Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-02-2011) 15-03-2011, n. 10475 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria, con ordinanza in data 19 ottobre 2010 rigettava le richieste di riesame presentate da A.A., A.S. e F.R. e confermava l’ordinanza emessa dal GIP presso il Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria in data 29.9.2010, applicativa nei confronti dei predetti della misura cautelare della custodia in istituto penitenziario minorile.

Il Tribunale rilevava che dall’informativa di reato dei Carabinieri di Cinquefrondi del 28.8.2010 risultava: che nella notte del (OMISSIS), alle ore 02,40 durante un servizio esterno, i militari notavano l’autovettura VW Golf di proprietà e condotta da M. F. con a bordo F.R., noto all’ufficio; che gli occupanti della richiamata autovettura stavano colloquiando con A.A., il quale indossava indumenti sporchi di terriccio; che alla vista dei militari M. partiva repentinamente; che di poi i Carabinieri avevano modo di verificare che la Golf era sporca all’esterno di terriccio e che, all’interno del bagagliaio, vi erano tracce di canapa indiana; che M., indicava ai militari il luogo ove si trovava la piantagione di canapa indiana e rendeva dichiarazioni eteroaccusatorie nei confronti degli odierni coindagati; che i Carabinieri verificavano che la piantagione si trovava effettivamente ove aveva riferito il dichiarante e che, nel frangente, osservavano F. e A.S. che verificavano lo stato della piantagione.

Sul piano cautelare, il Tribunale rilevava la sussistenza del pericolo di reiterazione criminosa specifica, desunto dalle specifiche modalità e circostanze del fatto; al riguardo il Tribunale rilevava che le modalità della condotta evidenziavano la capacità criminale dei prevenuti e la contiguità con contesti criminali della zona, tenuto conto della oggettiva gravità del fatto e della realizzazione plurisoggettiva del reato.

Avverso la richiamata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione A.A. a mezzo del difensore, deducendo la violazione dell’art. 350 c.p.p., comma 7; ritiene il ricorrente che, nel caso di specie, le dichiarazioni rese da M. non rientrino nell’ambito applicativo della norma da ultimo citata, atteso che i militari, nel relativo verbale, non indicarono espressamente la spontaneità delle stesse. A sostegno dell’assunto, il ricorrente sottolinea che le dichiarazioni vennero rese nell’immediatezza del fatto e presso la Stazione dei Carabinieri; e che dette dichiarazioni consentirono l’immediata prosecuzione delle indagini.

Sotto altro profilo, l’esponente ritiene che le dichiarazione del M., anche se rientranti nell’ambito applicativo dell’art. 350 c.p.p., comma 7, risultano prive di riscontri individualizzanti, rispetto alla persona dell’odierno ricorrente.

Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la mancanza di esigenze cautelari, idonee a giustificare l’applicazione della misura in atto.

La parte ritiene congetturali le argomentazioni svolte dal Tribunale, In ordine al pericolo di attività recidivante specifica. La parte osserva che detta valutazione non è specifica per ciascun indagato.

Con l’ultimo motivo, il deducente lamenta l’inosservanza dell’art. 275 c.p.p., in ordine alla scelta della misura cautelare.

Il ricorso è manifestamente infondato e perciò inammissibile.

Per quanto concerne l’utilizzabllità in sede cautelare delle dichiarazioni spontanee rese dal coindagato, si osserva che questa Suprema Corte ha chiarito le dichiarazioni spontanee sono pienamente utilizzabili nella fase delle indagini (Cass. Sezioni Unite 25.9.2008, Correnti, Rv. 241884). Preme evidenziare che, nel caso di specie, i giudici del riesame hanno legittimamente valutato, nell’ambito del compendio indiziario utile a fini cautelari, anche il contenuto delle dichiarazioni spontanee rese in data 26 agosto 2010 da M.F.. Come è dato rilevare dalla intestazione del relativo verbale, infatti, si tratta di dichiarazioni spontaneamente rese dal M. ai militari operanti. E’ appena il caso di precisare che le dichiarazioni cui fa riferimento l’art. 350 c.p.p., comma 7, per le quali l’ordinamento pone limiti all’utilizzabilità solo in sede dibattimentale, sono radicalmente diverse da quelle cui fa riferimento il quinto comma dello stesso articolo, le quali non possono essere nè documentate nè utilizzate se non per la immediata prosecuzione delle indagini (cfr Cass. Sez. 6, Sentenza n. 1770 del 30/04/1997, dep. 27/08/1997, Rv. 208842).

Deve poi rilevarsi che il Tribunale ha conferentemente considerato che le dichiarazioni eteroaccusatorie rese da M. risultavano assistite da elementi di riscontro estrinseco, di natura individualizzante, anche rispetto all’odierno ricorrente, tali perciò da assumere idoneità dimostrativa in relazione all’attribuzione del fatto-reato al soggetto destinatario della misura. Ed invero, riferisce il Tribunale che la piantagione si trova nel luogo indicato dal dichiarante; e che i Carabinieri ebbero pure modo di verificare la presenza di F. e A.S., all’interno della piantagione di cui si tratta. Preme, inoltre, evidenziare che il Collegio ha chiarito che le difformi dichiarazioni rese da M. in sede di interrogatorio costituiscono il mero tentativo di "rimediare alle conseguenze delle sue (precedenti) dichiarazioni", di contenuto eteroaccusatorio. Il Tribunale, con apprezzamento immune da ogni censura, ha pertanto rilevato che:

l’atteggiamento dei tre indagati, i quali alla vista dei Carabinieri si erano dati alla fuga; lo stato degli indumenti indossati da A.A.; le tracce di canapa all’interno dell’auto; la accertata presenza di S. e F. presso la piantagione;

sono circostanze che evidenziano la sussistenza di gravi indizi di reità a carico di tutti gli odierni indagati, in ordine al reato loro ascritto. Oltre a ciò, il Tribunale ha considerato che M., nell’immediatezza del fatto, ha reso dichiarazioni spontanee, riscontrate dagli esiti dell’attività investigativa svolta.

Parimenti manifestamente infondato risulta il motivo di ricorso concernente le esigenze cautelari, con specifico riferimento al concreto pericolo di attività recidivante specifica; si tratta di rilievi infondati, giacchè, prescindendo da censure di puro merito che non possono essere prese in considerazione in questa sede di legittimità, la motivazione che sorregge le valutazioni del Tribunale del riesame è immune da manifeste illogicità, che sole consentono l’annullamento dell’ordinanza impugnata. Si osserva che in ordine alla personalità degli indagati, il Collegio ha, in particolare, rilevato che i tre giovani avevano dimostrato una notevole dimestichezza nell’azione criminosa e nello sfuggire ai controlli della polizia giudiziaria; e che, sulla scorta di tali rilievi, il Collegio ha ritenuto che unica misura idonea a contenere la pericolosità sociale dei predetti sia quella applicata dal giudice per le indagini preliminari.

Per le ragioni indicate il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Viene disposta la trasmissione della presente ordinanza al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

La Corte dispone che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Provveda la Cancelleria ad oscurare ogni dato suscettibile di comportare la identificazione del minore per il caso di richiesta del provvedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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