T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, Sent., 10-03-2011, n. 178 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’attuale ricorrente riferisce di aver acquistato un terreno sito nel Comune di Torre dè Passeri in contrada San Clemente e che dal certificato di destinazione rilasciato dal Comune si desumeva la possibilità, anche dal punto di vista planovolumetrico, di realizzare su tale terreno una palazzina di tipo edilizio "F"; riferisce, altresì, di aver presentato il 2 settembre 1999 domanda di rilascio di una concessione edilizia.

Il Comune, avendo rilevato che la sagoma dell’edificio era stata collocata, secondo le tavole allegate al P.R.E., ad una distanza di 15 metri dall’autostrada, ha chiesto al progettista con nota 25 maggio 2000, n. 3485, di conoscere se erano in concreto rispettate le distanze di legge dall’autostrada e da un elettrodotto di alta tensione.

L’interessato ha quindi presentato il 4 luglio 2001 un nuovo progetto di costruzione, sensibilmente ridimensionato rispetto a quella originario, ed il Comune, accogliendo tale seconda richiesta, ha assentito la concessione edilizia 17 ottobre 2002, n. 14.

Con il ricorso in esame, notificato 12 ottobre 2007, l’interessato ha chiesto a questo Tribunale la condanna del Comune al risarcimento dei danni derivanti dal mancato tempestivo rilascio della richiesta concessione edilizia e dal fatto che non aveva potuto ottenere un titolo abilitativo in conformità al vigente strumento urbanistico.

Dopo aver premesso che il danno si era prodotto al momento del rilascio della concessione edilizia 17 ottobre 2002, n. 14, ha dedotto che le tavole di piano, sulle quali il ricorrente aveva fatto legittimo affidamento, non erano conformi alle prescrizioni del codice della strada e che tale circostanza gli aveva causato un danno patrimoniale, dal momento che gli era stato impedito di realizzare le opere progettate. Il titolo edilizio è stato, inoltre, assentito con notevole ritardo rispetto ai termini previsti dalla legge.

Tali richieste la parte ricorrente ha ulteriormente illustrato con memoria depositata il 24 gennaio 2011.

Il Comune di Torre dè Passeri si è costituito in giudizio e con memoria depositata l’11 febbraio 2011 ha pregiudizialmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per insussistenza di un provvedimento amministrativo illegittimo e per carenza di interesse a ricorrere, in ragione della mancata impugnativa del silenziorifiuto; ha, inoltre, eccepito la prescrizione del diritto al risarcimento del danno.

Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2011 il difensore dell’Amministrazione resistente ha ulteriormente eccepito la prescrizione quinquennale del risarcimento richiesto in quanto avrebbe dovuto prendersi a riferimento quale dies a quo la data in cui era stata presentata la nuova richiesta della concessione edilizia (4 luglio 2001) o la data in cui l’Amministrazione avrebbe dovuto provvedere sull’originaria richiesta di concessione edilizia; ha, inoltre, osservato che il danno non era diretta conseguenza di un atto illegittimo, ma, in ipotesi, di un mero comportamento in ordine al quale questo Tribunale sarebbe privo di giurisdizione.

La causa è stata quindi trattenuta a decisione.
Motivi della decisione

1. – Con il ricorso in esame – come sopra esposto – è stata chiesta la condanna del Comune di Torre dè Passeri al risarcimento dei danni che il ricorrente ritiene di aver subito in relazione al mancata pieno accoglimento della domanda presentata il 2 settembre 1999 volta ad ottenere il rilascio di una concessione edilizia.

Era, invero, accaduto che il ricorrente, imprenditore nel settore immobiliare, aveva acquistato un terreno sito nel Comune di Torre dè Passeri in contrada San Clemente sul quale in base al vigente strumento urbanistico era possibile realizzare una palazzina di tipo edilizio "F"; aveva presentato il 2 settembre 1999 domanda di rilascio di una concessione edilizia, ma il Comune, avendo rilevato che la sagoma dell’edificio era stata collocata (peraltro in conformità delle tavole allegate al P.R.E.) ad una distanza di 15 metri dall’autostrada, aveva chiesto al progettista con nota 25 maggio 2000, n. 3485, di conoscere se erano in concreto rispettate le distanze di legge dall’autostrada e da un elettrodotto di alta tensione. L’interessato aveva quindi presentato il 4 luglio 2001 un nuovo progetto di costruzione, sensibilmente ridimensionato rispetto a quella originario, ed il Comune, accogliendo tale seconda richiesta, aveva assentito la concessione edilizia 17 ottobre 2002, n. 14.

L’interessato con il ricorso in esame, notificato 12 ottobre 2007 (cioè cinque anni dopo il rilascio della concessione edilizia) ha chiesto a questo Tribunale la condanna del Comune al risarcimento dei seguenti danni:

a) quelli derivanti dal fatto che non aveva potuto ottenere un titolo abilitativo in conformità al vigente strumento urbanistico;

b) quelli derivanti dal mancato tempestivo rilascio della richiesta concessione edilizia.

In estrema sintesi, l’istante sostiene quanto segue:

– che erroneamente lo strumento urbanistico vigente nel Comune aveva previsto, anche dal punto di vista planovolumetrico, la possibilità di realizzare su tale terreno una palazzina di tipo edilizio "F", non rispettando il limite di inedificabilità dalle autostrada;

– che, facendo affidamento su tale previsione, aveva acquistato nel 1999 il terreno in questione;

– che il 2 settembre 1999 aveva presentato domanda di rilascio di una concessione edilizia per realizzare edificio in conformità delle tavole allegate al P.R.E.;

– che il Comune con nota 25 maggio 2000, n. 3485, aveva evidenziato il mancato rispetto delle distanze di legge dall’autostrada;

– che aveva presentato il 4 luglio 2001 un nuovo progetto di costruzione, sensibilmente ridimensionato rispetto a quella originario;

– che il Comune, accogliendo tale seconda richiesta, aveva assentito la concessione edilizia 17 ottobre 2002, n. 14.

Con il ricorso in esame il ricorrente chiede di essere risarcito per i danni subiti per non aver potuto ottenere un titolo abilitativo in conformità al vigente strumento urbanistico e per il mancato tempestivo rilascio della richiesta concessione edilizia.

Tale ricorso, va ulteriormente precisato, è stato proposto prima dell’entrata in vigore del nuovo codice del processo amministrativo, con la conseguenza che nel mentre le condizioni dell’azione debbono ritenersi disciplinate dalla precedente normativa, nella concreta determinazione del risarcimento, in ipotesi dovuto, questo Tribunale deve necessariamente rispettare anche le previsioni contenute nell’art. 30 del codice.

2. – In via pregiudiziale debbono esaminarsi le eccezioni proposte dall’Amministrazione resistente, anche oralmente alla pubblica udienza del 24 febbraio 2011.

Questa, invero, ha innanzi tutto evidenziato che – non derivando il danno da un atto illegittimo, ma, in ipotesi, da un mero comportamento – Tribunale sarebbe privo di giurisdizione in relazione a quanto precisato dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza 6 luglio 2004, n. 204; inoltre, ha eccepito la mancata impugnativa del silenziorifiuto e la prescrizione del diritto al risarcimento richiesto.

Il primo di tali rilievi non è sono fondato.

Va, invero, al riguardo precisato che nella specie il danno che il ricorrente asserisce di aver subito non deriva da un mero comportamento dell’Amministrazione, ma dall’adozione di un atto, in ipotesi, illegittimo (approvazione di uno strumento urbanistico, che nel planovolumetrico prevedeva la possibilità di realizzare una palazzina senza rispettare il limite di inedificabilità dalle autostrada) e dal mancato esercizio di una attività obbligatoria (mancato rilascio della richiesta concessione edilizia), relativamente ai quali – così come oggi espressamente previsto dall’art. 30 del codice del processo amministrativo – sussiste di certo la giurisdizione di questo Tribunale a conoscere della richiesta di condanna al risarcimento dei danni.

3. – Fondata, al contrario, è l’eccepita prescrizione del diritto al risarcimento dei danni derivanti dal fatto che l’istante non aveva potuto ottenere un titolo abilitativo in conformità al vigente strumento urbanistico.

Premesso che, come è noto, la prescrizione comincia a decorrere "dal giorno in cui il diritto può esser fatto valere" ( art. 2935 c.c.), va in merito anche ricordato che il nuovo codice ha ulteriormente chiarito che la domanda di risarcimento dei danni nei confronti della Pubblica amministrazione va proposto "dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento, se il danno deriva direttamente da questo"; ed al riguardo la giurisprudenza ha oggi chiarito che il definitivo superamento della c.d. pregiudizialità amministrativa ha comportato come conseguenza la generale applicazione del principio, già affermato dal giudice amministrativo anteriormente all’entrata in vigore dell’attuale codice del processo amministrativo, per cui il dies a quo della prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno coincide con la data del provvedimento lesivo (Cons. St., sez. IV, 30 novembre 2010, n. 8350).

Ciò posto e per passare all’esame di specie, va evidenziato che – così come sopra si è già più volte precisato – il ricorrente aveva presentato il 2 settembre 1999 domanda di rilascio di una concessione edilizia, il Comune con nota 25 maggio 2000, n. 3485, aveva evidenziato il mancato rispetto delle distanze di legge dall’autostrada e l’interessato il 4 luglio 2001 aveva presentato una nuova domanda, modificando in senso riduttivo il precedente progetto presentato.

Con riferimento a quanto sopra esposto sembra, pertanto, evidente al Collegio che la lesione dell’interesse del ricorrente a realizzare l’edificio di cui al progetto allegato alla richiesta presentata il 2 settembre 1999 si era prodotta nel momento in cui il Comune il 25 maggio 2000 aveva evidenziato il contrasto dell’opera progettata con la normativa in materia distanze degli edifici dalle autostrade; per cui, in estrema sintesi, il ricorrente, nel momento in cui aveva ricevuto tale comunicazione del Comune, per un verso avuto piena conoscenza della circostanza che il planivolumentrico contenuto nello strumento urbanistico vigente nel Comune era illegittimo nella parte in cui non aveva previsto il rispetto delle distanze in questione e per altro verso aveva visto preclusa la possibilità di realizzare un edificio avente le caratteristiche costruttive originariamente previste.

In definitiva, l’interessato, quando il 4 luglio 2001 aveva presentato una nuova domanda di concessione edilizia, con modificazione in senso riduttivo del precedente progetto, era a conoscenza della illegittimità in parte qua dello strumento urbanistico e della impossibilità di ottenere la concessione edilizia così come richiesta. Invece di attendere l’adozione di un provvedimento negativo ha, quindi, preferito presentare una nuova domanda di concessione edilizia ed in tale data, ad avviso del Collegio, si era, in definitiva, verificato il danno lamentato, per cui da tale data era iniziato a decorrere il termine quinquennale di prescrizione.

Per cui quando il ricorso è stato proposto (cioè il 12 ottobre 2007) il diritto al risarcimento dei danni si era già prescritto.

La richiesta di condanna del Comune al risarcimento dei danni derivanti dal fatto che non il ricorrente non aveva potuto ottenere un titolo abilitativo in conformità al vigente strumento urbanistico deve, pertanto, essere respinta.

4. – Rimane, per concludere, da esaminare la richiesta di condanna dei danni derivanti al ricorrente dal tardivo rilascio della concessione edilizia. Tale domanda, come già detto, era stata presentata il 4 luglio 2001, mentre la concessione edilizia era stata assentita 17 ottobre 2002.

Anche tale richiesta non può essere accolta.

Basta, invero, al riguardo richiamare – come questa stessa Sezione ha recentemente già avuto modo di chiarire con sentenza 12 gennaio 2011, n. 47 – l’innovativa e restrittiva disciplina prevista dal Codice del processo amministrativo, che all’articolo 30, comma terzo, esclude il risarcimento dai danni "che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti".

Nel caso in esame, invero, la parte ricorrente non ha certo utilizzato tutti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa all’epoca vigente per ottenere una sollecita definizione della pratica edilizia in questione: non risulta, infatti, che la parte ricorrente si sia in alcun modo attivata per chiedere un intervento sostitutivo in relazione alla predetta inerzia del Comune a provvedere con sollecitudine sulla domanda presentata.

5. – Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, conseguentemente, essere respinto.

Sussistono, tuttavia, in relazione alla complessità della normativa applicabile alla fattispecie e delle questioni interpretative che tale normativa pone, giuste ragioni per disporre la totale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo Sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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