T.A.R. Molise Campobasso Sez. I, Sent., 10-03-2011, n. 114 usl

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I – La parte ricorrente, dipendente della U.S.L. di Campobasso, avendo svolto attività di plusorario nel periodo 19901991, ha chiesto il pagamento delle somme dovute, inoltrando poi atto di diffida e messa in mora. Stante il silenzio dell’Amministrazione, insorge per impugnare il silenzio rifiuto costituitosi sulla sua istanza – proposta con atto di diffida e e messa in mora datato 8.3.1995 – e tutti gli atti e provvedimenti preordinati, consequenziali e connessi; nonché per l’accertamento dell’obbligo della A.U.S. L. n. 3 di Campobasso di pronunciarsi sull’istanza e per l’accertamento del suo diritto alla corresponsione dell’indennità di incentivazione relativa agli anni 19901991, maggiorato di rivalutazione monetaria e di interessi legali dalla data del dovuto fino all’effettivo soddisfo. Chiede altresì l’adozione di un provvedimento urgente, ai sensi del disposto dell’art. 21 della legge 6.12.1971 n. 1034, come interpretato dalla Corte Costituzionale, con decisione n. 190 del 28.6.1985, degli artt. 423 e 700 c.p.c., nonché l’accertamento del suo diritto alla corresponsione dell’indennità di incentivazione per gli anni successivi al 1991. La parte ricorrente deduce l’inadempimento dell’Amministrazione, la quale ha provveduto a quantificare e comunicare l’ammontare complessivo dovuto per competenze arretrate inerenti a plus orario e incentivazione per il periodo 19901991, riconoscendo il proprio debito.

Si costituisce la A.U.S.L. intimata, deducendo l’inammissibilità e la infondatezza del ricorso. Conclude per la reiezione.

Con la ordinanza n. 831 del 1995, questa Sezione respinge la domanda cautelare della parte ricorrente. Con l’ordinanza collegiale n. 604 del 2000, questa Sezione dispone incombenti istruttori. Con l’ordinanza presidenziale n. 71/2010, sono richiesti chiarimenti e documenti.

All’udienza del 9 febbraio 2011, la causa viene introitata per la decisione.

II – Il ricorso è infondato.

Il regime di plusorario previsto in favore del personale delle UU.SS.LL. va compreso nell’ambito delle prestazioni effettuate nello svolgimento del rapporto di impiego, ai sensi del D.P.R. n. 348/1983 e si configura come prolungamento dell’orario di lavoro compensato su base tariffaria e non stipendiale (cfr.: Cons. Stato V 23.4.1998 n. 466; Cass. Civile SS.UU. 25.10.1996 n. 9336). Analizzando nell’insieme la disciplina di settore, è agevole rilevare che essa preveda un articolato congegno di programmazione, attuazione e valutazione della produttività dei servizi sanitari pubblici, da attuarsi attraverso l’istituto delle incentivazioni alla produttività, previsto dagli artt. 59 e seguenti del D.P.R. 25.6.1983 n. 348, in sostituzione del previgente istituto delle compartecipazioni. Il meccanismo di programmazione passa attraverso la negoziazione decentrata di cui all’art. 6 del D.P.R. 28.11.1990 n. 384. Sennonché, l’art. 57 del citato D.P.R. n. 384/1990 stabilisce che il meccanismo di incentivazione "deve essere realizzato su base budgetaria con un fondo di dotazione e riscontri di tipo funzionale e contabile" e che l’attivazione dell’istituto è subordinata al conseguimento degli obiettivi prefissati nei servizi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione. L’art. 58 successivo precisa che "l’aumento delle prestazioni erogate all’interno della struttura deve essere correlato ad un decremento pari o maggiore del valore delle prestazioni erogate in regime di specialistica convenzionata esterna". L’art. 67 del D.P.R. 20.5.1987 n. 270 configura, in via generale, le forme di finanziamento dei fondi di incentivazione e attuazione dell’istituto, mentre gli artt. 101 e seguenti dello stesso decreto prevedono due forme di incentivazione, quella generale e quella per obiettivi, demandando ad accordi decentrati a livello regionale e locale la disciplina di dettaglio. In Molise, l’Accordo Quadro Regionale di cui alla delibera di G.R. n. 5692/1991, sotto il titolo "tipologia e finalità dell’istituto delle incentivazioni della produttività" ha previsto che l’istituto "deve realizzare un incremento della qualità e della economicità dei servizi ed è rivolto al raggiungimento degli obiettivi della programmazione sanitaria nazionale, regionale e locale…". La disciplina di settore, pur improntata a una visione consensualistica dell’istituto, contiene precisi richiami ai limiti finanziari e contabili, ed è la stessa disciplina contrattuale, in particolare l’Accordo Regionale citato, che lascia intravedere la possibilità di un adattamento tra esigenze finanziarie e contabili dell’Amministrazione e obblighi contrattuali, laddove afferma che "il meccanismo di incentivazione, a regime, deve essere realizzato su base budgettaria con un fondo di dotazione e deve avere riscontri di tipo funzionale e contabile" e che "…l’istituto della produttività deve essere portato a regime…". Può accadere, come in effetti è accaduto nella fattispecie in esame, che la U.S.L. non abbia mantenuto la disponibilità finanziaria sufficiente per coprire la spesa del fondo di incentivazione della produttività concordato con le OO.SS. In tale evenienza, la menzionata disciplina consente, in qualche modo, forme di adattamento, come la determinazione non a regime del fondo, ovvero le compensazioni interne del debito orario individuale del dipendente. Infatti, l’Accordo Regionale riconosce che "… il plusorario e il normale orario di lavoro, sommati tra loro, costituiscono debito orario complessivo individuale. Il debito orario complessivo individuale, così definito, deve essere verificato attraverso sistemi obiettivi di controllo. La misura del plusorario individuale reso può trovare compensazione all’interno del semestre. Le differenze in difetto o in eccesso di plusorario individuale reso nel semestre rispetto a quello dovuto debbono essere compensate nel semestre successivo".

Il Collegio osserva che, a mente di un consolidato orientamento giurisprudenziale, in materia di prestazioni in plusorario da parte di dipendenti di U.S.L., la prevista copertura finanziaria costituisce limite insuperabile per le remunerazioni delle prestazioni medesime (cfr.: Cons. Stato V 17.9.1996 n. 1139; idem V 12.7.1996 n. 862; T.A.R. Latina 17.2.1999 n. 164; T.A.R. L’Aquila 31.1.1998 n. 292; T.A.R. Lombardia I Milano 10.10.1988 n. 976). E c’è un’altra considerazione da fare: gli accordi di comparto stabiliscono, nell’ambito della programmazione, il limite massimo di ore di plus orario che i dipendenti possono effettuare, ma è l’Amministrazione che deve autorizzare le prestazioni di ciascun dipendente (cfr.: Cons. Stato V 31.12.1998 n. 1979; T.A.R. Catanzaro 4.5.1998 n. 328).

La giurisprudenza è pressoché unanime nel ritenere che le prestazioni di lavoro in plusorario, ai fini della retribuibilità, debbano essere rese sulla base di provvedimenti autorizzativi validi ed efficaci (cfr.: Cons. Stato V 10.3.1999 n. 232; idem V 23.4.1998 n. 466; idem IV 17.12.1998 n. 1813; T.A.R. Lazio, Latina, 17.2.1999 n. 164). È vero che le prestazioni in plusorario, anche quando effettuate in eccedenza, se regolarmente autorizzate dall’Amministrazione, devono essere retribuite, ma è assai dubbio che possano esserlo quelle non autorizzate. Nel caso di specie, non vi è prova che il plus orario reso sia stato interamente autorizzato.

Sulla base del presupposto che il credito di lavoro si maturi con l’effettivo espletamento della prestazione e che, quindi, tutte le ore settimanali di plus orario, una volta effettuate, costituiscano debito d’orario, l’Amministrazione resistente deduce di aver consentito il recupero delle ore di plus orario non retribuito, mediante compensazione con orario ordinario e straordinario. Non vi è prova certa di ciò, ma non vi è neppure prova che in capo alla parte ricorrente residuino ore non retribuite, né diversamente compensate, anche perché – purtroppo – il lungo lasso di tempo trascorso dal periodo dell’incentivazione (19901991) non consente di reperire la necessaria documentazione. La parte ricorrente, nel periodo preso in considerazione, ha reso un certo numero di ore in regime di plus orario. Le ore delle prestazioni rese nel periodo anzidetto, stando a quanto dichiarato dall’Amministrazione resistente, sono state – in qualche modo – compensate. Sennonché, la parte ricorrente non fornisce un principio di prova delle maggiori prestazioni rese e delle conseguenti pretese creditorie vantate nei confronti dell’Amministrazione.

In generale, la determinazione del fondo di incentivazione è un atto di programmazione con il quale si stabilisce un tetto, oltre il quale le attività di plusorario non possono andare: ciò nondimeno, ad avviso del Collegio, nulla impone che le prestazioni effettivamente rese dai dipendenti raggiungano esattamente quel tetto, e, quel che più conta, nessuna norma consente di pagare prestazioni non autorizzate, non verificate o che non risultano neppure, con assoluta certezza, effettivamente rese.

I motivi del ricorso sono, pertanto, infondati. La normativa contrattuale di riferimento non risulta significativamente violata, anche alla luce dell’interpretazione che ne dà il prevalente orientamento giurisprudenziale. Stante la particolarità dell’istituto del plusorario, riconducibile a progetti di produttività dell’Amministrazione i cui risultati devono essere valutati dalla medesima, non è plausibile ritenere che sia il lavoratore dipendente a dover ascrivere la propria prestazione alla produttività, piuttosto che ad altro titolo.

IV – Il ricorso, pertanto, non può essere accolto. Si ravvisano giustificate ragioni per la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge, perché infondato.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina all’Autorità amministrativa di dare esecuzione alla presente sentenza.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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