Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 25-02-2011) 15-03-2011, n. 10490 Durata

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Svolgimento del processo

Il Tribunale del Riesame di Napoli il 26.11.2010 pronunziava ordinanza con la quale rigettava l’appello proposto dalla difesa di G.F. avverso l’ordinanza con cui in data 16.09.2009 il G.I.P. del Tribunale di Torre Annunziata aveva rigettato la richiesta di retrodatazione ex art. 297 c.p.p., comma 3 nei confronti del suddetto dell’ordinanza cautelare di custodia in carcere. Rilevava il Tribunale del riesame che, pur dovendosi ritenere sussistente il vincolo della continuazione tra i fatti oggetto della presente ordinanza e quelli oggetto dell’ordinanza di custodia cautelare dell’8.09.2009, pur tuttavia non trovava applicazione il disposto della seconda parte dell’art. 297 c.p.p., comma 1, in quanto i fatti oggetto della presente ordinanza non erano desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio disposto per i fatti oggetto del primo provvedimento cautelare.

Avverso il provvedimento del Tribunale del riesame di cui sopra proponeva ricorso per cassazione G.F. a mezzo del suo difensore e concludeva chiedendone l’annullamento con o senza rinvio.
Motivi della decisione

Il ricorrente censura il provvedimento impugnato per il seguente motivo:

inosservanza o erronea applicazione della legge penale ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione all’art. 297 c.p.p., comma 3, nonchè mancanza o illogicità della motivazione, in quanto vizio risultante dal testo del provvedimento impugnato, ex art. 606, comma 1, lett. e).

Secondo la difesa del ricorrente ingiustamente il Tribunale del Riesame aveva negato la retrodatazione prevista dall’art. 297 c.p.p., n. 3 dal momento che i due procedimenti risultavano chiaramente avvinti da connessione qualificata, essendo presente l’ulteriore requisito della "desumibilità" dei fatti posti a fondamento della seconda ordinanza al momento in cui veniva emanata la prima.

La seconda ordinanza infatti si legava a fatti contestati tra i mesi di (OMISSIS), mentre la prima ordinanza si concentrava sul reato commesso in data (OMISSIS). Nel secondo provvedimento i numerosi episodi in contestazione terminavano proprio il 5 settembre 2009, giorno in cui il G. veniva arrestato per la detenzione a fine di spaccio di 35 grammi circa di cocaina rinvenuti nel giardino della sua abitazione. Secondo il ricorrente pertanto è proprio l’iter argomentativo della presente ordinanza a suggerire come l’episodio dell’arresto del 5.09.2009 sia storicamente del tutto contiguo alla vicenda di cui è processo e, pertanto, non costituisca un elemento avulso o integrante un episodio in sè circoscritto, ma legato invece agli episodi oggetto della successiva ordinanza, nell’ambito dello stesso piano criminoso, episodi conosciuti dagli inquirenti in contemporanea alla loro realizzazione, essendo l’odierno ricorrente, come gli altri indagati, sottoposto a continue intercettazioni e controlli.

In conclusione, secondo il G., essendo desumibili fin dal momento dell’emissione del primo provvedimento cautelare gli elementi posti a base del provvedimento successivo, in virtù della modifica dell’art. 297 c.p.p., comma 3, operata con la L. n. 332 del 1995, dovrebbe essere applicata, diversamente da quanto ritenuto dal G.I.P. e dal Tribunale del Riesame, la retrodatazione automatica. IL ricorso non è fondato.

Il Tribunale del Riesame ha correttamente osservato che, per quanto attiene ai fatti di cui alla prima ordinanza di custodia cautelare, alla data solo si era chiusa la fase delle di giudizio, in quanto in data 8.09.2010 l’odierno ricorrente era stato condannato alla pena di anni due e mesi otto di reclusione. oltre alla multa. Nella ricorrente era stato condannato alla pena di anni due e mesi otto di reclusione, oltre alla multa. Nella presente fattispecie trova quindi applicazione l’art. 297 c.p.p., comma 3, in base al quale non si fa luogo alla retrodatazione se i fatti oggetto della ulteriore ordinanza non sono desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio disposto per il primo titolo cautelare.

Tanto premesso si osserva che secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le altre, Cass., Sez. 1, Sent. n. 12906 del 17.03.2010, Rv. 246839; Cass.,Sez. 5, Sent. n. 2724 del 4.11.2009, Rv. 245921), in tema di retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, il momento in cui dagli atti possono desumersi i gravi indizi di colpevolezza coincide non con la materiale disponibilità della informativa di reato, ove questa riassuma i dati investigativi e gli elementi di prova progressivamente acquisiti, ma con quello in cui il suo contenuto possa considerarsi "recepito", risultante dal tempo obiettivamente occorrente al pubblico ministero per una lettura ponderata del materiale. La nozione di "desumibilità" degli atti va quindi riferita al momento valutativo, che mette in rapporto un determinato dato con le altre risultanze investigative, senza che rilevi il parametro rigorosamente temporale, ossia relativo alla mera presenza in atti di quel dato.

Tanto premesso si osserva che, sul punto, il tribunale del Riesame ha correttamente rilevato che il poderoso materiale oggetto di intercettazioni (nei confronti del G. si menzionano oltre quattrocento episodi di spaccio di stupefacenti, a cui devono essere aggiunte le numerosi intercettazioni che attengono alla posizione di molti altri indagati) è stato elaborato in una informativa di reato pervenuta al Pubblico Ministero soltanto nel gennaio 2010.

Pertanto,come rileva il provvedimento impugnato, pur essendo il compendio indiziario caratterizzato da elementi antecedenti alla emissione della prima ordinanza, pur tuttavia gli elementi posti a base della seconda ordinanza non erano disponibili al momento della presentazione dell’imputato al giudizio direttissimo e al momento della decisione di primo grado e, comunque, i predetti elementi non erano disponibili in maniera tale da giustificare l’emissione della seconda ordinanza di custodia cautelare.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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