Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 20-01-2011) 15-03-2011, n. 10451 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

. Con ordinanza in data 1 dicembre 2009 la Corte di Appello di Reggio Calabria liquidava in favore di S.S. la somma di Euro 46.000,00 a titolo di riparazione dell’ingiusta detenzione subita dal richiedente dal 2.2.2005 al 19.12.2005.

La Corte territoriale rilevava che il G.i.p. presso il Tribunale di Reggio Calabria, convalidato il fermo di polizia giudiziaria eseguito in data 2.2.2005, sottoponeva S.S. alla misura cautelare della custodia in carcere sino al 15.4.2005, data in cui veniva applicata la misura degli arresti domiciliari protrattasi sino al 19.12.2005.

La Corte di Appello rilevava che S.S. veniva assolto dall’imputazione relativa al sequestro di persona in concorso con altri, con sentenza del giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria del 19.12.2005.

La Corte di Appello escludeva la sussistenza di condizioni ostative al riconoscimento dell’indennizzo richiesto; evidenziava che la condotta posta in essere da S.S. consisteva nell’aver guidato la medesima autovettura di poi utilizzata dal fratello S.B. per sequestrare la ragazza alla quale quest’ultimo era legato affettivamente.

La Corte territoriale osservava che a carico di S.S. non risultava alcuna ulteriore condotta da ritenersi concausa della disposta custodia cautelare.

Il giudice della riparazione sottolineava che il richiedente si era avvalso della facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio di garanzia e che detta circostanza risultava ininfluente, alla luce delle motivazioni contenute nella sentenza assolutoria, laddove si evidenzia che S.S. – in considerazione di quanto riferito dai testi dell’accusa – non avrebbe potuto far parte del gruppo dei rapitori, stante l’inconciliabilità dei tempi di percorrenza tra i due centri abitati nei quali vivevano la parte offesa e la famiglia S..

La Corte di Appello liquidava quindi in favore del richiedente la complessiva somma di Euro 46.000,00 ottenuta computando la somma di Euro 117,00 per ogni giorno di detenzione domiciliare e quella di Euro 235,00 per ogni giorno di custodia carceraria ed aggiungendo in via equitativa la somma di Euro 180,00.

Avverso la richiamata ordinanza della Corte di Appello di Reggio Calabria ha proposto ricorso per cassazione il Ministero dell’Economia e delle Finanze, deducendo con il primo motivo la violazione dell’art. 314 c.p.p., in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e); l’esponente rileva che la Corte di Appello ha affermato che l’istante non diede causa alla detenzione con dolo o colpa grave; ciò in quanto la condotta criminosa posta in essere dal richiedente si risolse nell’aver guidato l’autovettura di poi utilizzata da S.B. per perpetrare il rapimento.

Con il secondo motivo il ricorrente si duole dei criteri di liquidazione applicati dal giudice della riparazione, che avrebbe dovuto ridurre il quantum, in considerazione della colpa ascrivibile al medesimo richiedente.

Il Procuratore Generale con requisitoria scritta, ha chiesto che la Suprema Corte, in accoglimento del primo motivo di ricorso, voglia disporre l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

S.S., a mezzo del difensore, ha depositato memoria.

Il primo motivo di ricorso, di natura assorbente, risulta fondato.

Come è noto, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice di merito, per valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito una motivazione che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità.

Al riguardo, il giudice deve fondare la sua deliberazione su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale, al fine di stabilire, con valutazione ex ante – e secondo un iter logico motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri estremi di reato ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorchè in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di "causa ad effetto" (Cass. Sez. U, Sentenza n. 34559 del 26/06/2002, dep. 15/10/2002, De Benedictis, Rv. 222263).

Condotte rilevanti in tal senso possono essere di tipo extraprocessuale (grave leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato l’adozione del provvedimento restrittivo) o di tipo processuale (autoincolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal giudice della cognizione.

A tal fine, nei reati contestati in concorso, va apprezzata la condotta che si sia sostanziata nella consapevolezza dell’attività criminale altrui e, nondimeno, nel porre in essere una attività che si presti sul piano logico ad essere percepita come contigua a quella criminale.

L’ordinanza impugnata non applica correttamente i richiamati criteri interpretativi.

La Corte territoriale, nell’escludere la sussistenza di condizioni ostative al riconoscimento dell’indennizzo richiesto, omette di considerare che S.S., oltre ad aver guidato la medesima autovettura di poi utilizzata dal fratello S.B. per sequestrare la ragazza, si era dato alla fuga alla vista dei Carabinieri; e che il medesimo richiedente non aveva fornito alcuna spiegazione alle insistenti domande poste dal padre della vittima, il quale si era recato presso la abitazione dei fratelli S. per avere notizie della figlia.

Invero, dette circostanze di fatto, erano state conferentemente apprezzate dal G.i.p. presso il Tribunale di Reggio Calabria, il quale, convalidato il fermo di polizia giudiziaria eseguito in data 2.2.2005, aveva sottoposto S.S. alla misura cautelare carceraria.

Si osserva, al riguardo, che la Corte territoriale sembra aver erroneamente censito la condotta posta in essere dal richiedente non già secondo una prognosi ex ante, in relazione cioè al quadro indiziario disponibile al momento dell’applicazione della misura cautelare, come chiarito dalla giurisprudenza, bensì alla luce delle considerazioni svolte ex post dal giudice della cognizione, sulla base degli elementi di prova successivamente emersi.

Si impone, allora, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria, di modo che il giudice della riparazione riconsideri la condotta posta in essere dal richiedente, tenuto anche conto del rilievo che può assumere, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il silenzio serbato dall’indagato in sede di interrogatorio; questa Suprema Corte ha, infatti, chiarito che pur costituendo esercizio del diritto di difesa, la richiamata evenienza può rilevare sotto il profilo del dolo o della colpa grave, nel caso in cui il prevenuto sia in grado di indicare specifiche circostanze, non note all’organo inquirente, idonee a prospettare una logica spiegazione al fine di escludere o caducare il valore indiziante degli elementi acquisiti in sede investigativa, posti a fondamento del provvedimento cautelare (Cass. Sez. 4^, Sentenza n. 4159 del 09/12/2008, dep. 28/01/2009, Rv. 242760).
P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Reggio Calabria altra Sezione.

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