Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-12-2010) 14-03-2011, n. 10195

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 17 agosto 2010 il Tribunale del riesame di Milano, confermando il provvedimento emesso dal giudice del dibattimento nella stessa sede, ha disposto la sostituzione della misura del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati da P. C. e B.P., cui G.T.P. era sottoposta quale imputata del delitto di cui all’art. 612 bis c.p., con quella degli arresti domiciliari. L’aggravamento è dipeso dall’inosservanza delle prescrizioni imposte all’indagata col provvedimento applicativo della precedente misura.

L’accusa mossa alla G. è di avere reiteratamente molestato e minacciato sia il P., sia la di lui moglie B. P., ingenerando in costoro uno stato di ansia e di paura, così da costringerli a mutare le loro abitudini di vita.

Ha proposto personalmente ricorso per cassazione la G., deducendo censure riconducibili a un solo motivo. Con esso, in sostanza, deduce che i rapporti personali fra essa e l’Avv. P. sono costantemente proseguiti di comune accordo, pur dopo la presentazione della querela, non essendo mai cessata la relazione sentimentale fra loro; lamenta che il Tribunale non abbia tenuto conto della trascrizione di conversazioni svoltesi fra essa e il P., a suo dire dimostrative della continuità del rapporto e del consenso ad incontrarsi, pur nel regime di divieto derivante dall’applicazione della precedente misura cautelare.

Il ricorso è inammissibile per quanto di seguito esposto.

Nella parte in cui s’indirizza a sostenere l’esistenza di un accordo fra essa ricorrente ed il P., al fine di proseguire nella relazione fra loro pur dopo la presentazione della querela, la censura elevata è estranea al novero dei motivi consentiti dall’art. 606 c.p.p.. Essa, infatti, si traduce nella prospettazione del fatto alternativa a quella fatta motivatamente propria dal giudice di merito: il che non può trovare spazio nel giudizio di cassazione.

Il Tribunale del riesame ha dato ampiamente conto delle ragioni sulle quali ha fondato il proprio convincimento che la G., dopo l’assunzione nei suoi confronti della misura cautelare meno gravosa costituita dal divieto di avvicinarsi alle persone offese e comunicare con esse, abbia trasgredito alle prescrizioni impostele, sia accedendo nuovamente allo studio legale dell’Avv. P., sia inviandogli messaggi SMS al telefono cellulare. Su tale ricostruzione dei fatti – necessariamente provvisoria e correlata allo stato degli atti, data la fase processuale in cui è venuto a inserirsi l’incidente cautelare – non è consentito alcun sindacato in sede di legittimità, non essendo dato cogliere alcun vizio logico o giuridico nella motivazione addotta.

Manifestamente infondato è, poi, il ricorso nella parte in cui lamenta l’omessa valutazione di una prova assertivamente decisiva. Ci si riferisce alla documentazione allegata all’atto di appello, che secondo la ricorrente costituirebbe la trascrizione di conversazioni da essa stessa registrate nel corso di recenti incontri col P..

Il Tribunale ha chiaramente spiegato di non poter prendere in considerazione le pretese trascrizioni prodotte in quanto la mancata allegazione dei supporti magnetici impedisce qualsiasi verifica circa l’identità degli interlocutori e la datazione dei colloqui (e, si sarebbe dovuto aggiungere, circa la stessa realtà storica delle conversazioni). Di tali pertinenti argomentazioni il ricorso non reca specifica confutazione, risolvendosi il suo contenuto critico in una generica doglianza di omessa disamina: la quale non ha ragion d’essere, per quanto or ora annotato.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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