T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 09-03-2011, n. 385 Motivazione dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

per il ricorrente;
Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 1253 del 1999 A.T. – proprietario in Crespano del Grappa di un fondo rustico – ha agito in giudizio per l’annullamento dell’ ordinanza n. 19, prot. n. 2675, del 22 marzo 1999, con la quale è stata ingiunta la demolizione dei "fabbricati di cui alla richiesta di condono posti sul mapp. N. 127 del foglio 17" nonché per l’annullamento di ogni altro atto presupposto ovvero conseguente e, tra questi, del parere negativo espresso dalla Commissione Edilizia Integrata nella seduta dell’1 dicembre 1998.

Nello specifico, il T. rappresenta di aver richiesto all’amministrazione comunale, in data 28 marzo 1986, il rilascio della concessione edilizia in sanatoria, ai sensi dell’art. 31 della l. n. 47 del 1985, relativamente ad abusi edilizi realizzati sul suddetto terreno, consistiti nella realizzazione di manufatti adibiti a ricovero scorte, fienile, pollaio ed a ricovero macchine agricole.

Con nota dell’11 maggio 1989 l’amministrazione comunale ha richiesto un’integrazione documentale, evasa dal T. nel mese di marzo del 1990.

Successivamente, l’amministrazione comunale ha adottato l’ordinanza gravata con la quale ha rigettato l’istanza di condono, a motivo del parere negativo espresso dalla Commissione Edilizia Integrata nella seduta dell’1 dicembre 1998 e, conseguentemente, ha ingiunto la demolizione delle opere abusive.

Avverso il provvedimento gravato sono stati dedotti i seguenti motivi di ricorso.

La prima censura si appunta sul vizio di eccesso di potere e sulla violazione dell’art. 32 della l. n. 47 del 1985. La difesa del ricorrente, infatti, sostiene che il vincolo gravante sull’area è stato introdotto successivamente all’edificazione dei manufatti abusivi sicché, ai sensi dell’art. 32 della l. n. 47 del 1985, non avrebbe dovuto essere richiesto alcun parere da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.

Con il secondo motivo di ricorso è stato dedotto il vizio di eccesso di potere nonché la violazione della l. n. 431 del 1985, dell’art. 7 della l. n. 1497 del 1939 e la carenza assoluta di motivazione. La difesa del ricorrente lamenta che il diniego dell’istanza di condono si basa unicamente sul parere negativo espresso dalla Commissione Edilizia Integrata il quale, tuttavia, presenta palesi carenze motivazionali; in tale parere, infatti, si afferma genericamente che: "per uso materiali e soluzione plani volumetrica, i fabbricati non si inseriscono nel contesto ambientale meritevole di tutela". La motivazione, dunque, non contiene alcuna specificazione in ordine alla tipologia di materiali utilizzati ed alla loro idoneità ad alterare l’ambiente circostante nonché alle norme ed ai canoni che ne vieterebbero l’uso.

Il Comune di Crespano del Grappa non si è costituito in giudizio per resistere al gravame.

Con ordinanza n. 688 del 16 giugno1999 questa Sezione ha accolto la domanda cautelare in considerazione del periculum connesso al carattere demolitorio del provvedimento gravato.

All’udienza del 23 febbraio 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Motivi della decisione

1.Il Collegio ritiene di poter procedere direttamente all’esame del merito, non essendo stata sollevata alcuna eccezione preliminare dall’amministrazione che non si è costituita in giudizio e non emergendo questioni rilevabili d’ufficio.

2.Il primo motivo di ricorso, con il quale ci si duole della violazione e della falsa applicazione dell’art. 32 della legge n. 47/1985 alla fattispecie in esame e del vizio di eccesso di potere, è infondato e va disatteso.

Infatti, ancorché l’istanza di condono sia relativa ad opere abusive realizzate prima dell’imposizione del vincolo paesaggistico deve ribadirsi, conformemente al pacifico orientamento della giurisprudenza formatasi sul punto, l’obbligatorietà dell’acquisizione del parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, ai sensi dell’articolo 32 della legge n. 47 del 1985. (cfr., ex multis, Cons. St., sez. IV, 30 giugno 2010, n. 417; T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 14 giugno 2010, n. 14166; T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 03 dicembre 2008, n. 2765).

Ciò in quanto, anche se l’articolo 32 citato non precisa in quale momento il vincolo debba essere stato imposto perché sorga la necessità di acquisire il suddetto parere, in applicazione del principio tempus regit actum, si ritiene che debba essere applicata la normativa vigente al momento del rilascio della concessione in sanatoria.

Peraltro risulta dirimente sul punto la decisione dell’Adunanza Plenaria n. 20 del 22 luglio 1999, la quale ha enunciato il principio secondo cui "la disposizione dell’art. 32 l. 28 febbraio 1985 n. 47, in tema di condono edilizio, nel prevedere la necessità del parere dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico ai fini del rilascio delle concessioni in sanatoria, non reca alcuna deroga ai principi generali e pertanto essa deve interpretarsi nel senso che l’obbligo di pronuncia dell’autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione all’esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall’epoca in cui il vincolo medesimo sia stato introdotto. Ciò in quanto tale valutazione corrisponde all’esigenza di vagliare l’attuale compatibilità con il vincolo dei manufatti realizzati abusivamente."

Orbene, la necessità dell’acquisizione del parere di cui all’articolo 32 esclude peraltro che, nella fattispecie oggetto di giudizio, possa conseguentemente ritenersi formato il silenzioassenso sull’istanza di condono, atteso il parere sfavorevole espresso dalla competente Commissione.

3. Con il secondo motivo di ricorso è stato dedotto il vizio di eccesso di potere nonché la violazione della l. n. 431 del 1985, dell’art. 7 della l. n. 1497 del 1939 e la carenza assoluta di motivazione.

La difesa del ricorrente lamenta che il diniego dell’istanza di condono si basa unicamente sul parere negativo espresso dalla Commissione Edilizia Integrata il quale, tuttavia, presenta palesi carenze motivazionali; in tale parere, infatti, si afferma genericamente che: "per uso materiali e soluzione planivolumetrica, i fabbricati non si inseriscono nel contesto ambientale meritevole di tutela". La motivazione, dunque, non contiene alcuna specificazione in ordine alla tipologia di materiali utilizzati ed alla loro idoneità ad alterare l’ambiente circostante nonché alle norme ed ai canoni che ne vieterebbero l’uso.

3.1 La censura è fondata.

In proposito deve infatti osservarsi, innanzitutto, che la funzione della motivazione del provvedimento amministrativo, come chiarito dalla consolidata giurisprudenza, è diretta a consentire al destinatario di ricostruire l’iter logicogiuridico in base al quale l’amministrazione è pervenuta all’adozione di tale atto nonché le ragioni ad esso sottese; e ciò allo scopo di verificare la correttezza del potere in concreto esercitato, nel rispetto di un obbligo da valutarsi, invero, caso per caso, in relazione alla tipologia dell’atto considerato (Cons. St., sez. V, 4 aprile 2006, n. 1750; sez. IV, 22 febbraio 2001 n. 938; sez. V, 25 settembre 2000 n. 5069).

Ciò che deve ritenersi necessario perché l’atto non risulti inficiato da censure nella sua parte motiva è che in esso siano sempre esternate le ragioni che giustificano la determinazione assunta, non potendo la motivazione espressa in essa esaurirsi in semplici, generiche locuzioni di stile.

L’inadeguatezza delle indicazioni contenute nel provvedimento di diniego di condono, e pertanto la sua illegittimità avuto riguardo all’obbligo motivazionale, è stata, in ogni caso, ribadita dalla giurisprudenza formatasi sul punto specifico ed alla cui stregua l’atto conclusivo del procedimento conseguente ad una domanda di sanatoria deve indicare specificamente le ragioni di diritto e di fatto poste a base del diniego opposto, anche per rendere edotto il titolare dell’interesse legittimo di carattere pretensivo sulle circostanze rilevanti nel caso di specie (in tal senso, cfr. Cons. St., sez. V, 12 ottobre 2001, n. 5392).

Ebbene, nella vicenda sottoposta all’esame del Collegio, emerge che la giustificazione del diniego è incentrata unicamente sul parere negativo espresso dalla Commissione edilizia integrata la quale ha ritenuto i fabbricati non compatibili con il vincolo paesaggistico gravante sull’area, a motivo dei materiali utilizzati e della soluzione planivolumetrica adottata.

Tale motivazione non appare, all’evidenza, idonea a sorreggere in modo puntuale il diniego della domanda di sanatoria.

Infatti, in relazione a provvedimenti negativi in materia di nulla osta paesaggistico – sebbene debba escludersi la sussistenza di un obbligo gravante sull’amministrazione di suggerire all’interessato le modifiche progettuali necessarie al fine di rendere compatibile l’opera con il contesto ambientale di riferimento, posto che un tale obbligo, oltre a non essere contemplato da alcuna disposizione, rischierebbe di pregiudicare l’efficienza ed il regolare svolgimento della stessa azione amministrativa – l’amministrazione è certamente tenuta a motivare in modo esaustivo circa la concreta incompatibilità del progetto sottoposto all’esame con i valori paesaggistici tutelati, indicando le specifiche ragioni per le quali i manufatti edilizi considerati non si ritengono adeguati alla caratteristiche ambientali protette. La motivazione, peraltro, deve essere ancor più pregnante nel caso in cui si operi nell’ambito di vincolo generalizzato, onde evitare una generica insanabilità delle opere, ed anche nel caso in cui il diniego di condono intervenga dopo molto tempo dalla presentazione della relativa domanda (cfr. Cons. St., sez. VI, 8 maggio 2008, n.2111).

Nel caso in esame le ragioni del diniego appaiono, invece, incentrate unicamente sulla locuzione utilizzata dalla Commissione Edilizia Integrata nel parere negativo dalla stessa reso che, per il solo riferimento generico ai materiali utilizzati ed alla soluzione plani volumetrica adottata, non appare di certo sufficiente a sorreggere il diniego di concessione in sanatoria.

In definitiva, nel caso in esame, il diniego espresso in ordine alla domanda di sanatoria contiene una valutazione apodittica e non dimostrata, che non appare soddisfare i requisiti minimali della motivazione, non essendo di certo sufficiente la mera affermazione secondo cui i manufatti in questione mal si inserirebbero nel contesto ambientale per i materiali utilizzati e la tipologia costruttiva, atteso che nulla viene specificato nel concreto per dimostrare il contrasto con l’interesse ambientale tutelato.

Dimostrazione, peraltro, ancor più necessaria nel caso di specie, atteso che la domanda di condono risale al 28 marzo 1986 e l’edificazione abusiva ad epoca ancora più risalente, antecedente anche all’imposizione del vincolo ambientale: il che imponeva una ancor più approfondita motivazione in ordine alla esigenza di detta tutela.

Sulla scorta delle predette argomentazioni il ricorso deve, pertanto, essere accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

4. Sussistono, peraltro, giusti motivi per compensare integralmente le spese ed onorari di giudizio, atteso che la vicenda trae comunque origine da un abuso edilizio commesso dal ricorrente e tenuto anche conto dei diversi orientamenti giurisprudenziali registrati in materia, con specifico riferimento alla motivazione delle determinazioni negative in ordine alla compatibilità paesaggistica degli interventi oggetto di istanza di sanatoria.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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