Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 25-01-2011) 15-03-2011, n. 10379 Armi da fuoco e da sparo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente:

D.A. veniva sottoposto a giudizio penale dinanzi al Tribunale di Rimini, perchè imputato di concorso con i minori L.C. e D.M.:

a) del reato di rapina aggravata per il numero delle persone e per l’uso di un’arma da fuoco (fucile a canne mozze) con la quale minacciavano P.G., impossessandosi dell’autovettura Lancia Delta del predetto;

b) del reato di furto aggravato, ex art. 625 c.p., nn. 5 e 7, essendosi appropriato delle targhe dell’autovettura Wolkswagen di proprietà di G.S.;

fatti avvenuti in (OMISSIS);

al termine del giudizio, il Tribunale, preso atto delle parziali ammissioni dell’imputato e degli altri elementi probatori raccolti dall’accusa, con decisione del 11.07.2001, riteneva la penale responsabilità del D. e, riuniti i reati con il vincolo della continuazione nonchè con i fatti di cui alla sentenza della Corte di appello di Bologna in data 04.04.1995, aumentava la pena inflitta con la predetta sentenza con l’ulteriore pena di anni uno di reclusione e L. 700.000 di multa, portando così la pena definitiva a complessivi anni 3 e mesi 4 di reclusione e L. 1.700.000 di multa;

La Corte di Appello di Bologna, con sentenza del 16.06.2009, respingeva il gravame e confermava la decisione di primo grado.

Ricorre per cassazione l’imputato, deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) e).

La ricorrente censura la decisione impugnata deducendo la nullità della sentenza ex art. 178 c.p.p., lett. c), consumata in sede di udienza preliminare tenuta con l’assistenza di uno solo dei due difensori di fiducia, essendo restato assente il secondo difensore per difetto di notifica;

-la Corte di appello aveva ritenuta sanata quella nullità, ex art. 182 c.p.p., osservando che la nullità non era stata sollevata immediatamente, in sede di udienza preliminare dal difensore presente, ma era stata eccepita tardivamente solo in sede dibattimentale;

-il ricorrente censura tale motivazione per violazione di legge, osservando che si verteva nel caso di nullità di ordine generale , ritualmente dedotta ex art. 180 c.p.p. prima della deliberazione della sentenza di primo grado, e che, in ogni caso, non era stato possibile per il difensore presente all’udienza preliminare sollevare in quella sede l’eccezione a causa dell’assenza dell’imputato, unico soggetto nei confronti del quale si era realizzata la lesione del diritto di difesa;

2)-la sentenza era da censurare anche riguardo al trattamento sanzionatorio, per omessa motivazione nonostante che l’entità della pena fosse superiore ai minimi edittali;

3)-attesa la ritenuta continuazione con reato per il quale erano state concesse le attenuanti generiche, il reato al capo a) doveva ritenersi prescritto; cosi pure per il reato al capo b), essendo spirato il termine di anni dodici dalla consumazione;

CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

I motivi proposti risultano totalmente infondati in quanto sostengono delle tesi non accolte dalla giurisprudenza.

Invero la Giurisprudenza di legittimità ha espresso il principio, pienamente condiviso da questo Collegio secondo il quale, allorchè l’imputato sia assistito da due difensori, l’omessa notifica del decreto di citazione a uno di essi da luogo ad una nullità a regime intermedio, che resta sanata nell’ipotesi in cui l’altro difensore, ritualmente avvertito e presente, nulla eccepisca.

Cassazione penale sez. 1, 27 aprile 2005. n. 23070.

Nella specie il ricorrente deduce che la nullità dedotta non sarebbe stata sanata ex art. 182 c.p.p., comma 2 stante l’assenza del prevenuto;

sul punto può essere richiamata la sentenza delle Sezioni Unite di questa corte del 25.6.1997, – Gattellaro – che, nel qualificare il mancato avviso ad uno dei due difensori di fiducia dell’indagato od imputato come nullità d’ordine generale a regime intermedio, ha considerato il caso di mancata comparizione all’udienza di entrambi i difensori, escludendo la possibilità di pretendere che il difensore ritualmente avvisato compaia per eccepire la nullità, ma nulla ha espressamente precisato circa l’ipotesi, verificatasi nella specie, in cui il difensore avvertito si presenti e nulla eccepisca; in siffatta evenienza altra sezione, con decisione successiva alla sentenza Gattellaro (v. Cass., sez. 1, 2.4.2003, Bruno, Ced Cass., rv. 223849), ha ritenuto la nullità sanata ove non eccepita dal difensore presente, contrasto registrandosi unicamente circa l’estensibilità di tale principio anche al caso della presenza di difensore d’ufficio (in senso affermativo si sono espresse la citata sentenza Bruno nonchè Cass., sez. 4, 22.12.1998, Cicatiello, Ced Cass., rv. 212700, e 9.12.1997, Gangi, id., rv. 11326).

Anche in considerazione del principio, fissato dalla sentenza Gattellaro, della "unicità" della difesa quale soggetto processuale pur se rappresentata da due difensori, ed atteso che il difensore ritualmente avvertito è comparso all’udienza senza nulla eccepire, la nullità costituita dal mancato avviso del secondo difensore deve, pertanto, ritenersi sanata ex art. 182 c.p.p., comma 2. a nulla rilevando in contrario la mancata comparizione dell’imputato.

Tale conclusione è stata, tuttavia, contrastata da alcune sentenze di segno contrario di questa Corte, che ritenevano necessaria la presenza dell’imputato quale condizione necessaria per ritenere operante la sanatoria ex art. 182 c.p.p., comma 2, (sez. 6, 3.6.1997, Corso, id., rv. 208905, e sez. 2, 1.12.1998, Meli, id., rv. 212020 – sez. 5 10.11.2004, n. 46206) ma il contrasto è stato, comunque, di recente risolto in maniera definiva dalle Sezioni Unite di questa Corte che, con sentenza n. 39060 del 16.07.2009 Rv. 244187 – Aprea – ha confermato che la nullità a regime intermedio , derivante dall’omesso avviso ad uno dei due difensori dell’imputato è sanata dalla mancata proposizione della relativa eccezione ad opera dell’altro difensore comparso "pur quando l’imputato non sia presente" atteso che la proposizione dell’eccezione è onere del difensore presente.

Anche i motivi relativi al trattamento sanzionatorio risultano infondati, atteso che la sentenza impugnata ha fatto uso dei criteri di cui all’art. 133 c.p., ritenuti sufficienti dalla Giurisprudenza di legittimità, per la congrua motivazione in termini di determinazione della pena; al riguardo la Corte di appello ha richiamato: a) la gravità del fatto, richiamando la gravità del fatto, caratterizzato da una rapina consumata con arma da fuoco, nonchè: b) la personalità violenta dell’imputato , per come emerso dalla sua condotta.

Va ricordato che, ai fini del trattamento sanzionatorio, è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare o meno la concessione del beneficio;

e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo, non è censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato. Ciò vale, "a fortiori", anche per il giudice d’appello, il quale, pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell’appellante, non è tenuto a un’analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti, ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta contestazione.

(Cassazione penale, sez. 4 04 luglio 2006. n. 32290).

Totalmente infondato deve ritenersi anche il motivo relativo alla dedotta prescrizione dei reati contestati.

Va premesso che , nel determinare la pena da applicare a ciascun reato, in caso di ritenuta continuazione, il Giudice può concedere le attenuanti generiche solo per alcuni di essi, con la conseguenza che le attenuanti generiche concesse solo per il reato più grave non si estendono a quelli satellite e pertanto non possono essere computate ai fini del calcolo della prescrizione.

Cassazione penale sez. 1 23 novembre 2005 n. 44405.

Non ricorre pertanto l’ipotesi prospettata dal ricorrente, che avrebbe voluto estendere l’attenuante concessa per il reato più grave anche a quello oggetto del presente processo, ascritto al capo a), e preso in esame unicamente ai fini dell’aumento per la continuazione.

Ugualmente infondato il motivo della prescrizione per il capo b) atteso che , ai sensi della disciplina previgente, essendo il reato di furto pluriaggravato (nella specie art. 625 c.p., nn. 5 e 7) punito con pena sino ad anni 10 di reclusione, il termine massimo di prescrizione è di anni 22 e mesi 6 (anni 15+1X2), non ancora decorso.

Così per la rapina.

Va ricordato che la sentenza di primo grado è intervenuta in data 2001, sicchè alla fattispecie si applica la legislazione sulla prescrizione previdente alla riforma n. 251 del 05.12.2005, ai sensi della L. n. 251 del 2005, art. 10 (ritenuto legittimo per quel che qui rileva dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 393 del 23.11.06).

Ai sensi dell’art. 592 c.p.p., comma 1 e art. 616 c.p.p., il rigetto o la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione proposta dalla parte privata comportano la condanna di quest’ultima al pagamento delle spese del procedimento. Cassazione penale sez. 6, 03 giugno 1994.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *