Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 25-02-2011) 15-03-2011, n. 10495 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 3 novembre 2010 il Tribunale del riesame di Bologna rigettava l’appello proposto nell’interesse di S. G., indagato in ordine al reato di cui all’art. 81 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 avverso l’ordinanza in data 30.09.2010 con la quale il G.I.P. del Tribunale di Piacenza aveva rigettato la richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari presso il fratello residente in (OMISSIS).

Avverso tale provvedimento S.G., a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione e concludeva chiedendone l’annullamento con rinvio.
Motivi della decisione

S.G. censurava l’impugnato provvedimento per i seguenti motivi:

1) mancanza di motivazione con riferimento al motivo di impugnazione principale e cioè in ordine alla inadeguatezza della custodia in carcere. Secondo il ricorrente la motivazione del G.I.P. era assolutamente inidonea a giustificare il rigetto dell’istanza volta ad ottenere la sostituzione della misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, in quanto faceva riferimento ad un mero dato fattuale, ossia alla sporadicità dei controlli che, essendo un dato connaturale alla misura degli arresti domiciliari, non poteva costituire valido motivo per il rigetto. La difesa aveva richiesto sul punto l’intervento del Tribunale del riesame, ma lo stesso non aveva fornito alcuna motivazione.

2) Contraddittorietà della motivazione con riferimento alla mancata concessione degli arresti domiciliari, laddove ritiene i dati processuali non rilevanti ai fini del comportamento dell’imputato e con riferimento al mancato riconoscimento di elementi a lui favorevoli. Secondo il ricorrente il tribunale erroneamente aveva ritenuto che il quadro cautelare fosse rimasto immutato rispetto al momento applicativo della misura, in quanto non aveva considerato altri elementi che avrebbero dovuto indurlo a ritenere che il carcere non fosse la misura più adeguata, quali la sua incensuratezza, la mancanza di altri carichi pendenti, l’allontanamento dal luogo in cui sono state commesse le condotte delittuose, il suo ritorno in Italia per consegnarsi alle autorità, ben sapendo che era stata emessa una ordinanza cautelare nei suoi,confronti. Anche il decorso del tempo non era stato adeguatamente valutato, alla luce, in particolare, della recente giurisprudenza della Corte di Cassazione. Osserva il Collegio che i proposti motivi sono palesemente infondati, in quanto non investono profili di illegittimità del provvedimento impugnato, ma lo censurano su aspetti concernenti il merito.

Il Tribunale del riesame infatti spiega con chiarezza le motivazioni per cui la misura della custodia in carcere deve ritenersi la sola idonea a contenere le esigenze cautelari ravvisate a carico dello S. con particolare riferimento al pericolo di fuga e alla recidiva specifica ex art. 274 c.p.p., lett. b) e c). In particolare il provvedimento impugnato rileva che in epoca recente il Tribunale del riesame aveva esaminato la posizione dello S. e aveva osservato che la custodia domestica richiesta dalla difesa presso il fratello in (OMISSIS) non impedirebbe in modo assoluto i contatti tra lo S.G. e l’ambiente criminale di appartenenza con cui non risultano recisi i legami. Evidenzia poi con logica e congrua motivazione che il pericolo di fuga non può ritenersi scongiurato in virtù del suo rientro in Italia dopo l’arresto del cugino, in considerazione della lunga latitanza e dell’assenza di una sua spontanea costituzione in carcere. Nè possono essere valutati in termini di sicuro distacco dai contesti di appartenenza la scelta del rito di cui all’art. 444 c.p.p., la sua volontà di seguire un progetto formativo, l’asserita cessazione delle condotte criminose dall'(OMISSIS) e la lontananza di (OMISSIS) dal luogo di commissione dei fatti, circostanze peraltro già valutate dal tribunale del riesame nella precedente ordinanza del 4.06.2010.

Il ricorso di S.G., quindi, lungi dall’individuare specifici vuoti o difetti di risposta che costituirebbero la complessiva mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, si duole del risultato attinto dalla ordinanza impugnata e accumula fatti che intenderebbero ridisegnare il fatto in chiave a lui favorevole, al fine di ottenere in tal modo una decisione solamente sostitutiva di quella assunta dai giudici del riesame.

Il ricorso deve essere quindi dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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