Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 31-01-2011) 14-03-2011, n. 10168 applicazione della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Hanno proposto ricorso per Cassazione rispettivamente, il Procuratore Generale di Firenze, per saltum (v. art. 448 c.p.p., comma 2), in data 23 dicembre 2005, e C.S. in data 14 marzo 2006 avverso la sentenza del Tribunale di Firenze – sez. dist. di Empoli – in data 16 marzo 2004 con la quale, ritenuto ingiustificato il dissenso alla richiesta di patteggiamento del C., è stata applicata a quest’ultimo, in ordine ai reati di duplice furto aggravato in appartamento (contestato in concorso) e inosservanza del foglio di via (contestato al solo C.; fatti commessi il (OMISSIS)) la pena a suo tempo proposta al PM; con la stessa sentenza è stato assolto il coimputato Dami dalla imputazione di furto per non avere commesso il fatto.

Gli atti sono stati trasmessi a questa Corte il 4 settembre 2010.

Deducono entrambi la totale assenza, anche grafica, della motivazione.

Il ricorsi sono inammissibili.

Occorre invero prendere le mosse dal rilievo, condiviso dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la totale omissione della motivazione non determina l’inesistenza della pronuncia, in quanto il dispositivo letto in udienza è provvedimento decisorio con effetti propri, idoneo a passare in giudicato se non impugnato (Sez. 5, Sentenza n. 8106 del 17/12/2003 Ud. (dep. 25/02/2004) Rv. 228745), ovvero, deve aggiungersi, se non impugnato validamente.

E’ stato anche posto in risalto, da un condivisibile orientamento di questa stessa Corte, che, in tema d’impugnazioni, è inammissibile il ricorso per Cassazione del P.M. con cui si denunci la nullità di una sentenza di condanna per mancanza grafica della motivazione, non sussistendo alcun interesse all’impugnazione in difetto di qualsiasi specificazione delle ragioni dell’illegittimità della decisione ovvero dell’indicazione del vantaggio pratico perseguito con l’annullamento della medesima. (Sez. 3, Sentenza n. 46201 del 14/10/2008 Ud. (dep. 16/12/2008) Rv. 241786).

Con particolare riferimento, poi, alla sentenza che applichi la pena richiesta dall’imputato, una volta ritenuto, ad opera del giudice, ingiustificato il dissenso opposto dal PM, è da rimarcare che trattasi di sentenza in tutto equiparabile, ai fini anche del regime di impugnazione, alla sentenza ordinaria di patteggiamento (v.Sez. U, Sentenza n. 36084 del 24/06/2005 Ud. (dep. 06/10/2005) Rv. 231806, le quali hanno sottolineato come tutte le sentenze che applicano la pena su richiesta delle parti hanno analoga natura e, salvo particolari disposizioni normative, esplicano i medesimi effetti: fermo ovviamente restando il particolare regime di appellabilità previsto per il PM dissenziente dall’art. 448 c.p.p., comma 2).

Ebbene, con riferimento alla impugnabilità di tal genere di sentenze da parte anche dell’imputato, il supremo Consesso ha fatto notare che nell’ipotesi di impugnazione di una decisione assunta in conformità alla richiesta formulata dalla parte, secondo lo schema procedimentale previsto dall’art. 444 c.p.p., e segg., l’esigenza di specificità del discorso giustificativo della ragione di impugnazione deve ritenersi più pregnante rispetto ad ipotesi di diversa conclusione del giudizio, dato che la censura sul provvedimento che abbia accolto la richiesta dell’impugnante deve impegnarsi a demolire, prima di tutto, proprio quanto richiesto dalla stessa parte; e ciò anche a scongiurare il pericolo di scarsa serietà e correttezza nella gestione del processo (Sez. U, Sentenza n. 11493 del 24/06/1998 Ud. (dep. 03/11/1998) Rv. 211468).

Nella specie dunque, fermo quanto già osservato a proposito della inammissibilità della impugnazione del PG, assume valore decisivo, nella prospettiva della inammissibilità anche del ricorso dell’imputato, il rilievo che questi non ha minimamente indicato le ragioni per le quali il denunciato difetto di motivazione lederebbe le proprie prerogative difensive, già manifestatesi peraltro con la richiesta di applicazione di pena, da ultimo accolta dal giudice.

Sono inammissibili dunque entrambi i ricorsi e, alla inammissibilità del ricorso di C., consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del medesimo al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in Euro 500.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili ricorsi e condanna C.S. al pagamento delle spese del procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di Euro 500.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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