Cass. civ. Sez. III, Sent., 19-05-2011, n. 10995 Sfratto e licenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con atto notificato il 26 settembre 2003 i locatori P. L. e C.D. intimavano ai conduttori D.F. P. e D.C.A. lo sfratto per la finita locazione di un immobile sito in (OMISSIS), e li citavano dinanzi al Tribunale di Cassino per la convalida dello sfratto e la cessazione del rapporto.

I convenuti si costituivano e deducevano la pendenza di un giudizio tra le stesse parti, avente ad oggetto lo accertamento dell’obbligo del locatore a vendere lo immobile locato ai conduttori. Veniva disposto il mutamento del rito ed il giudizio proseguiva sino alla decisione.

2. Il Tribunale con sentenza del 31 gennaio 2004 accertava la cessazione del rapporto alla data del 31 gennaio 2004, determinava la indennità di avviamento, ordinava il rilascio e condannava i convenuti a rifondere le spese di lite.

3. Contro la decisione proponevano appello i conduttori eccependo il difetto di legittimazione passiva di D.C.A. e la nullità della disdetta. Resistevano gli appellati e chiedevano i rigetto del gravame.

La Corte di appello di Roma con sentenza del 17 gennaio 2006 rigettava lo appello e condannava gli appellanti alle spese del grado.

4. Contro la decisione ricorrono i conduttori deducendo unico motivo di censura, resistono le controparti con controricorso e memoria.
Motivi della decisione

5. Il ricorso non merita accoglimento. Per chiarezza espositiva se ne offre una sintesi descrittiva del motivo unico ed a seguire la confutazione in diritto.

SINTESI DEL MOTIVO:

il motivo unico deduce error in giudicando per violazione o falsa applicazione dello art. 1399 c.c.. Sostiene il ricorrente che il contratto di locazione per uso commerciale – attività di lavanderia – era intercorso unicamente con la D.P.F. e non anche con il di lei marito. La disdetta del 31 luglio 2002 venne data, nell’interesse dei locatori, residenti in (OMISSIS), dallo avv. Matera, sulla base di una procura generica ad lites, redatta negli uffici del consolato italiano. L’error in iudicando consiste nello avere il giudice considerato valido un atto di disdetta nullo.

Conseguentemente non poteva accertarsi la cessazione del rapporto.

CONFUTAZIONE IN DIRITTO:

QUANTO alla titolarità del rapporto, si osserva che la stessa è contraddetta dalla pretesa di avere un diritto di accesso alla proprietà dello immobile, esercitato in altra causa, in relazione alla quale i conduttori non offrono documentazione alcuna. La eccezione, proposta per la prima volta in appello, è improponibile ai sensi dello art. 345, comma 2, vigente al tempo della citazione, essendo eccezione che attiene alla titolarità del rapporto e non è rilevabile di ufficio – vedi in tal senso Cass. 2005 n. 19170 e 1999 n. 10790, tra le tante.

Quanto alla dedotta nullità della disdetta si osserva che la censura con coglie la chiara e corretta ratio decidendi espressa ai fogli 4 e 5 della sentenza impugnata, là dove si osserva che la intimazione di sfratto costituisce ratifica con effetto ex nunc dello operato del procuratore che sulla base di una procura generale presso il consolato (OMISSIS), ebbe a comunicare la volontà dei locatori di ottenere la liberazione dello immobile. Essendo libera la forma della disdetta, la eccepita limitazione della procura, non revocata, doveva essere documentata con la riproduzione in ricorso, e comunque la ratifica delle parti interessate costituisce prova presuntiva del conferimento di un incarico per la redazione della disdetta effettivamente e tempestivamente data. Non si tratta dunque di un falsus procurator, ma di un mandatario ad acta che agisce nell’interesse dei locatori. Vedi per la forma libera il precedente di Cass. 3 luglio 1979 n. 3763. Pertanto risulta errato il riferimento alla norma dello art. 1399 che si riferisce alla diversa ipotesi di chi abbia contrattato senza poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli, ipotesi che non ricorre per le ragioni sopradette.

Al rigetto del ricorso segue la condanna in solido dei ricorrenti alla rifusione delle spese del grado, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti D.P.F. e D. C.A. a rifondere ai resistenti P.L.V. e Ca.An. le spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 1000,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori e spese generali come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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