T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Trento Sez. Unica, Sent., 09-03-2011, n. 69 Motivazione dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1.La ricorrente espone:

– di essere proprietaria della p. f. n. 492/1 e delle pp. ed. nn. 130 e 131 in località Villamontagna; particelle site a fregio del tratto finale della strada che sale da Tavernaro e si immette nella piazza di Villamontagna;

– che la destinazione d’uso urbanistica delle particelle suddette, riferita al PRG vigente prima della adozione della variante impugnata, è descritta all’art. 38 delle NTA: B3a -zone edificate di integrazione e di completamento, aventi altezza massima (Hm) di mt. 10,50 e If mc./mq. 1,75;

– che sull’area costituita dalle particelle suindicate è stata rilasciata una concessione edilizia relativa a due di tre palazzine, e che avverso la concessione edilizia assentita a D.C. pende un ricorso proposto da un privato confinante, in relazione a una pretesa di parziale inedificabilità per la presenza di una servitù di non edificazione, ricorso accolto da questo TRGA con la sentenza n. 100/09, appellata;

– che la variante 2008 al PRG di Trento, adottata con DCC n. 54/08, avente a oggetto "il riequilibrio delle aree residenziali di recente insediamento", nell’eliminare la zona B3a prevede, per le particelle suddette, la destinazione d’uso urbanistica B2 -zone edificate di integrazione e di completamento, con Hm 9,50 e If mc. / mq. 1,45, con superficie permeabile pari a un 10% della superficie fondiaria (Sf);

– che l’Allegato n. 5 alle NTA, che riguarda anche la località Villamontagna, fornisce alcuni criteri per la progettazione. Nei criteri viene prescritto il rispetto di una altezza massima non superiore ai tre piani, ovvero ai 10 mt., e una lunghezza massima delle fronti degli edifici non superiore a 30 -40 metri, con eventuali maggiori altezze consentite solo per ragioni di natura bioclimatica ovvero per raggiungere elevate prestazioni energetiche;

– che avverso la DCC n. 54/08 D.C. ha presentato l’osservazione n. 54 del 19 agosto 2008 con la quale ha rilevato in sintesi che:

– le ragioni dell’eliminazione della zona B3a indicate nel paragrafo 4.1. della relazione illustrativa alla variante non sono specifiche e, per la loro genericità, non sono applicabili alla progettazione riferita alla p. f. 492/1 e alle pp. ed. 130 e 131;

– la variante 94, nel trasformare le aree B3 in B3a, aveva ridotto in modo significativo l’altezza massima da mt. 12,5 a mt. 10,5, e l’If da 2,50 a 1,75, in linea con il criterio indicato nell’Allegato 5;

– l’ulteriore riduzione dell’altezza massima, da mt. 10,50 a mt. 9,50, introdotta con la variante di riequilibrio del 2008, appare inadeguata in quanto l’altezza massima di mt. 9,50, imposta a edificazioni da costruire su terreno acclive, comporta o un piano seminterrato per tutto il perimetro del sedime o un terzo piano sottotetto con altezza media ponderale dei locali limitati dai muri esterni inferiore a ml. 2,20, con locali quindi non abitabili;

– appare infine penalizzante e non equo, rispetto ad altre aree, non consentire maggiori altezze, anche in deroga all’altezza massima prevista per le B2, per ragioni di natura bioclimatica. Di qui la richiesta di ripristino della destinazione urbanistica B3a, oppure la riclassificazione dell’area "de qua" a zona B2 "speciale", avente il medesimo If e Hm dell’attuale B3a; e la richiesta che tra i criteri di cui all’Allegato 5, relativamente all’area B2 -località Villamontagna -settore 2, sia inserito un inciso che consenta, per ragioni di natura bioclimatica, una maggiore altezza di mt. 0,50 rispetto all’altezza massima di ml. 10;

– che il Comune, nel controdedurre alla osservazione, ha ritenuto "di confermare la scelta operata in prima adozione per quanto concerne la soppressione della zona B3a e la conseguente trasformazione in zona B2 delle aree che avevano questa classificazione, secondo quanto precisato nella relazione illustrativa e visto anche il contenuto della "valutazione tecnica" formulata dal Servizio urbanistica e tutela del paesaggio" della PAT";

– che con la DCC n. 123/08, resa in sede di adozione definitiva della variante, è stata respinta l’osservazione n. 27, salvo l’accoglimento della modifica dell’Allegato n. 5, che consente eventuali maggiori altezze rispetto a quelle previste dal PRG "solo per ragioni di natura bioclimatica ovvero per raggiungere elevate prestazioni energetiche".

1.2.Avverso e per l’annullamento dei provvedimenti in epigrafe indicati la ricorrente ha formulato un unico, articolato motivo, suddiviso in tre profili di censura (da A) a C)) e concernente violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati aspetti.

1.3.- Si è costituita l’Amministrazione comunale, controdeducendo e concludendo per il rigetto del ricorso, poiché infondato.

1.4.Con memoria depositata in prossimità della udienza di discussione del ricorso nel merito la difesa della ricorrente ha indicato due temi di natura urbanistica che andrebbero risolti dal TRGA mediante CTU o conferimento di verificazione tecnica.

1.5.All’udienza del 16 dicembre 2010 il ricorso è stato discusso e quindi trattenuto in decisione.

2.Il ricorso è infondato e va respinto.

2.1- I profili di censura sviluppati alle lettere A) e B) possono essere esaminati e decisi in modo congiunto.

La ricorrente è dell’avviso che il Comune, nel rigettare l’osservazione n. 27 della società D., si sarebbe limitato, in modo illegittimo, a richiamare le considerazioni generali poste a sostegno della variante, omettendo di valutare le particolarità che caratterizzano l’area D. e il Settore 2 di Villamontagna. Come si è accennato sopra, al p. 1.1., le ragioni della eliminazione della zona B3a indicate nel paragrafo 4.1. della relazione illustrativa alla variante non troverebbero corrispondenza nella specifica situazione che riguarda l’area D., nella quale le pertinenze degli edifici non sono per nulla interamente utilizzate a parcheggi e a spazi di manovra. Inoltre, i precedenti interventi di pianificazione del 1994, mutando la destinazione urbanistica dell’area da B3 a B3a, avevano già ridotto in modo significativo sia l’altezza massima (da mt. 12,5 a mt. 10,5), e sia l’If (da 2,50 a 1,75). L’ulteriore riduzione dell’altezza massima, da mt. 10,50 a mt. 9,50, stabilita con la variante di riequilibrio del 2008, appare inadeguata in quanto l’altezza massima di mt. 9,50, prescritta per edificazioni da costruire su terreno acclive, comporta o un piano seminterrato per tutto il perimetro del sedime o un terzo piano sottotetto con altezza media ponderale dei locali limitati dai muri esterni inferiore a ml. 2,20, con locali quindi non abitabili. La penalizzazione appare evidente, anche rispetto ad altre aree o settori descritti nell’Allegato 5: di qui la richiesta di ripristino della destinazione urbanistica B3a, oppure la riclassificazione dell’area a zona B2 "speciale" avente il medesimo If e Hm dell’attuale B3a.

La ricorrente prosegue affermando che il Comune, nel rispondere alla osservazione, si sarebbe limitato a svolgere una affermazione di principio, prescindendo da un esame specifico dell’area oggetto della osservazione, giacché, nel caso particolare, l’abbassamento degli indici non avrebbe comportato alcun effetto migliorativo, considerata la peculiare situazione di Villamontagna, ove è stata progettata la costruzione delle palazzine, situazione non comparabile, in quanto a sé stante, con i luoghi, diversi, per i quali era stata dettata la variante.

I profili di censura sopra riassunti, si diceva, sono infondati e vanno respinti.

In via preliminare va rilevato che, secondo la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato (v., di recente, sez. IV, sentenze nn. 4024/09 e 811/09), la discrezionalità del pianificatore è molto ampia: "Per quanto concerne la programmazione degli assetti del territorio, l’amministrazione gode di un ampio potere discrezionale, senza necessità di motivazione specifica sulle scelte adottate in ordine alla destinazione delle singole aree, con la conseguenza che tali scelte possono essere censurate soltanto in presenza di vizi logicogiuridici nel quadro delle linee portanti della pianificazione.

Tale regola non è d’altronde che un’applicazione della norma che non prevede l’obbligo di motivazione negli atti generali.

Da quanto sopra deriva che il privato che si ritenga leso da una scelta di piano non favorevole ai suoi interessi in ordine alla destinazione data ad una certa area di sua proprietà, non può chiedere ragione della scelta amministrativa; il sistema amministrativo non tutela, infatti, la pretesa ad una giustificazione analitica delle scelte amministrative giustificata dalla violazione dell’affidamento sull’edificabilità di una certa area (cfr. in termini, dec. n. 811/09 cit.).

La regola dell’inesistenza di un obbligo specifico di motivazione delle scelte di piano vale anche per le osservazioni presentate al p.r.g.; secondo l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato le osservazioni proposte dai cittadini nei confronti degli atti di pianificazione urbanistica non costituiscono veri e propri rimedi giuridici, ma semplici apporti collaborativi e, pertanto, il loro rigetto o il loro accoglimento non richiede una motivazione analitica, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e confrontate con gli interessi generali dello strumento pianificatorio.

Ne discende che le scelte urbanistiche circa la disciplina del territorio possono formare oggetto di sindacato giurisdizionale nei soli casi di arbitrarietà, irrazionalità o irragionevolezza ovvero di palese travisamento dei fatti, che costituiscono i limiti della discrezionalità amministrativa.

Ciò comporta che, in sede di previsioni di zona di piano regolatore, la valutazione dell’idoneità delle aree a soddisfare, con riferimento alle possibili destinazioni, specifici interessi urbanistici, rientra nei limiti dell’esercizio del potere discrezionale, rispetto al quale, a meno che non siano riscontrabili errori di fatto o abnormi illogicità, non è configurabile neppure il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento basata sulla comparazione con la destinazione impressa agli immobili adiacenti (cfr. dec. n. 811 cit.).

L’eccezione alla regola generale è costituita da alcune situazioni specifiche in cui il principio di affidamento impone che il piano regolatore dia conto, e renda sindacabile davanti al giudice amministrativo, anche il modo in cui è stata effettuata la ponderazione degli interessi pubblici sottostante alle scelte del piano" (CdS, 4024/09 cit.).

Alle argomentazioni, sopra trascritte, del Consiglio di Stato, va aggiunto che anche questo Tribunale, in più occasioni (v. sent. nn. 311/04 e 245/04), ha affermato che per il rigetto delle osservazioni è sufficiente che le stesse siano ritenute in contrasto con i criteri e gli indirizzi informatori del piano.

Ciò premesso in via generale, e guardando adesso più da vicino al caso in esame, va osservato che:

Villamontagna presenta peculiarità di carattere paesistico e urbanistico, e ricade tra le aree di interesse archeologico e di tutela ambientale;

la relazione alla variante di riequilibrio (v. p. 4., pag. 4, in atti), nel giustificare l’esigenza di eliminare la zona B3a, rimarca che la zona suddetta "ha fatto emergere nel corso degli anni vari aspetti di problematicità che ne sconsigliano il suo mantenimento. Lo squilibrato rapporto tra l’indice (medio) e l’altezza (bassa) associato a tipologie edilizie "a palazzina" ha prodotto e produce complessi edilizi la cui conformazione corrisponde al lotto meno una fascia di larghezza pari a 5 metri lungo il perimetro. A rapporti di copertura del lotto molto elevati consegue il degrado degli spazi pertinenziali…interamente utilizzati a parcheggio e area di manovra. Con l’applicazione degli indici della zona B3a il rapporto che determina la qualità di qualsiasi insediamento – quello tra spazio edificato e spazio inedificato- risulta essere totalmente squilibrato a favore del primo", con edifici del tutto decontestualizzati e un uso, appunto, delle pertinenze scoperte sempre più dedicato ad accessi, parcheggi e spazi di manovra, a scapito del verde privato (v. pag. 5 relaz. cit.). Perciò, sull’intero territorio della collina di Trento, le zone B3a sono state riclassificate come zone B2, con Hm 9,50 e If 1,45, fatta eccezione, per quanto qui più interessa, per le zone di Martignano e Mattarello, diversamente classificate B3 in ragione delle peculiari caratteristiche possedute e descritte, in modo analitico, nella relazione (pag. 5 ss.). La variante impugnata mira, in sostanza, a contenere l’edificabilità, salvaguardando l’area scoperta permeabile a verde;

come osserva, in modo condivisibile, la difesa comunale, la motivata scelta di salvaguardare il territorio collinare, anche mediante la revisione degli interventi edilizi ammissibili, è stata recepita, dagli organi tecnici della Provincia, in sede di "valutazione tecnica" in data 9 settembre 2008. Il Servizio Urbanistica della PAT ha espresso l’avviso che la soppressione delle zone B3a, con conseguente riduzione della densità edilizia da 2 mc/mq a 1,45, e contenimento dell’altezza a mt. 9,50, "dovrebbe migliorare il rapporto superficie coperta / superficie libera, con evidenti vantaggi sulla qualità urbana complessiva, limitando i fenomeni speculativi in atto della massificazione edilizia con costruzioni a palazzina, prive di verde, e tipologie legate alla forma dei lotti…si tratta di scelte che derivano da una valutazione di carattere generale e che tendono a un miglioramento complessivo degli insediamenti residenziali";

la situazione dei lotti della società ricorrente non giustificava una soluzione diversa da quella scelta dall’Amministrazione comunale, dal momento che i lotti medesimi si inserivano, e si inseriscono, entro un contesto urbanistico omogeneo, che legittimava valutazioni come quella che il Comune si è risolto a compiere;

il fatto che nell’area in esame non vi siano pertinenze utilizzate a parcheggio o a spazio di manovra, e che la progettazione già approvata preveda il 32 % (altrove il 30 %) di superficie a verde (cfr. relazione del Comune di Trento 29 ottobre 2010, in atti), non significa che il Consiglio comunale avrebbe dovuto riconoscere, necessariamente, una specificità per il lotto D., prevedendo una destinazione diversa dalla B2 e derogatoria rispetto alla stessa;

non appare inappropriato richiamare, inoltre, il precedente di questo Tribunale costituito dalla sentenza n. 111/10, relativa a un terreno, situato in località Povo e riclassificato da B3a a B2 in base alla DGP n. 725/09, sentenza nella quale si legge che "circa la contestazione sulla riclassificazione della zona da B3a a B2, la Relazione alla variante, cui fa riferimento l’Amministrazione nelle controdeduzioni alle osservazioni presentate dalla ricorrente, è, poi, stata meditatamente e lodevolmente motivata, come emerge dai passi sopra riportati. Tanto basta a dimostrare l’evidente infondatezza anche della censura secondo cui il lotto della ricorrente si troverebbe in una situazione urbanistica sovrapponibile a quella di zone vicine per le quali è stata eccezionalmente adottata la classificazione B3. Le ragioni per le quali sono state introdotte tali eccezioni sono, infatti, del tutto particolari e non è affatto configurabile l’identità di situazioni territoriali allegata dalla ricorrente…";

– in conclusione, le considerazioni sopra trascritte sorreggono in maniera adeguata la decisione di respingere l’osservazione n. 27 e di confermare la scelta fatta in sede di adozione e di approvazione della variante. In disparte il rilievo che l’osservazione n. 27 è stata accolta in parte, mediante la modifica dell’Allegato 5 alle NTA del PRG -criteri per la progettazione -ultima parte, prevedendo che il PRG consenta eventuali maggiori altezze "solo per ragioni di natura bioclimatica ovvero per raggiungere elevate prestazioni energetiche".

2.2.- Il profilo di censura sub C) si incentra sulla asserita antinomia esistente tra l’art. 38 delle NTA del PRG, disposizione che prevede una Hm di mt. 9,50 nelle zone B2, e il su citato Allegato 5 il quale, come detto, consente di costruire fino a una altezza di mt. 10, fatte salve eventuali maggiori altezze previste dal PRG solo per esigenze bioclimatiche o per raggiungere elevate prestazioni energetiche. A detta della ricorrente la "dicotomia normativa" tra l’art. 38 e l’Allegato 5, "in parte qua", vale a dire entro i limiti dell’interesse fatto valere in giudizio, comporterebbe la nullità degli atti impugnati, e ciò ai sensi dell’art. 21 -septies della l. n. 241/90, oltre a evidenziare il vizio di "eccesso di potere per contraddittorietà interna del documento urbanistico approvato, che andrà annullato" con riconoscimento della vigenza della disciplina precedente, che prevedeva, nelle zone come quella in esame, una Hm di mt. 10,50, e in base alla quale è stata assentita la concessione edilizia (annullata con la sentenza n. 100/09, appellata).

Anche il profilo di censura sopra riassunto non merita adesione.

A parte che il conflitto interpretativo denunciato, ove sussistente, verrebbe risolto non mediante il ripristino della disciplina precedente, che stabiliva una Hm di mt. 10,50, ma unicamente riconoscendo la possibilità di realizzare costruzioni fino a una Hm di 10 mt. -e di non più di tre piani: e a quest’ultimo proposito appare allo stato generico e indimostrato il rilievo difensivo comunale secondo cui i tre piani sono ricavabili anche raggiungendo un’altezza inferiore ai 10 metri, essendo "comodamente ottenibili" anche nelle zone B2; a parte ciò, ad avviso del Collegio l’ipotizzata antinomia non sussiste, e in ogni caso trova applicazione il citato art. 38 poiché:

l’Allegato 5 alle NTA del PRG, recante criteri di tutela paesaggistico -ambientale, richiamato dall’art. 79 bis delle citate NTA come facente parte integrante delle medesime, detta una normativa integrativa, a tutela del paesaggio, applicabile, ad esempio, anche all’interno delle zone B3, ove l’Hm prevista è di mt. 12,50. L’Allegato 5 si applica estensivamente ad ambiti territoriali diversi del territorio comunale;

detto altrimenti, con l’Allegato 5 si è inteso rispondere all’esigenza di introdurre ulteriori prescrizioni di valorizzazione e di tutela paesaggistico -ambientale del territorio. Esso riguarda settori dei diversi abitati e delinea criteri per la progettazione all’interno degli stessi. Nei casi in cui il PRG preveda una Hm superiore a quella stabilita dall’Allegato 5 (ad es. in B3, ove l’Hm è di mt. 12,50), le (costruzioni aventi) maggiori altezze, rispetto a quanto previsto dall’Allegato 5, non potranno essere realizzate se non sovvengono le ragioni indicate dai "criteri" ex Allegato cit., vale a dire per soddisfare esigenze di natura bioclimatica ovvero per raggiungere elevate prestazioni energetiche;

va in ogni caso riconosciuta preminenza alle NTA cosicché, se l’area interessata dalla edificazione si trova in B2, l’altezza massima sarà comunque di mt. 9,50; se invece in B3, l’altezza massima, di mt. 12,50, prevista dal PRG, potrà essere raggiunta, secondo ragionevolezza e coerenza con quanto prescrive l’Allegato 5, soltanto per le ragioni di natura bioclimatica indicate nei "criteri", altrimenti le costruzioni non potranno superare i 10 metri (conf. pag. 5 relazione Comune di Trento -Servizio Urbanistica, 29 ottobre 2010, in atti).

Infine, il sub profilo di censura "aggiuntivo" (v. fine pag. 15 -pag. 16 ric.), incentrato sulla affermata illegittimità dell’Allegato 5 delle NTA nella parte in cui è consentito il solo superamento dell’altezza e non anche "l’ampliamento del volume qualora si propongano interventi di natura bioclimatica per raggiungere elevate prestazioni energetiche", in disparte il rilievo che viene chiesta al TRGA di eseguire una operazione additiva, di cesello, come tale di dubbia ammissibilità, appare inammissibile per carenza di interesse poiché, come si è detto sopra, nella controversia trova applicazione l’art. 38 delle NTA mentre non viene in rilievo l’Allegato 5.

In conclusione, il ricorso va respinto.

Le peculiarità, sia in diritto sia in fatto, della vicenda trattata suggeriscono di compensare per intero, tra le parti, le spese e gli onorari della controversia.
P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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