Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 02-12-2010) 14-03-2011, n. 10197

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 25 marzo 2010 la Corte d’Appello di Torino ha rigettato la richiesta, avanzata da P.I., di essere restituito nel termine per proporre impugnazione avverso la sentenza emessa nei suoi confronti dal locale Tribunale in data 12 febbraio 2009. Ha ritenuto quel collegio che il richiedente avesse avuto piena conoscenza del procedimento instauratosi nei suoi confronti, avendo subito una perquisizione il 20 febbraio 2007 e avendo nominato un difensore di fiducia con elezione di domicilio presso di lui.

Ha proposto ricorso per cassazione il P., per il tramite del difensore, affidandolo a un solo motivo. Con esso contrasta sotto più profili la ratio decidendi adottata dalla Corte di merito, osservando: che la sola conoscenza del procedimento non è sufficiente a legittimare il rigetto della richiesta di restituzione in termine, a tal fine occorrendo che sia anche provata la conoscenza del provvedimento da impugnare; che oltre tutto, nel caso di specie, neppure è provata la conoscenza del procedimento, dovendo questa riferirsi all’accusa contenuta in un formale provvedimento di vocatio in iudicium; che a nulla rilevano la nomina del difensore e l’elezione di domicilio presso di lui, in quanto costui si era trovato nell’impossibilità di contattare il proprio assistito.

Il ricorso è privo di fondamento, per due autonomi ordini di ragioni.

Sotto un primo profilo non è condivisibile l’assunto, propugnato dal ricorrente, secondo cui per il diniego della restituzione nel termine sarebbe necessaria la prova della conoscenza non soltanto del procedimento, ma altresì del provvedimento scaturitone, alla cui impugnazione si riferisce la richiesta. Secondo un orientamento giurisprudenziale manifestatosi anche recentemente, cui si ritiene di dover prestare adesione, "ai fini della restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale, è necessario che sussistano simultaneamente le condizioni della mancata conoscenza del procedimento, accompagnata dalla mancata volontaria rinunzia a comparire, e della mancata conoscenza del provvedimento, accompagnata dalla mancanza di volontaria rinunzia ad impugnare. Ne consegue che ad impedire l’attivazione del rimedio è sufficiente il difetto di una soltanto di tali condizioni" (Cass. 15 giugno 2010 n. 32984).

Nè vale addurre che il P. non abbia avuto una conoscenza effettiva del procedimento, per mancanza di un formale atto d’accusa:

risultando che egli abbia provveduto alla nomina di un difensore di fiducia, tale atto deve considerarsi incompatibile con l’ignoranza del procedimento penale apertosi nei suoi confronti.

Quest’ultimo rilievo apre la strada alla disamina del secondo profilo di infondatezza del ricorso. L’elezione di domicilio presso il difensore di fiducia effettuata dal P. consente di presumere la conoscenza in capo all’interessato di tutti gli atti successivamente notificatigli presso il domiciliatario. Infatti il difensore ha il dovere deontologico di far pervenire al proprio assistito gli atti a lui diretti personalmente, oppure di comunicare all’ufficiale giudiziario e all’ufficio giudiziario immediatamente gli eventi che rendono impossibile la notificazione presso di lui (nello stesso senso v. Cass. 12 dicembre 2007 n. 2432/08; Cass. 20 giugno 2006 n. 29482; Cass. 25 maggio 2006 n. 28619). Se – per qualche ragione connessa a un’eventuale scelta dell’imputato di rendersi irreperibile al suo stesso difensore – i rapporti fra esso e il domiciliatario si sono interrotti, con ciò si è realizzata una situazione equivalente alla rinuncia a comparire e a proporre impugnazione: onde la celebrazione del processo in absentia non può ritenersi compiuta nell’inosservanza del principio canonizzato nell’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, al cui recepimento nell’ordinamento italiano si è ispirata la novella introdotta con il D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, art. 1. La stessa Corte Europea si è espressa in tal senso con la decisione in data 2 settembre 2004, nel procedimento Kimmel c/ Italia.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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