Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 02-02-2011) 14-03-2011, n. 10180 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.P. ricorre avverso la sentenza 27.9.10 della Corte di appello di Roma che ha confermato quella, in data 13.3.08, del locale tribunale con la quale è stato condannato, riconosciute attenuanti generiche, alla pena – dichiarata interamente condonata – di anni due, mesi otto di reclusione, oltre la pena accessoria dell’inabilitazione per dieci anni dall’esercizio di impresa commerciale con incapacità ad esercitare uffici direttivi per la stessa durata temporale, per il reato di concorso in bancarotta fraudolenta per distrazione, relativo al fallimento della Istet s.p.a. – dichiarato dal Tribunale di Roma con sentenza 22.4.98 – , di cui l’imputato era stato presidente del c.d.a. dal 10.6.96 al 23.7.97.

Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, con il primo motivo violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), con riferimento all’art. 157 c.p., per essere la prescrizione maturata alla data del 22.10.10, mentre per la sentenza di appello, emessa all’udienza del 27.9.10, era stato fissato per il deposito il termine di 30 giorni, che, scadendo il 27.10.10, era successivo al termine massimo di prescrizione.

Con il secondo motivo si deduce ancora violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in riferimento all’art. 37 c.p., per non avere la Corte di merito stabilito la durata della pena accessoria di cui alla L. Fall., art. 216, u.c. in misura uguale a quella della pena principale inflitta, non ostando a tale determinazione la norma fallimentare, potendo la locuzione ivi contenuta essere intesa come indicativa dell’arco temporale sino al limite massimo di dieci anni, anche secondo un profilo interpretativo costituzionalmente orientato alla luce delle norme di cui all’art. 41 Cost. (libertà di iniziativa economica); art. 35 Cost. (diritto al lavoro) e art. 27 Cost., comma 2, che tutelano beni su cui viene ad incidere, limitandone l’esercizio, la L. Fall., art. 216.

Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) dal momento che, sostanziandosi l’accusa nell’aver venduto l’immobile sito in (OMISSIS), al prezzo di L. 1.300.000.000, di gran lunga inferiore al valore effettivo, era rimasto provato dalla consulenza di parte che il valore di detto immobile corrispondeva a quello dichiarato e che l’operazione di cessione – con accollo da parte dell’acquirente dei debiti specificatamente indicati nell’atto di compravendita -, rientrava in una più complessa operazione volta a favorire l’ingresso di nuovi soci, così come il contratto di affitto di azienda fatto a favore della Istet Graf s.r.l. che costituiva parte di quel piano di risanamento al quale avevano concorso anche le stesse banche creditrici. L’imputato aveva pertanto agito, nell’immediato, per tacitare il ceto creditorio e nel medio e lungo termine la restante parte dei creditori con il ricavato della vendita, come aveva anche confermato in dibattimento il curatore fallimentare affermando che gli amministratori della fallita avevano tentato in tal modo di risolvere lo stallo in cui si trovavano.

Osserva la Corte che i primi due motivi di ricorso sono manifestamente infondati, atteso che, pur dovendo, ratione temporis, trovare applicazione nella specie il termine prescrizionale massimo di anni 12 e mesi 6, decorrente dalla pronuncia della sentenza di fallimento (22.4.98), devono essere computati anche i periodi di sospensione del decorso di detto termine, per complessivi mesi 3 e giorni 20, sicchè la prescrizione non era in ogni caso maturata alla data della pronuncia della sentenza di secondo grado (27.9.10), nè lo è alla data odierna, maturando essa all’11.2.2011. Il secondo motivo non risulta aver formato oggetto di specifico appello, per cui, trattandosi di motivo "nuovo", incontra la preclusione di cui all’ultima parte dell’art. 606 c.p.p., comma 3, e peraltro è manifestamente infondato anche per la considerazione che la pena accessoria prevista dalla L. Fall., art. 216, u.c., non è indeterminata e si sottrae quindi alla disciplina di cui all’art. 37 c.p. sulla base della stessa interpretazione letterale della locuzione "per la durata di dieci anni", intesa come significativa di automatica determinazione cronologica della anzidetta misura, quale che sia l’entità della pena principale, al di là di ogni discrezionalità del giudice (v. Cass., sez. 5, 20 settembre 2007, n.39337).

Infondato è poi l’ultimo motivo di gravame, atteso che la Corte di merito ha perspicuamente rilevato che, pur prescindendosi dalla congruità della somma pattuita a titolo di compravendita dell’immobile de quo, era indubbia la sottrazione da parte dell’imputato alla garanzia dei creditori della fallita dell’importo della compravendita, ad esclusivo vantaggio della Istet Graf s.r.l., società acquirente che non solo non aveva pagato il prezzo della vendita nè provveduto alla eliminazione dei debiti della Istet s.p.a., ma aveva anche gravato l’immobile di una cospicua garanzia reale (per L. 4 miliardi e 500 milioni), sì da eliminare qualunque residuo attivo, accollandosi solo il 10% dei debiti, per giungere poi a determinare un passivo di L. 18 miliardi, il tutto – osserva questa Corte – senza che si fosse avviata alcuna azione per il recupero del credito ovvero del bene, che rappresentava l’unico attivo della società, sì da rendere evidente l’intento distrattivo perseguito, considerato anche – come ben sottolineato ancora dalla Corte romana – che il contratto di affitto di azienda, stipulato con la stessa società acquirente, già evidenziava, per le sua anomale modalità, l’assenza di liquidità nella società acquirente, prevedendo il pagamento del canone in due rate semestrali posticipate, contratto che, come aveva anche spiegato il curatore, aveva portato la Istet s.p.a. all’immobilizzazione. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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