Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 25-01-2011) 14-03-2011, n. 10166 Intercettazioni telefoniche Mezzi di prova

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ana Elliot per F., Fabbri per G. e Martines per Gi..
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – L’11.6.07 il Tribunale di Forlì condannava con generiche G.P., Presidente della Provincia di (OMISSIS), Gi.To., Dirigente di Servizi ambientali della stessa Provincia, ciascuno a mesi dieci di reclusione e F.P., Segretaria dell’ufficio di presidenza a m. 8, per concorso in falso nel verbale di deliberazione della Giunta in data 31.7.03, avente ad oggetto il "Calendario venatorio provinciale – stagione 2003-04", in calce al quale Gi., che non era stato presente, apponeva al pari del Presidente G. la propria firma, quale vice Segretario generale.

La Corte di Bologna ha confermato.

In motivazione ha rigettato l’eccezione preliminare di inutilizzabilità di intercettazione di una telefonata della F. (ore 14,22 del 31.7.03), che comunica a Gi. che si dice a pranzo, che la riunione della Giunta "c’è già stata" e lui "era dentro" (è in sintesi il testo trascritto). L’intercettazione era acquisita da altro procedimento, nel quale all’epoca Gi. era indagato ed il suo telefono personale sotto controllo. La Corte, incontroversa l’inutilizzabilità delle intercettazioni nel procedimento originario, l’ha in questo utilizzata, ritenendola corpo di reato (tentativo di induzione al falso). La riunione è risultata convocata per le 13,15 e la Corte ha trovato riscontro all’assenza di Gi. nell’attestazione della sua scheda marcatempo, di uscita alle 13,42 e rientro alle 15,13. Ed ha negato sia il rilievo delle testimonianze a discarico (presenza all’atto della delibera) che l’innocuità del falso.

Il ricorso per G. (Avv. G. Fabbri) denuncia: 1 – inosservanza o erronea applicazione dell’art. 270 c.p.p., perchè la Corte di Bologna ha ritenuto che la comunicazione interessata costituisse per sè la condotta delittuosa e dunque sia corpo di reato (cfr. Cass., sez. 4, n. 5141/07), ma comunque non poteva utilizzarla contro il ricorrente, estraneo alla conversazione; 2 – inosservanza dell’art. 597 c.p.p., comma 1 e art. 581 c.p.p., per omesso esame di un motivo di appello essenziale, che offriva a discarico altre intercettazioni (alle 14,54 e 15,07 tra Gi. e la sua segretaria C. C., per farle sapere che era in arrivo) e le testimonianze degli assessori R. e M. e del Segretario Generale della Provincia B., da cui si induce che la riunione era durata a lungo e che Gi. era presente al momento di approvazione della delibera, laddove l’insieme è superato con la supposizione negativa della durata e dell’attesa del Presidente; 3 – vizio di motivazione nella valutazione delle prove suindicate acquisite in giudizio, con elusione dell’onere di risposta; 4 – inosservanza di legge penale – vizio di motivazione, per l’esclusione di innocuità del falso, peraltro mai consumato, perchè manca lo scopo antigiuridico, con riferimento a sentenza della stessa Corte di Bologna (Sez. 2 Pen, n. 2760/04 25.10.04 – 21.1.05) in rapporto a giurisprudenza (Cass., Sez. 5, n. 421/96) che esclude la lesione d’interesse tutelato con la falsa attestazione, per via di mera leggerezza o negligenza nella prassi amministrativa.

Il ricorso per GI. (Avv. M. Martines) ed il ricorso per F. (Avv. A. Fontana Elliot) propongono motivi pedissequi, con numerosi allegati: 1 – inosservanza di norme procedurali a pena di inutilizzabilità. le intercettazioni erano inutilizzabili già nel procedimento originario, come dimostra l’analisi di quelle disposte a) con decreto del GIP 17.5.03, e già del 7.5.02, a1) per insussistenza di ipotesi criminosa astrattamente ravvisabile e violazione dell’art. 268 c.p.p., a2) per vizi propri del decreto del 17.5.03; b) con decreto del GIP 23.06.03 ca. altra utenza di Gi. (assenza di motivazione dello stesso decreto); e) con i decreti di proroga 8.7. e 21.7.03, ut. (OMISSIS), per violazione art. 267 c.p.p.; d) per vizi propri delle intercettazioni autorizzate il 16.5.03 e prorogate, per violazione art. 270 c.p.p., comma 1 (essenzialmente disomogeneità criminosa) – erroneità della salutazione della Corte che la conversazione captata fosse corpo di reato (tentato falso ideologico -pg. 8 della sentenza) con esclusione delle implicazioni di inutilizzabilità originaria nel procedimento di cui all’art. 270 c.p.p. (Cass. Sez. 1, n. 9483/03 e 11968/03; Sez. 6, n. 4942/04); 2 – violazione art. 479 c.p. – vizio di motivazione, per la gratuità dell’induzione che al momento della telefonata della F. la votazione si fosse già svolta, escludendo le testimonianze ( R. e M.) che davano presente Gi., contro la logica dello svolgimento della riunione, dovendosi ritenere prorogata l’attesa almeno sino al momento della telefonata, men che se, già avvenuta la delibera vi fosse necessità di contattare Gi. da parte della F.; 3 – idem, in punto di innocuità del falso (cfr. Cass., Sez. 5, n. 38720/08: l’alterazione irrilevante ai fini dell’interpretazione dell’atto, fermo il suo senso).

Ai ricorsi per GI. e F. fanno seguito motivi nuovi che concludono per l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, per risolvere il contrasto circa l’utilizzabilità di intercettazioni acquisite da altri procedimenti (le sentenze dell’indirizzo seguito dalla Corte di merito si pongono in contrasto con Cass. Sez. 6, n. 33187/01 che, denuncia la confusione del corpo di reato – telefono e cavo – con il documento – nastro – e con Cass. n. 13345/01 – 15729/03 25128/05 e 5141/07). Inoltre la sentenza travisa una frazione della condotta (nella specie vedi l’attribuzione di valenza di tentativo alla conversazione F. – Gi.) con quella delittuosa e l’implicazione di inutilizzabilità già a misura del procedimento in cui è svolta l’intercettazione (v. le Sezioni Unite in materia di prevenzione).

2 – I ricorsi sono fondati.

2.1 – Va tuttavia preliminarmente esclusa la tesi di inoffensività del falso imputato. Nella specie, invero, non si tratta di una decisione legislativa dell’assemblea regionale, ma di un atto della giunta. Tuttavia non va travisata la necessità di verbalizzare la presenza dei legittimati all’assunzione della delibera, nel rispetto delle prescrizioni poste per la validità dell’atto. E la non rispondenza al vero che il verbalizzante fosse all’uopo presente, date le implicazioni autorizzative dell’atto, non si giustifica con qualsivoglia prassi.

2.2 – La questione meritevole di accoglimento si incentra, invece, sulla erronea utilizzazione della conversazione intercettata in altro procedimento. All’uopo risulta superfluo il sottile ripetuto dettaglio dei ricorsi circa il perchè, incontroverso, di inutilizzabilità delle intercettazioni nel procedimento originario, ai sensi dell’art. 271 c.p.p..

Difatti l’art. 270 c.p.p., autorizza, l’utilizzazione dei risultati di intercettazioni disposte in diverso procedimento penale, ponendo condizioni additive rispetto a quelle dell’art. 267 c.p.p. e art. 268 c.p.p., commi 1 e 3, la cui inosservanza è sanzionata a pena di utilizzabilità nel procedimento originario dal consecutivo art. 271.

Tali condizioni concernono qualità o gravità del reato punibile in quello in corso. Pertanto non si potrebbe escludere la sanzione di inutilizzabilità per l’inosservanza delle norme citate nel procedimento in cui sono state disposte, quand’anche sussistessero in altro le condizioni ulteriori dell’art. 270 c.p.p. (di qui il principio esteso da S.U. 30.10.08, n, 1153 a procedimento diverso da quello penale).

E nella specie non sussistono nemmeno queste.

Perciò la Corte di merito ha offerto l’autonoma giustificazione, talora già riconosciuta da questa Corte di legittimità, che la conversazione intercettata è "corpo di reato".

Ma per tal via, come già rilevato in sentenza isolata (cfr. Cass., Sez. 6, n. 33187/01, rv. 220273), si confonde anzitutto il risultato dell’intercettazione per la cosa materiale (nastro, disco o filmato), che documenta il fatto costitutivo di reato, in quanto mezzo o prodotto della condotta criminosa. Si confonde inoltre, ed il rilievo non è meno decisivo, la stessa condotta criminosa per l’attività esterna della sua documentazione.

L’insieme conduce al paradosso. Difatti, incontroversa la valenza probatoria del "corpo di reato", porta a travisare l’operazione di intercettazione con il fatto costitutivo di reato.

Ma l’una si fonde con l’altro solo qualora costituisca condotta criminosa, per esempio nel caso della ripresa di notizie o immagini della vita privata altrui, sanzionata dall’art. 615 bis c.p., nel quale perciò la registrazione è corpo di reato, mentre non lo è ad esempio il filmato di una rapina con la videocamera della banca, cioè operata dal soggetto passivo.

Per quanto dunque il concetto di "corpo di reato" sia esteso e la sua funzione probatoria risulti accentuata dalla tecnologia, non è possibile confonderlo con l’oggetto materiale che, per sè lecitamente, documentata il fatto costitutivo di reato.

Ed il rilievo di inutilizzabilità del risultato d’intercettazione è decisivo nel caso, ancor prima di rilevare se il risultato concerna l’intero fatto o solo una frazione (cfr. Cass. Sez. 6, n. 25128/05, tv. 232255).

Insomma in questo processo per falso documentale, l’unico corpo di reato è il verbale della Giunta incriminato per sottoscrizioni che l’accusa afferma false.

2.2 – L’uso della registrazione della conversazione della F. con Gi., mero strumento di prova del reato, implica il rilievo di ulteriore errore motivazionale.

I giudici di merito hanno tratto dal tenore della telefonata che la F. avesse quantomeno operato un tentativo. Ma il tentativo di reato proprio, nella specie il falso documentale in atto pubblico, concerne l’azione tipica del soggetto qualificato.

Alla F. si può perciò attribuire l’istigazione che, se accolta, s’intende un prius contributivo alla condotta criminosa di Gi.. Dunque la conversazione risulta solo un indizio di concorso nel falso, che si ritiene di seguito commesso.

In questa luce già s’intende perchè la motivazione, privata del risultato della telefonata intercettata, non resiste, a differenza di quanto sostenuto dal P.G. in questa sede, risultando assente la risposta dovuta dalla Corte di merito alle singole deduzioni degli appelli.

Questi sostenevano, oltre al fraintendimento della conversazione, non escluso che Gi. fosse presente prima della discussione di giunta e che, dopo intervallo, fosse comparso prima che i deliberanti si assentassero. La sentenza impugnata risulta fondata sulla combinazione della conversazione, erroneamente utilizzata, essenzialmente con l’attestazione del marcatempo di Gi., intesa per sè esclusiva dell’attendibilità delle prove di segno contrario. Non è dunque possibile qui andare oltre, senza sostituirsi al Giudice di merito.

Pertanto il Giudice di rinvio valuterà compiutamente in quale senso le acquisizioni residue rispetto alla telefonata siano per se stesse decisive.
P.Q.M.

Annulla l’impugnata sentenza con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’Appello di Bologna.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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