Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-12-2010) 14-03-2011, n. 10134

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 8 giugno 2009 la Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria, confermando la decisione assunta dalla locale Corte d’Assise, ha riconosciuto T.A. responsabile del delitto di cui all’art. 591 c.p.; nell’ipotesi aggravata di cui al comma 4 ed esclusa, già in prime cure, quella di cui al comma 3.

Secondo l’ipotesi accusatoria, recepita dal giudice di merito, l’imputato aveva lasciato in stato di abbandono la moglie C. M., incapace di provvedere a se stessa per l’età avanzata e per le condizioni psichiche e fisiche (deficit motorio agli arti inferiori), nell’abitazione coniugale nella quale era stata trovata cadavere dai vigili urbani, allertati dai vicini, alcuni giorni dopo il decesso.

Ha ritenuto quel collegio che il T. fosse titolare di una posizione di garanzia verso la moglie, sia per l’obbligo di assistenza derivante dalla qualità di coniuge, sia perchè essa gli era stata affidata all’atto della dimissione dalla Comunità alloggio ove era stata precedentemente ricoverata in quanto affetta dalla sindrome di Korsakoff.

Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore, affidandolo a un solo motivo articolato in due censure.

Con esso contrasta, innanzi tutto, la sussistenza dello stato di incapacità della C., lamentando omessa disamina delle argomentazioni di segno contrario svolte nei motivi di appello;

in secondo luogo contesta la posizione di garanzia attribuitagli dalla Corte territoriale, assumendo di non aver mai assunto specifici obblighi di custodia e di cura nei confronti della C..

Il ricorso è inammissibile, in quanto manifestamente infondato.

L’addebito di carenza motivazionale, mosso dal ricorrente al giudice di secondo grado sotto il profilo della mancata confutazione delle ragioni esposte nei motivi di appello relativamente alla contestata incapacità della C., si riferisce nello specifico a due deduzioni:

la prima riguardante la diagnosi formulata il 27 aprile 2000 dalla commissione medica incaricata del giudizio di revisione circa lo stato di invalidità civile;

la seconda riguardante le dichiarazioni rese al dibattimento dalla Dott.ssa To., componente della commissione predetta.

Orbene, la palmare insussistenza del vizio denunciato si appalesa immediatamente alla lettura della motivazione della sentenza impugnata, in cui espressamente si da atto delle risultanze evocate dall’appellante, pervenendosi tuttavia a un giudizio complessivo di scarsa attendibilità di esse.

Così è scritto, invero, alla pagina X della sentenza (rigo 7 e segg.): "Il parere del Dott. L…. (omissis)… appare anzi convalidato dalla diagnosi formulata dai primi medici che visitarono la C. e non può essere posto in dubbio dalla diagnosi parzialmente difforme formulata il 27-4-2000, qualche giorno dopo l’accertamento peritale, dalla commissione degli invalidi civili, perchè priva di argomentazione alcuna, inconcludente essendo il non meglio specificato miglioramento di cui ha parlato in sede dibattimentale la Dott.ssa To.Fr.".

S’infrange, dunque, nella realtà testuale l’affermazione del ricorrente secondo cui il giudice di appello avrebbe "totalmente ignorato" la diagnosi formulata il 27 aprile 2000; mentre è di tutta evidenza che la valutazione espressa – nei termini critici testè riprodotti – nella sentenza non può essere posta in discussione in questa sede sotto il profilo della persuasività.

Del pari destituita di fondamento, in modo rilevabile ictu oculi, è la censura volta a contestare la posizione di garanzia assunta dall’imputato nei confronti della C..

Ambedue le ragioni addotte in proposito dalla Corte territoriale si fondano su una ferrea consequenzialità che muove dal considerare, per un verso, gli obblighi derivanti al T. dal rapporto di coniugio, in base a quanto prescritto dall’art. 143 c.c., comma 2 (obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale); e per altro verso l’impegno a curare e assistere a domicilio la C., da lui espressamente assunto all’atto della dimissione della moglie dalla casa alloggio del dipartimento di salute mentale della A.S.L n. (OMISSIS): impegno poi ribadito davanti ai servizi sociali, in occasione del ripristino della fornitura di energia elettrica.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *