Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 01-03-2011) 15-03-2011, n. 10416

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di D.A.I.G. propone ricorso avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Napoli con la quale è stata concessa l’estrazione verso la Romania, per esecuzione di pena definitiva relativa reato commesso nel corso del 2001. 2. Si lamenta nel ricorso, con il primo motivo inosservanza o erronea applicazione della L. n. 69 del 2005, artt. 18 e 40, nella parte in cui si è ritenuta inapplicabile nella specie la garanzia di poter scontare la pena nel paese di stabilimento, riconosciuta grazie alla sentenza della Corte Costituzionale n. 227 del 2010 al cittadino comunitario, assumendo che la Corte aveva erroneamente applicato nella specie la disciplina estradizionale, in luogo di quella prevista dal mandato di arresto europeo.

Si ritiene inoltre, dopo una ricostruzione del fatto, che la pendenza del procedimento, essenziale al fine dell’identificazione della disciplina applicabile, intervenga non con l’invio della segnalazione SIS, ma al momento dell’effettivo arresto del ricercato, rilevante essendo nella specie, a prescindere dalla data di segnalazione, che l’effettiva cattura del richiesto fosse intervenuta dopo l’entrata in vigore delle norme in tema di mandato di arresto europeo.

2. Con il secondo motivo si chiede, in subordine, la possibilità di concedere la possibilità di espiare la pena in Italia, alla luce dei principi espressi dalla sentenza della Corte Costituzionale sopra indicata, sussistendo la situazione di fatto del radicamento nel territorio, in quanto D. vive stabilmente in Italia da otto anni.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato. Ai sensi della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 40 l’applicazione della disciplina in essa contenuta è limitata ai fatti illeciti consumati in epoca successiva al 7 agosto 2002, avendo inteso il legislatore statale applicare nella massima estensione la limitazione temporale consentita dall’art. 32 della decisione quadro 2002/584/GAI, che, in alternativa alla possibilità di determinare l’applicazione della disciplina con riferimento al momento esecutivo, ha previsto la potestà dei singoli Stati membri di collegare l’applicazione della norma applicabile all’epoca del commesso reato.

Pacifica quindi, nella specie la necessaria attivazione della disciplina estradizionale, questa Corte ha sollevato eccezione di incostituzionalità dell’art. 705 cod. proc. pen. nella parte in cui non consente la valutazione del radicamento nel territorio del cittadino comunitario, al fine di permettere di scontare la pena in Italia, contrariamente a quanto consentito dalla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, lett. r), secondo la lettura imposta dalla Corte Costituzionale del 24 giugno 2010 n. 227, osservando che tale conseguenza, effetto della limitazione contenuta nell’art. 40 cit., di fatto lede diritti fondamentali, tutelati sia dalle norme costituzionali, che dai principi fondamentali riconosciuti nei trattati comunitari (sez. 6 ord. 5580 del 26/01/2011 dep. 14/02/2011).

Deve tuttavia osservarsi che nella specie non si ravvisa il fondamento fattuale del già rilevato contrasto costituzionale, che presuppone accertamento nel merito del radicamento nel territorio, poichè tale circostanza risulta solo allegata, in contrasto con i dati concreti, quali la certificazione anagrafica presente in atti e relativa esclusivamente alla pretesa convivente del D., certificazione dalla quale non emerge l’allegata situazione di convivenza.

In atti non è documentata altrimenti la residenza dell’interessato in Italia, mentre è presente un’offerta di lavoro, futura ed eventuale, collegata alla possibilità del richiedente di riacquisire la libertà, dalla quale si desume, in senso opposto, la mancanza in un’attività lavorativa, il cui svolgimento concreto non risulta mai prospettato dall’interessato poichè nelle dichiarazioni rese egli ha fatto riferimento ad una generica qualifica di operaio, senza indicare luogo e tempi di svolgimento di tale attività. 3. Il complesso di tali circostanze, escludendo in fatto la rilevanza dell’eccezione di costituzionalità, che presuppone l’accertamento del radicamento nel territorio, di cui i principi fondamentali esigono la tutela, conduce al rigetto del ricorso, poichè anche il secondo motivo, basato sul medesimo accertamento di fatto, risulta infondato. A ciò consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, in forza dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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