Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 25-01-2011) 15-03-2011, n. 10405 Falsità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il GIP presso il Tribunale di Pistoia, con sentenza emessa in data 04.02.2010, su RICHIESTA EX ART. 444 C.P.P., applicava all’imputata:

G.D. la pena di anni 2 di reclusione ed Euro 400 di multa, a seguito del l’imputazione di associazione per delinquere, finalizzata ad una serie di: – truffe – falsi – ricettazioni ed altro;

il Gip riteneva concedibili le richieste attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti; riteneva altresì il reato di ricettazione ascritto al capo dd) come il reato più grave;

determinava la pena base in quella pari al minimo edittale ex art. 648 c.p., e cioè in anni 2 di reclusione ed Euro 400 di multa, aumentata per le restanti imputazioni in quella di anni 3 di reclusione ed Euro 600 di multa;

ridotta infine di un terzo per il rito;

Ricorre per Cassazione il PG presso la Corte di appello di Firenze, deducendo:

– Violazione di legge per erronea applicazione della pena;

1)- osserva il ricorrente che, sebbene la pena edittale per il reato ritenuto più grave, ex art. 648 c.p. è superiore nel massimo (anni 8) a quella prevista per il reato ex art. 416 c.p. (anni 7), tuttavia, la pena edittale minima per il reato ex art. 748 c.p. (anni 2) è inferiore a quella minima prevista per il reato ex art. 416 c.p. (anni 3), sicchè la pena considerata per la continuazione non poteva essere inferiore alla pena minima prevista per uno dei reati compresi;

2)- in ogni caso, la pena irrogata sarebbe illogica per avere erogato una pena mite nonostante la gravita dei fatti contestati;

3)- la decisione era da censurare per non avere determinato separatamente l’aumento di pena per la continuazione per ciascun reato;

Chiede l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato perchè si fonda sulla convinzione che all’imputata fosse contestato il delitto ex art. 416 c.p., comma 1 laddove, dall’esame del capo di imputazione emerge chiaramente che il ruolo di "capi e promotori" viene attribuito esclusivamente a S.S. e P.V.;

alla G. e agli altri viene attribuito il ruolo di partecipe ed in effetti si specifica nel capo di imputazione che la G. aderiva all’organizzazione "accettando la sottoposizione allo S.S.";

appare evidente, dunque, che il Gip ha ritenuto nella specie l’art. 416 c.p., comma 2, reato che prevede la pena, nel minimo, di anni uno, pienamente compatibile con la pena base e con l’aumento irrogato ex art. 81 cpv nella decisione in esame;

per completezza di motivazione va osservato che anche il PM, nell’esprimere il consenso al patto sulla pena con il parere scritto del 27.11.09, sottolineava che il ruolo della G. si era limitato a quello di "prestanome", confermando in tal modo che l’accusa era relativa all’art. 416 c.p., comma 2.

Ugualmente infondato è il motivo di doglianza sulla mancata indicazione degli aumenti di pena per ciascuno reato avvinto dalla continuazione, atteso che tale omissione non è causa di nullità della sentenza Cassazione penale, sez. 1^, 27 novembre 2009, n. 3100 conforme Cassazione penale, sez. 3^, 17 settembre 2004, n. 47420;

ne deriva che, così calcolata, la pena non po’ considerarsi illegale nè inferiore al minimo editale, come sostenuto dal ricorrente;

La concessione delle attenuanti generiche e la determinazione della pena non possono essere poste in discussione in questa sede, ove risulta vincolante il patto processuale intercorso tra le parti;

invero nel procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti (artt. 444 e ss. c.p.p.), non è possibile prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto accettato;

cosicchè, in particolare, una volta che l’accordo sia stato ratificato dal giudice, non è più consentito alle parti (anche quella pubblica) prospettare questioni e sollevare censure con riferimento all’applicazione delle circostanze e alla entità della pena, che non sia illegale. Cassazione penale, sez. fer., 25 luglio 2006, n. 27876.

Segue il rigetto del ricorso.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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