Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 02-02-2011) 14-03-2011, n. 10174

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

in persona del Dott. Monetti Vito, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

E.E.R. e E.K.J. ricorrono avverso la sentenza 23.10.09 della Corte di appello di Bologna che ha confermato, in punto di responsabilità, quella del G.u.p. del Tribunale di Ravenna, in data 14.11.08 con la quale i predetti sono stati condannati ciascuno alla pena di anni tre e giorni venti di reclusione per i reati di cui agli artt. 582 e 585 c.p. (capo A) e art. 582 c.p., art. 583 c.p., n. 1, art. 61 c.p., n. 5 (capo B), unificati ex art. 81 cpv. c.p., riducendo invece a Euro 5.000,00 l’importo della provvisionale riconosciuta alla costituita parte civile L.R..

Deduce l’ E., personalmente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) per non essere stata ritenuta l’esimente della legittima difesa, la colluttazione essendosi verificata, in assenza di testimoni, tra gli imputati e le parti lese (una delle quali aveva chiamato l’altra con il telefono cellulare non certo per intavolare una discussione pacifica), all’esterno del Bar (OMISSIS) ed in orario notturno, la condotta dell’ E. meritando peraltro l’attenuante di cui all’art. 114 c.p. per il ruolo defilato ricoperto in ordine al reato sub A) e meritevole anche, per il corretto comportamento processuale tenuto, delle attenuanti generiche.

L’Avv. Benini Carlo, nell’interesse dell’ E., lamenta come l’affermazione di responsabilità si fondi esclusivamente sulle dichiarazioni delle parti offese, portatrici di interessi antagonisti, in assenza di altri testimoni e dovendo comunque trovare applicazione, in ordine al reato sub A), l’esimente di cui all’art. 52 c.p. per essersi l’imputato limitato ad intervenire nella rissa per difendere il suo amico, mentre, in ordine al reato sub B), erroneamente era stata ritenuta irrilevante l’affermazione della p.o. di essersi lanciata sopra il cofano della vettura dell’imputato, comportamento che invece doveva far escludere la responsabilità per le conseguenti lesioni, avendo la p.o. finto un investimento, in realtà studiato per "incastrare" i connazionali.

Si reputava infine inidonea la motivazione circa la mancata concessione delle attenuanti generiche, basata solo sui precedenti penali dell’imputato, e carente in ordine alla mancata riduzione della pena ai minimi edittali.

E.K., personalmente, deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) per avere la Corte di merito apoditticamente ritenuto che la sua presenza all’interno della vettura fosse segno inequivocabile della piena condivisione della condotta, dei motivi e delle finalità del coimputato, non potendo ritenersi la pregressa discussione avvenuta con le parti lese ed il comportamento serbato dopo l’investimento circostanze idonee ai fini di ritenere il concorso morale, considerato anche lo stato di ubriachezza e le incongruenze delle deposizioni rese. Osserva la Corte che i ricorsi sono entrambi infondati.

Con motivazione congrua, esaustiva ed immune da vizi di illogicità, i giudici territoriali, in ordine al reato di lesioni sub A, hanno fondato il giudizio di responsabilità degli imputati sulle affermazioni delle parti lese, ritenute – a fronte delle inverosimili, contraddittorie e contrastanti dichiarazioni degli imputati – coerenti, circostanziate e concordi sullo svolgimento dei fatti, oltre che ribadite più volte senza contraddizioni interne, riscontrate precipuamente dallo stato dei luoghi e dalle condizioni in cui le stesse parti lese sono state poi rinvenute al momento dell’intervento delle Forze dell’ordine, nonchè dalle dichiarazioni degli altri testi.

Era quindi emersa una violenta aggressione da parte di E.K. – al quale si era poi unito l’ E. – nei confronti di L. R., al di fuori di qualsiasi situazione legittimante l’applicazione dell’esimente di cui all’art. 52 c.p., e quindi, allorchè era sopraggiunto l’ H., richiamato dal L., anche costui era stato aggredito dagli imputati e colpito più volte con una bottiglia di birra, infine rottagli sulla testa.

Successivamente entrambi gli imputati, alla guida della vettura condotta dall’ E., alla velocità di 50 km/h, all’interno di un parcheggio avevano investito le due parti lese (causando loro le lesioni di cui al capo B) puntando contro di loro la vettura e nella circostanza – hanno sottolineato i giudici del merito – l’ H. si era sì lanciato contro il cofano dell’auto investitrice, ma al solo fine di evitare di finire sotto le ruote della stessa, mentre poi gli imputati avevano anche tentato l’investimento del teste F., che si era dato alla fuga, per dirigersi poi contro il teste I., urtare contro un cassonetto dei rifiuti e riprendere la corsa per darsi alla fuga, comportamento – hanno correttamente osservato i giudici di appello – di cui non poteva non essere ritenuto responsabile anche l’ E.K. il quale aveva dato inizio all’aggressione, era sempre rimasto con il coimputato, pur potendo separarsene successivamente al primo episodio, aveva preso posto a bordo della vettura dell’ E. con cui le due parti lese erano state fatte oggetto delle ulteriori lesioni ed in seguito, sempre assieme al coimputato, si era presentato presso la caserma dei carabinieri e quindi in ospedale, accomunando così totalmente la sua azione a quella di E., senza che, pertanto, possa farsi alcuna questione – osserva questa Corte – di applicabilità dell’attenuante ex art. 114 c.p..

Del tutto legittimamente, infine, i giudici territoriali hanno negato agli odierni ricorrenti le attenuanti generiche in considerazione, oltre che dell’intensità del dolo manifestato e della gravità dei fatti, altresi dei numerosi precedenti penali di entrambi, anche specifici e infraquinquennali, come da recidiva correttamente contestata, congruamente concludendo per la assoluta adeguatezza della pena irrogata ai prevenuti. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte, rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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