Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 16-11-2010) 14-03-2011, n. 10131 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 10 febbraio 2010 il Tribunale di Catania ha convalidato l’arresto di B.A. e H.K. ed ha applicato ad entrambi la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai reati di cui all’art. 110 c.p., art. 624 bis c.p., commi 2 e 3, art. 81 c.p., art. 61 c.p., n. 2, artt. 337 e 582 c.p..

Il Tribunale territoriale ha motivato tale provvedimento riscontrando la sussistenza degli indizi di colpevolezza nel verbale della P.G. dal quale emerge che i due, alla vista della volante della Polizia, si sono dati alla fuga; successivamente fermati gli stessi hanno colpito con calci e pugni gli agenti e sono stati quindi trovati in possesso di una banconota da Euro 50,00 che è stata successivamente restituita alla parte offesa del furto della stessa e che ha riconosciuto gli imputati.

Il B. e l’ H. propongono ricorso avverso tale ordinanza lamentando, con il primo motivo, violazione di legge in relazione agli artt. 449, 450 e 558 c.p.p..

In particolare i ricorrenti deducono che l’arresto sarebbe stato convalidato oltre le 48 ore previste dall’art. 449 c.p.p.; inoltre il difensore di fiducia non sarebbe stato avvisato della data fissata per il giudizio direttissimo; nel caso specifico è stata autorizzata la notificazione per telefono, ma senza il rispetto delle formalità previste quali, in particolare, l’indicazione dell’attività svolta per ricercare il destinatario da notiziare.

Con secondo motivo si deduce violazione di legge con riferimento all’art. 143 c.p.p.; in particolare si lamenta che i ricorrenti sarebbero stati sottoposti ad interrogatorio nel corso dell’udienza di convalida senza l’assistenza di un interprete che consentisse loro di partecipare coscientemente all’attività processuale.
Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato e va conseguentemente rigettato.

Riguardo al primo motivo questa Corte ha affermato che, nel caso di arresto nella flagranza di reato, il pubblico ministero, se intende presentare l’imputato a dibattimento per la convalida dell’arresto ed il contestuale giudizio direttissimo, è obbligato a farlo all’udienza che risulti già fissata entro le 48 ore dall’arresto e non può, in tal caso, chiedere al giudice del dibattimento la fissazione di un’apposita udienza nelle successive 48 ore: infatti, il pubblico ministero ha il potere discrezionale di scegliere se richiedere la convalida dell’arresto al giudice delle indagini preliminari o richiedere la convalida dell’arresto, ed il contestuale giudizio direttissimo, al tribunale, e nel caso abbia optato per la seconda soluzione, al fine di facilitare lo svolgimento del dibattimento, il legislatore ha previsto la possibilità per l’organo dell’accusa di richiederne la fissazione al più presto, e comunque non oltre le successive 48 ore, solo nel caso in cui il giudice non tenga udienza entro le 48 ore dall’arresto (Cass. 14 maggio 2004 n. 31043) e, in tema di convalida dell’arresto e contestuale giudizio direttissimo, la richiesta di fissazione dell’udienza di convalida avanzata dal P.M. nonostante nelle 48 ore dall’arresto il giudice già tenesse udienza, non da luogo ad alcuna nullità del procedimento laddove la predetta udienza venga fissata all’interno del predetto arco temporale (Cass. 25 giugno 2008 n. 31463).

Nel caso in questione non si rinviene in atti la richiesta di fissazione dell’udienza da parte del P.M., tuttavia l’avviso del medesimo P.M. al difensore è del 9 febbraio 2010, per cui deve ritenersi che la richiesta della fissazione dell’udienza, ai fini di cui sopra, sia ritualmente avvenuta entro il termine delle 48 ore.

Riguardo alla doglianza relativa alla notificazione per telefono al difensore senza l’indicazione delle vane attività di ricerca, risulta che sono state effettuate ricerche telefoniche del difensore di fiducia non andate a buon fine, per cui è stata necessaria la rituale nomina del difensore d’ufficio con concessione di termine a difesa.

Sulla doglianza relativa alla mancata nomina di un interprete va rilevato che gli stessi imputati hanno dichiarato e dimostrato di conoscere la lingua italiana tanto da rendere l’interrogatorio in tale lingua, mentre il diritto accordato all’imputato, che non sia in grado di comprendere la lingua italiana, di essere assistito gratuitamente da un interprete e che obbliga alla traduzione degli atti processuali, non nasce automaticamente dalla condizione di non cittadinanza dell’imputato ma dalla oggettiva constatazione dell’impossibilità o difficoltà di comprendere la lingua italiana, impossibilità che deve essere dichiarata e dimostrata (Cass. 17 dicembre 1998 n. 882).

Giova, peraltro, ulteriormente rilevare, in ordine alle conseguenze che il ricorrente ricollega alla addotta nullità della ordinanza di convalida dell’arresto rispetto all’emesso provvedimento cautelare ("la perdita di efficacia della misura cautelare inflitta"), che quest’ultima è del tutto autonoma rispetto alla convalida di arresto, tale convalida, perciò, non incidendo affatto sulla efficacia della misura cautelare, che sembra essere il conclusivo approdo delle richieste del ricorrente. E deducendosi ancora vizi afferenti al procedimento per direttissima, questi, ancora una volta, non afferirebbero al procedimento incidentale de libertate, ma, semmai, spiegherebbero effetti sul giudizio di merito ed in quella sede avrebbero dovuto esser fatti valere.

Il ricorso va conseguentemente rigettato con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quarta Penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *