l’incameramento della cauzione a carico del concorrente che venga a trovarsi in situazioni di controllo o di collegamento (formale e/o sostanziale) con altri concorrenti.

A parere del Collegio, l’esclusione dalla gara dell’appellata è stata ragionevolmente disposta sulla base di una serie di elementi, idonei a configurare l’esistenza di un rapporto di collegamento sostanziale con altra concorrente partecipante alla medesima gara, e quindi a far presumere che le due offerte fossero riconducibili ad un unico centro decisionale.

Si è data correttamente rilevanza, sul punto, ad una serie di elementi materiali quali: – la residenza nello stesso comune e nel medesimo numero civico di soci dell’una e dell’altra impresa; – l’avvenuto rilascio delle polizze fideiussorie dalla medesima agenzia di Milano, nello stesso giorno, a firma del medesimo procuratore di agenzia, con autentica nello stesso giorno dal medesimo notaio; – a seguito di interrogazione T., l’accertamento che il numero di telefono indicato dall’impresa S. S.N.C. di L.P. risultava intestato ad altra impresa mentre nella sua sede legale non risultava alcuna utenza intestata all’impresa stessa. Tali elementi assumono un pregnante valore sintomatico alla luce degli intrecci parentali tra i soci delle rispettive società (L.D., socia di S. SNC, è sorella di L.C., socio di S. SAS, entrambi figli di L.P., altro socio di S. SNC), tutti conviventi ed inseriti nello stesso stato di famiglia (il Collegio osserva come i medesimi indizi siano già stati ritenuti da questo stesso Tribunale, in altro giudizio riguardante i medesimi protagonisti, tipici elementi caratterizzanti il collegamento sostanziale: cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 13 dicembre 2006, n. 2932, confermata da Consiglio di Stato 8 settembre 2008 n. 4268).

5. Con il secondo motivo viene censurata la violazione degli artt. 7 e seguenti della L. 241/1990, nonché dei principi del contraddittorio; ciò in quanto, non operando la comminatoria dell’esclusione automatica in ipotesi di collegamento sostanziale, quest’ultimo avrebbe dovuto essere verificato in contraddittorio con l’impresa esclusa, e non in segretezza.

5.1. Il motivo è infondato. Non sussiste, difatti, alcun obbligo di comunicazione di avvio del procedimento nel caso di esclusione dalla gara e di applicazione delle consequenziali misure afflittive, afferendo tali atti all’unico procedimento instaurato con la domanda di partecipazione alla gara d’appalto per i lavori. L’esclusione da una gara pubblica non deve essere preceduta dall’avviso dell’inizio del procedimento, trattandosi di atto conclusivo di un sub procedimento che si inserisce nel procedimento di gara.

6. Con il terzo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce violazione del principio di tassatività delle sanzioni, violazione dell’art. 10 L.109/94, nonché eccesso di potere per arbitrarietà e per carenza di potestà sanzionatoria. La sanzione dell’incameramento, si sostiene, è sottoposta allo statuto generale dell’illecito amministrativo, derivato dai principi generali di cui agli artt. 25 Cost. e 1 L.689/81, che si manifesta nei corollari della personalità e dell’oggettività dell’illecito. Orbene, sia l’escussione della cauzione sia la segnalazione all’Autorità, per giurisprudenza consolidata, sarebbero prescritte solo nell’ipotesi in cui si verta intorno a dichiarazioni afferenti alla capacità economicofinanziaria dei concorrenti e non già alle dichiarazioni inerenti all’assetto societario. Nessun rilievo assumerebbe, pertanto, l’espressa previsione dell’escussione nel Patto di Integrità.

6.1. La censura è infondata.

Con riguardo alla escussione della polizza fideiussoria, il Consiglio Stato (sez. V, 08 febbraio 2005, n. 343 e sez. V, 24 marzo 2005, n. 1258), in una fattispecie del tutto analoga a quella per cui oggi è causa, ha affrontato la questione della validità del "patto d’integrità" nella parte in cui stabilisce l’incameramento della cauzione provvisoria. Il Giudice di primo grado aveva, similmente a quanto oggi sostenuto dalla società ricorrente, ritenuto illegittima l’escussione della cauzione provvisoria sul rilievo che tale sanzione sarebbe stata possibile nelle sole ipotesi disciplinate dagli artt. 10 e 30 della legge n. 109 del 1994, con la conseguenza che la disposizione contenuta nel patto di integrità sarebbe stata in contrasto con l’art. 1 della legge 24.11.1981, n. 689, che pone per le sanzioni amministrative una riserva di legge analoga a quella contenuta per le sanzioni penali nell’art. 25 della Costituzione.

Il Consiglio di Stato non ha condiviso tale impostazione con argomenti da cui il Collegio ritiene di non doversi discostare. Il Comune di Milano, con il patto d’integrità, che racchiude regole di comportamento per le imprese, partecipanti ad una gara, già desumibili dalla disciplina positiva relativa alle procedure di evidenza pubblica e dai principi attinenti la materia, ha solo configurato un sistema di condizioni (o requisiti) la cui accettazione ha elevato a presupposto necessario e condizionante per la partecipazione delle imprese alla specifica gara di cui trattasi. L’impresa concorrente, inoltre, con la sottoscrizione, all’atto della presentazione della domanda, del Patto d’integrità, accetta regole del bando che rafforzano comportamenti già doverosi per coloro che sono ammessi a partecipare alla gara (nella specie, la regola di non compiere atti limitativi della concorrenza) e che prevedono, in caso di violazione di tali doveri, sanzioni di carattere patrimoniale, oltre la conseguenza, ordinaria a tutte le procedure concorsuali, della estromissione dalla gara. Nella fattispecie si individua, quindi, innanzitutto, un onere, consistente nella sottoscrizione per adesione delle regole contenute nel Patto d’integrità, configurandosi l’accettazione delle regole in questo contenute come condizione imprescindibile per poter partecipare alla gara, e contestualmente dei doveri comportamentali, accompagnati dalla previsione di una responsabilità patrimoniale, aggiuntiva alla esclusione della gara, assunti su base pattizia rinvenendosi la loro fonte nel Patto d’integrità accettato dal concorrente con la sottoscrizione.

Tale previsione, come ulteriore prescrizione dei bandi di gara, dei doveri stabiliti dal patto d’integrità con le correlative responsabilità di ordine patrimoniale, è del tutto legittima, inquadrandosi la fattispecie nell’ambito dell’autonomia negoziale dell’amministrazione, nell’invito a contrattare, e di chi aspiri a diventare titolare di un futuro contratto, con l’accettazione dell’invito. Non si ravvisano preclusioni nell’ordinamento positivo, specie se si consideri che il patto d’integrità contiene regole conformi a principi già considerati dall’ordinamento e già assistiti da responsabilità patrimoniale (quale la buona fede e la correttezza nelle trattative contrattuali). La escussione della cauzione provvisoria nella fattispecie in esame vale unicamente ad identificare e a quantificare fin dall’origine la conformazione e la misura della responsabilità patrimoniale del partecipante alla gara conseguente all’inadempimento dell’obbligo assunto con la sottoscrizione del patto d’integrità (l’orientamento è stato più recentemente confermato anche da Consiglio Stato, sez. V, 06 marzo 2006, n. 1053, secondo cui: il patto d’integrità nel suo insieme e nelle singole clausole assume il carattere di complesso di regole di comportamento per le imprese, già desumibili dalla disciplina positiva relativa alle procedure di evidenza pubblica e dai principi attinenti la materia e non già di sanzione privata incompatibile con il principio di legalità di cui all’art. 25 comma 2 cost.; ne consegue che l’incameramento della cauzione non ha carattere di sanzione amministrativa – come tale riservata alla legge e non a fonti di secondo grado o a meri atti della p.a. – ma costituisce la conseguenza dell’accettazione di regole e di doveri comportamentali, accompagnati dalla previsione di una responsabilità patrimoniale, aggiuntiva alla esclusione della gara, assunti su base pattizia, rinvenendosi la loro fonte nel patto d’integrità accettato dal concorrente con la sottoscrizione: da ultimo cfr. anche Consiglio Stato, sez. V, 08 settembre 2008, n. 4267).

6.2. La coerente applicazione degli argomenti appena esposti conduce al rigetto del motivo. Il collegamento sostanziale è nozione senza dubbio sussumibile tra gli "accordi per limitare la concorrenza" che le imprese concorrenti avevano dichiarato insussistenti all’atto di partecipare alla gara. La violazione degli impegni anticorruzione, cui si subordina l’escussione della polizza, è espressione ampia che, letta in correlazione con le altre clausole, deve ritenersi riferita anche al complesso dei comportamenti che falsano il gioco della concorrenza, vietati dal patto di integrità, al fine di assicurare l’autonomia delle offerte.

7. Da ultimo, la Sezione osserva, quanto alla censura circa l’ambito oggettivo della segnalazione all’Autorità di vigilanza, che la segnalazione all’Autorità va fatta non solo nel caso di riscontrato difetto dei requisiti di ordine speciale in sede di controllo a campione, ma anche in caso di riscontrato difetto dei requisiti di ordine generale (secondo quanto più volte statuito da Cons. St., sez. IV, 7 settembre 2004 n. 5792; Cons. St., sez. V, 12 febbraio 2007 n. 554).

8. Le spese di lite seguono la soccombenza come di norma.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

RIGETTA il ricorso;

CONDANNA la società ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’amministrazione resistente che si liquida in Euro 3.000,00, oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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