Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-12-2010) 14-03-2011, n. 10133

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 6 marzo 2009 la Corte d’Appello di Firenze, sostanzialmente confermando (salvo mitigazione del trattamento sanzionatorio) la decisione assunta dal Tribunale di Arezzo, ha riconosciuto A.G. responsabile di due episodi di furto e di tentato furto in danno di B.M., riguardanti oggetti contenuti in due autoveicoli di proprietà di costui.

Ha ritenuto il giudice di secondo grado che, relativamente all’episodio di furto tentato, fosse stata tardivamente dedotta la configurabilità della desistenza volontaria, siccome non prospettata nei motivi di appello.

Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore, affidandolo a un solo motivo.

Con esso contrasta la linea argomentativa addotta dalla Corte d’Appello, richiamandosi al disposto dell’art. 129 c.p.p. e sostenendo per tale via la deducibilità della desistenza, quale causa di non punibilità, in ogni stato e grado del processo.

Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

E’, bensì, vero, che il giudice di secondo grado ha erratamente negato ingresso alla linea difensiva facente riferimento all’istituto della desistenza, per aver omesso di considerare che la relativa istanza, siccome diretta a far valere una causa di non punibilità, poteva essere avanzata in ogni stato e grado del processo.

E’ altrettanto vero, tuttavia, che la carenza motivazionale in tal modo creatasi in ordine alla questione sollevata non può essere motivo di annullamento della sentenza.

E’, infatti, principio da tempo affermatosi nella giurisprudenza di legittimità quello per cui il giudice non è obbligato a motivare il rigetto di istanze che siano improponibili per genericità o per manifesta infondatezza (Cass. 5 marzo 1999 n. 4415; Cass. 17 maggio 1993 n. 7728).

L’ipotesi è pienamente riscontrabile nel caso di specie in quanto, secondo la ricostruzione in fatto operata dal giudice di merito sulla scorta di una videoregistrazione, la rinuncia dell’ A. a portare a compimento la progettata sottrazione di oggetti dall’interno dell’autoveicolo Renault Cangoo non è stata il frutto di uno spontaneo ripensamento, ma è dipesa soltanto dalle difficoltà incontrate dall’agente nell’esecuzione del reato; più precisamente, si è accertato che egli, pur dopo avere rotto il finestrino laterale destro, non riuscì ad aprire la maniglia per sbloccare la chiusura centralizzata; e poichè l’esplorazione dell’interno dell’abitacolo, alla luce di una torcia elettrica, non lo mise in grado di rinvenire alcunchè di asportabile attraverso il vetro rotto, si risolse ad allontanarsi a mani vuote.

Essendo dunque evidente la totale estraneità alla fattispecie dell’istituto della desistenza canonizzato nell’art. 56 c.p., comma 3, per la cui applicabilità si richiede che la rinuncia a proseguire nell’azione sia libera e volontaria, indipendente da fattori esterni (v. da ultimo Cass. 24 giugno 2010 n. 32145), la manifesta infondatezza dell’assunto difensivo ha esentato il giudice di appello dall’obbligo di motivarne il rigetto.

Non sussiste, pertanto, il vizio denunciato dal ricorrente.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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