Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 02-12-2010) 14-03-2011, n. 10196 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con decreto in data 11 giugno 2009 la Corte d’Appello di Lecce, confermando analogo provvedimento emesso dal locale Tribunale, ha disposto che P.L. rimanesse sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza; ha inoltre statuito la confisca della ditta individuale "Wall Street" a lui intestata, di una casa di abitazione intestata a M.C. e di quattro autovetture ben individuate nel provvedimento.

Ha ritenuto quel collegio che il giudizio di pericolosità sociale del P. traesse fondamento dalla sentenza di condanna, emessa nei suoi confronti e passata in giudicato, per la partecipazione con ruolo di spicco all’associazione di tipo mafioso denominata "Sacra Corona Unita", attivamente operante in Monteroni e zone limitrofe sotto la guida del clan Tornese; dalla mancanza di qualsiasi suo atto di positiva rescissione dei legami con detto clan mafioso, come emerso dalle convergenti dichiarazioni di più collaboratori di giustizia; dall’avere egli subito un grave attentato ad opera di soggetti appartenenti alla stessa consorteria malavitosa, considerati emergenti ed in conflitto con la sua posizione nel clan. Ha considerato, altresì, la Corte di merito che l’intervenuta revoca, in data 10 dicembre 1998, della misura di sicurezza delle libertà vigilata non era rilevante ai fini del giudizio di prevenzione, sia per l’esistenza di qualsiasi vincolo in tal senso, sia perchè in epoca successiva a detta revoca il P. era stato arrestato per tentata estorsione e ripetutamente segnalato in compagnia di pregiudicati (oltre a subire il ricordato attentato, a riprova del perdurante suo coinvolgimento nel contesto criminale d’origine).

In ordine alla confisca la Corte ha motivato il provvedimento osservando che, pur nella riconosciuta modestia del valore economico dei beni patrimoniali ablati, nondimeno gli stessi non trovavano alcuna giustificazione nelle capacità economiche del proposto, attesa l’assoluta inesistenza di fonti reddituali lecite.

Ha proposto ricorso per cassazione il P., per il tramite del difensore, deducendo una molteplicità di censure riconducibili a due motivi.

Col primo motivo il ricorrente impugna il provvedimento nella parte riguardante la misura di carattere personale, valorizzando l’intervallo di tempo decorso dall’epoca di consumazione del delitto ex art. 416 bis c.p.; osserva che, in relazione a tale dato temporale, si sarebbe dovuta fornire una puntuale motivazione sull’attualità della pericolosità; insiste sul valore significativo da attribuirsi alla disposta revoca della misura di sicurezza della libertà vigilata, quale indice del venir meno della pericolosità sociale, nonchè all’intervenuta assoluzione, con sentenza in data 8 maggio 1997, dalle imputazioni di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 e art. 416 bis c.p.; contesta la valenza indiziaria conferita dalla Corte d’Appello all’attentato da lui subito ad opera di esponenti mafiosi, da riguardarsi piuttosto come dimostrativo della sua definitiva fuoruscita dalla criminalità organizzata; sottopone a dettagliata analisi le propalazioni dei collaboratori di giustizia, per dedurne l’inidoneità ad offrire supporto al giudizio di perdurante pericolosità sociale.

Col secondo motivo il ricorrente impugna il provvedimento nella parte riguardante la confisca; a tal fine contrasta, siccome assertivamente illogica, insufficiente e contra ius, la linea motivazionale addotta dalla Corte di merito e ripropone l’assunto secondo cui lo scarso valore dell’azienda e degli altri beni investiti dal provvedimento è del tutto compatibile con le disponibilità economiche della famiglia d’appartenenza, anche in considerazione del fatto che la casa d’abitazione era stata pagata con l’accensione di un mutuo; uno degli autoveicoli era stato pagato con assegni postdatati; un altro era stato subito rivenduto ad un prezzo superiore a quello d’acquisto; un altro ancora era stato acquistato reimpiegando l’indennizzo ricevuto da M.C. per un sinistro stradale che aveva subito;

l’ultimo, infine, era stato immatricolato nel 1991, era inutilizzabile e privo di qual-siasi valore economico.

Il ricorso è inammissibile, in quanto basato su motivi non consentiti.

A norma della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, comma 11, l’impugnazione con ricorso per cassazione avverso i provvedimenti in materia di prevenzione è consentita solo per violazione di legge e non si estende al controllo sulla motivazione, se non nell’ipotesi – qui insussistente – in cui essa manchi del tutto.

Nel caso di cui ci si occupa il ricorrente, pur denunciando formalmente anche la violazione delle norme di riferimento contenute nella citata L. n. 1423 del 1956, nell’illustrazione delle doglianze si limita a confutare le argomentazioni svolte nella motivazione del provvedimento impugnato, nell’intento di prospettare una diversa valutazione degli elementi fattuali posti a supporto del deliberato e di contrastare, per tale via, il giudizio scaturitone: così eccedendo i limiti del sindacato consentito in questa sede, non soltanto col muoversi esclusivamente sul terreno della motivazione, ma invadendo quell’area stessa del merito che neppure appartiene all’ordinario giudizio di legittimità ex art. 606 c.p.p..

E’ appena il caso di ricordare che la limitazione del ricorso alla sola violazione di legge ha superato il vaglio di legittimità costituzionale (C. Cost. 22 giugno 2004 n. 321) in considerazione della peculiarità del procedimento di prevenzione, sia sul piano processuale sia su quello sostanziale.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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