Cons. Stato Sez. III, Sent., 11-03-2011, n. 1574 Ordinanza ingiunzione di pagamento: opposizione Sanzione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La sentenza impugnata ha respinto il ricorso proposto dall’attuale appellante, società L. (I.) Ltd (di seguito "L."), azienda fornitrice di servizi di telecomunicazione, per l’annullamento del provvedimento sanzionatorio, pari a euro 46.400,00, irrogatole dalla Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (di seguito "AGCOM"), per la violazione dell’articolo 70 del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, in relazione alla asserita mancanza di trasparenza tariffaria della carta telefonica denominata "Hola Latina". In particolare, l’ordinanza ingiunzione adottata da AGCOM ha imputato alla L. le seguenti condotte:

– non avere presentato, in modo chiaro, esatto e completo, i contenuti del servizio e i termini delle modalità di erogazione, i prezzi, l’unità di conteggio, le modalità di tassazione applicate;

– avere scalato sulle carte prepagate importi differenti e maggiori rispetto a quelli resi noti dai profili tariffari pubblicizzati;

– avere modificato senza preavviso le condizioni economiche applicate ai servizi telefonici internazionali offerti al pubblico.

2. L’appellante ripropone e sviluppa le censure disattese dal TAR. AGCOM resiste al gravame.

3. In primo luogo, l’appellante deduce la violazione dell’articolo 8 della legge n. 689/1981. Al riguardo, evidenzia che AGCOM, oltre alla sanzione contestata nel presente giudizio, le ha irrogate altre tre sanzioni, riferite ad identiche violazioni, impugnate in distinti giudizi, per un importo complessivo di euro 1.287.600,00.

Inoltre, aggiunge l’appellante, la sanzione applicata con il provvedimento contestato nel presente giudizio riguarderebbe quattro identiche violazioni, anche esse ascrivibili ad un’unica condotta.

A dire dell’appellante, quindi, risulterebbe violato quanto stabilito dall’articolo 8, comma 1, della legge n. 689/1981, secondo cui "salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, chi, con un’azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative o commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave aumentata fino al triplo."

4. La censura è infondata. Nel caso di specie, infatti, è comprovato che la sanzione è stata correttamente applicata in relazione a ciascuna delle diverse e separate condotte ascritte a L., distintamente accertate dalla Polizia Postale. Esse si sono concretizzate in distinte violazioni dell’obbligo di trasparenza e del dovere di non modificare, senza preavviso, le condizioni economiche del servizio.

Contrariamente a quanto affermato dall’appellante, le condotte sono oggettivamente distinte: gli accertamenti compiuti non riguardano un unico comportamento, ma diverse azioni, separate nel tempo, ancorché di contenuto identico o analogo.

La giurisprudenza ha chiarito, del resto, che l’istituto del cumulo giuridico delle pene, previsto per il caso della continuazione fra reati, non è applicabile in via analogica al concorso materiale di violazioni amministrative, le cui sanzioni pertanto devono essere applicate autonomamente e per l’intero. (Fattispecie in cui la Corte ha considerato legittimo il cumulo materiale tra sanzioni amministrative accessorie nel caso di condanna per reati previsti dal Cod. strada ritenuti in continuazione tra loro: Cass. pen. Sez. IV, 6 maggio 2009, n. 25933).

Analogamente, si è chiarito che l’art. 8 della legge 24 novembre 1981, n. 689, pur prevedendo l’applicabilità dell’istituto del cosiddetto "cumulo giuridico" tra sanzioni nella sola ipotesi di concorso formale (omogeneo od eterogeneo) tra le violazioni contestate – in cui con un’unica azione od omissione sono commesse violazioni plurime – non è, invece, invocabile con riferimento alla diversa ipotesi di concorso materiale – in cui una pluralità di violazioni è commessa con più azioni od omissioni -, atteso che la norma prevede espressamente tale possibilità soltanto per le violazioni in materia di previdenza ed assistenza e che non è applicabile in via analogica l’art. 81 cod. pen., stante la differenza morfologica tra illecito penale ed illecito amministrativo, anche alla luce del diverso atteggiarsi dei profili soggettivi relativi alle due tipologie di illecito (Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 6 ottobre 2008, n. 24655).

È anche possibile ipotizzare che tali comportamenti siano effettivamente riconducibili ad una unitaria strategia aziendale e derivino da una unitaria decisione imprenditoriale. Ma ciò non impedisce affatto di riscontrare la pluralità dei fatti e delle correlate sanzioni applicate da AGCOM.

Pertanto, nel caso di specie, non può trovare applicazione il principio espresso dal Consiglio di Stato, Sezione VI, 10 gennaio 2007, n. 26, secondo cui, ai fini della configurazione unitaria, o meno, delle condotte sanzionate secondo la legislazione speciale in materia di tutela della concorrenza occorre considerare la normale complessità, in termini ideativi e organizzativi, delle azioni imprenditoriali capaci, per dimensioni e portata, di produrre effetti sui mercati, e quindi deve ragionevolmente intendersi come "strategia d’impresa".

5. Con un secondo mezzo di impugnazione, l’appellante contesta la pronuncia del TAR, nella parte in cui ha giudicato inammissibili le censure articolate attraverso la memoria depositata il 30 giugno 2008. Al proposito, L. sostiene che tale memoria si è limitata a sviluppare e precisare le censure già ritualmente esposte nell’atto introduttivo del giudizio, con particolare riguardo all’asserito difetto di istruttoria e al difetto di legittimazione passiva, in quanto impresa straniera che non offre servizi di comunicazione elettronica in Italia, ai sensi del codice delle comunicazioni.

6. Il motivo è infondato.

Il ricorso di primo grado non contiene alcun riferimento a questi profili di illegittimità, articolandosi in quattro distinti gruppi di censura, riguardanti rispettivamente:

I) la mancata notificazione degli atti di contestazione e dei relativi verbali di accertamento;

II) la violazione dei principi in materia di cumulo giuridico tra sanzioni;

III) il difetto di motivazione in ordine all’elemento soggettivo dell’illecito contestato;

IV) la violazione delle regole in materia di termini massimi per la conclusione del procedimento.

Nessuna di queste censure contiene riferimenti, ancorché meramente induttivi o indiretti, agli ulteriori profili di illegittimità prospettati tardivamente e irritualmente con la memoria di discussione presentata al TAR.

A tale scopo, infatti, non può reputarsi idoneo il riferimento, del tutto generico, contenuto nella rubrica del primo mezzo di ricorso, alla "violazione dei principi generali in materia di sanzioni amministrative – eccesso di potere sotto il profilo del difetto dei presupposti – eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria – eccesso di potere sotto il profilo dell’illogicità, della irragionevolezza e della carenza di motivazione". Infatti, tale formula non potrebbe essere utilizzata per articolare una vera e propria "censura in bianco", da riempire, successivamente, attraverso la deduzione di specifici vizi del procedimento sanzionatorio, perfettamente conoscibili dal la ricorrente già al momento della notificazione del ricorso di primo grado.

7. Per le stesse ragioni, sono inammissibili anche le censure, proposte per la prima volta in appello, con cui la società contesta la sussistenza materiale dell’illecito (p. 14 dell’atto di appello).

8. In definitiva, quindi, l’appello deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

Respinge l’appello.

Condanna l’appellante a rimborsare all’amministrazione appellata le spese di lite, liquidandole in euro tremila.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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