Cass. civ. Sez. III, Sent., 19-05-2011, n. 11007 Collegi e ordini professionali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

che:

con la decisione ora impugnata per cassazione la Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie ha respinto il ricorso proposto dalla farmacista dr. P.M. avverso il provvedimento con il quale il Consiglio dell’Ordine dei Farmacisti di Massa Carrara aveva irrogato alla professionista la sanzione della sospensione dall’esercizio per la durata di mesi uno, per avere venduto medicinali durante il turno di chiusura della farmacia e per avere detenuto medicinali ed altro materiale sanitario e dietetico in locali non idonei;

propone ricorso per cassazione la P.M. attraverso 19 motivi, al quale risponde con controricorso l’Avvocatura dello Stato.
Motivi della decisione

che:

il primo motivo (che censura la violazione di legge per la mancata distinzione, nel provvedimento impugnato, tra vendita di prodotti medicinali e vendita di prodotti diversi) è inammissibile, posto che la tesi svolta fonda sul mancato accertamento dell’effettiva vendita (nei turni di chiusura) di prodotti medicinali, laddove, invece, il provvedimento impugnato rileva che almeno in una occasione (23 ottobre 2005) i NAS di Livorno hanno accertato la "vendita di una specialità medicinale";

i motivi secondo, quarto, sesto, ottavo, decimo, tredicesimo che rilevano il vizio della motivazione, sono inammissibili in quanto privo del "momento di sintesi" indispensabile con riferimento a tale tipo di censura (Sez. Un. 1 ottobre 2007, n. 20603);

il terzo motivo (che censura la decisione con riferimento all’episodio del 15 aprile 2005) è infondato, siccome la decisione stessa correttamente spiega che la condotta contestata è quella della "violazione degli orari di apertura e chiusura", in relazione alla quale la professionista ha avuto modo di adeguatamente difendersi;

il quinto motivo (che attiene alle dichiarazioni rese da tal dr. M.) è inammissibile in quanto concerne una questione nuova (nè sul punto la ricorrente denuncia il vizio di nullità della decisione per omessa pronunzia); il settimo motivo (che si riferisce all’episodio del 31 luglio 2005) è inammissibile, in quanto, benchè enunciato sotto il profilo della violazione di legge, si risolve nella critica in ordine alla valutazione della prova; il nono e l’undicesimo motivo sono infondati per la ragione già spiegata in relazione al terzo motivo;

il dodicesimo motivo è inammissibile per la ragione già spiegata in ordine al settimo motivo;

il quattordicesimo motivo (che, in relazione al terzo degli addebiti contestati, lamenta che la decisione impugnata non abbia tenuto conto delle ragioni addotte dall’incolpata a "parziale giustificazione della propria condotta") è inammissibile, in quanto il giudice non è tenuto a motivare in ordine a ciascuna delle difese poste dalla parte quando, nella valutazione complessiva della vicenda, raggiunga conclusioni adeguatamente e logicamente motivate (come nel caso);

i motivi dal quindicesimo al diciannovesimo sono tutti inammissibili in quanto concernono l’entità della sanzione comminata e, dunque, questioni di fatto in ordine alle quali la decisione impugnata ha adeguatamente e logicamente motivato;

in conclusione, il ricorso deve essere respinto con condanna della ricorrente a rivalere la controparte delle spese sopportate nel giudizio di cassazione.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5000,00 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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