Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-02-2011) 15-03-2011, n. 10474 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

All’udienza del 13 luglio 2010 il GIP presso il Tribunale di Cremona respingeva la richiesta di applicazione della pena avanzata, con il consenso del P.M., da A.A.. Rilevava il giudicante che trattavasi di "patteggiamento allargato" la cui richiesta non poteva trovare accoglimento ostandovi la recidiva reiterata, rilevabile dai precedenti penali quali risultavano dal certificato penale dell’imputato nei cui confronti il PM aveva contestato "la recidiva" senza alcuna ulteriore specificazione. Il GIP rinviava quindi alla successiva udienza del 5 ottobre 2010 per la celebrazione del giudizio con il rito abbreviato, come da richiesta subordinata dell’imputato, con questa ulteriore precisazione: "incardinando il giudizio presso questo giudice". All’udienza del 5 ottobre 2010 la difesa dell’imputato invitava il Giudice ad astenersi muovendo dal rilievo della incompatibilità per essersi il giudice stesso già espresso nel merito allorquando aveva respinto la richiesta di patteggiamento; il giudice riteneva insussistenti i presupposti per una sua astensione ed il difensore chiedeva quindi una sospensione per la formalizzazione dell’istanza di ricusazione; il GIP, data l’ora tarda, rinviava l’udienza, ed il giorno successivo veniva presentata istanza di ricusazione presso la cancelleria della competente Corte d’Appello. La Corte distrettuale dichiarava l’inammissibilità dell’istanza di ricusazione sotto un duplice profilo: a) tardività dell’istanza, sul rilievo che la decorrenza del termine stabilito dall’art. 38 c.p.p. era da individuarsi nel 13 luglio 2010, essendo in tale udienza emersa la pretesa causa di incompatibilità allorquando il giudice aveva rinviato l’udienza – incardinando il giudizio presso quel giudice – al successivo 5 ottobre 2010: nè rilevava che all’udienza del 5 ottobre 2010 il giudice fosse stato invitato ad astenersi, stante l’autonomia dei due istituti; b) non sussistevano comunque i presupposti per la ricusazione, posto che il giudice, nel respingere la richiesta di patteggiamento, non aveva espresso alcuna valutazione nel merito, essendosi limitato ad analizzare le risultanze del certificato penale in atti così rilevando una condizione ritenuta ostativa al c.d.

"patteggiamento allargato". Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato predetto, a mezzo del difensore, censurando le argomentazioni della Corte distrettuale e sostenendo la tesi della tempestività della istanza di ricusazione, muovendo dal presupposto che solo all’udienza del 5 ottobre 2010 si era avuta la certezza dell’identità fisica del giudice con il magistrato che aveva respinto la richiesta di patteggiamento all’udienza del 13 luglio 2010, ed affermando che il giudice stesso, nel rigettare la richiesta di patteggiamento, aveva espresso comunque una valutazione di merito con riferimento alla qualificazione del fatto, all’applicazione ed alla comparazione delle circostanze ed alla congruità della pena.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza delle censure dedotte.

Risultano del tutto condivisibili le argomentazioni svolte dalla Corte territoriale a sostegno dell’impugnata decisione, in quanto assolutamente in sintonia con la lettera, nonchè con la "ratio", della legge, e con l’indirizzo interpretativo delineatosi in materia nella giurisprudenza di legittimità: L’art. 38 c.p.p. fissa quale termine ultimo per la dichiarazione di ricusazione fondata su causa nota al momento degli atti introduttivi al dibattimento, il termine previsto dall’art. 491 c.p.p., a norma del quale è preclusa la deduzione delle questioni indicate "se non sono proposte subito dopo compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti". Pertanto, il rinvio dell’udienza prima della decisione sulle questioni preliminari, non legittima la proposizione della ricusazione alla udienza successiva. Qualora, invece, la causa di ricusazione sia divenuta nota durante l’udienza, vale l’ulteriore criterio dettato dall’art. 38 c.p.p., comma 2, per il quale "la dichiarazione di ricusazione deve essere in ogni caso proposta prima del termine dell’udienza", intendendosi quest’ultima espressione nel suo significato proprio, di unità quotidiana di lavoro, con esclusione della possibilità di farla coincidere con la nozione di dibattimento (Sez. 1, n. 4464 del 24/06/1999 Cc. – dep. 23/09/1999 – Rv. 214658); non v’è dubbio che il giudice, nel rinviare l’udienza, intese riferirsi, con l’espressione "incardinando il giudizio presso questo giudice", a se stesso anche come persona fisica oltre che organo giudicante. Parimenti non rileva, ai fini del termine per la proposizione dell’istanza di ricusazione, che all’udienza del 5 ottobre 2010 la difesa abbia poi invitato il giudice ad astenersi; è stato infatti enunciato nella giurisprudenza di questa Corte il condivisibile principio secondo cui "il termine per la dichiarazione di ricusazione decorre autonomamente, e non è collegato all’esito negativo di una eventuale sollecitazione all’astensione rivolta al giudice che versi nella pretesa situazione di incompatibilità" (Sez. 2, n. 9166 del 19/02/2008 Cc. – dep. 29/02/2008 – Rv. 239553).

Mette conto sottolineare, infine, che l’istanza di ricusazione era del tutto infondata anche nel merito: nel controllare il certificato penale, e nel rilevare una causa ritenuta ostativa al "patteggiamento allargato", il giudice non formulò di certo alcuna valutazione tale da determinare una situazione di incompatibilità ai fini del giudizio che si sarebbe poi svolto con il rito abbreviato (così come richiesto in via subordinata dall’imputato); in proposito questa Corte ha già avuto modo di pronunciarsi, precisando che "non sussiste incompatibilità per il giudice dell’udienza preliminare che, respinta la richiesta di patteggiamento, proceda al giudizio abbreviato nei confronti del medesimo imputato" (in termini, Sez. 2, n. 10393 del 28/09/1995 Ud. – dep. 18/10/1995 – Rv. 202761; cfr. anche Sez. 6, n. 10099 del 08/02/2005 Cc. – dep. 15/03/2005 – Rv.

231628, secondo cui "l’istanza di ricusazione proposta nei confronti del giudice che ha rigettato la richiesta di patteggiamento deve essere dichiarata inammissibile, in quanto il rigetto della richiesta non comporta incompatibilità per il giudice che l’abbia pronunciato nel caso in cui con tale provvedimento non sia espressa alcuna valutazione nel merito della notitia criminis ma venga interpretata ed applicata una norma processuale").

Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00 (mille).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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