Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 19-01-2011) 15-03-2011, n. 10435 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ricorre per cassazione, con atto personalmente sottoscritto, S. P. avverso l’ordinanza emessa in data 3.3.2010 dalla Corte di Appello di Palermo con la quale veniva rigettata l’istanza di riparazione dell’ingiusta detenzione sofferta dal 20.11.2007 al 17.12.2008, deducendo la violazione dell’art. 314 c.p.p. Il Procuratore generale in sede, all’esito della requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.

Il ricorso è inammissibile.

Infatti, come premesso, il ricorso risulta sottoscritto personalmente dalla parte richiedente.

Orbene, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto con atto sottoscritto dalla parte senza la rappresentanza di un avvocato iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione a norma dell’art. 613 c.p.p., giacchè l’unica deroga a tale disposizione generale è quella prevista dall’art. 571 c.p.p., comma 1, che riconosce al solo imputato la facoltà di proporre personalmente l’impugnazione. (Sez. Un., Ord. n. 34535 del 27.6.2001, Rv. 219613) Più specificamente, è stato altresì affermato che in subiecta materia il ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte d’appello deve essere proposto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della cassazione, e non può essere sottoscritto personalmente dall’interessato, a nulla rilevando che la sottoscrizione sia autenticata in calce da un difensore iscritto nel predetto albo (Sez. 4^, n. 13197 del 22.2.2008, Rv.

239602).

Ad ogni modo, le censure mosse risultano manifestamente infondate.

Invero, l’impugnata ordinanza, congruamente motivata, mostra di rifarsi correttamente a consolidati orientamenti giurisprudenziali di questa Suprema Corte in tema di verifica della sussistenza del dolo o della colpa grave ostativi all’accoglimento della domanda per ingiusta detenzione, che di seguito si richiamano.

In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, la giurisprudenza consolidata di questa Corte (v., sotto diversi profili, le sentenze delle Sezioni Unite 13/12/1995, n. 43, e 26/06/2002, n. 34559), afferma che la nozione di "colpa grave" di cui all’art. 314 c.p.p., comma 1, ostativa del diritto alla riparazione dell’ingiusta detenzione, va individuata in quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile ragione di intervento dell’autorità giudiziaria, che si sostanzi nell’adozione o nel mantenimento di un provvedimento restrittivo della libertà personale.

Orbene, la motivazione dell’ordinanza de qua è svolta esaurientemente sugli elementi che non consentono di concludere nel senso dell’accertamento del diritto azionato, potendosi ravvisare nella condotta tenuta dal richiedente all’epoca del fatto la colpa grave: in particolare, evidenzia come il S. sia stato assolto solo in secondo grado dal reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 in relazione ad un quantitativo di sostanza stupefacente di cui il cugino, G.C., che si trovava in auto con lui, aveva tentato di liberarsi all’arrivo dei Carabinieri.

Rileva, altresì, come il S. nel suo interrogatorio avesse dichiarato che quando erano arrivati i militari il cugino si trovava a circa 30 metri fuori dalla macchina mentre i verbalizzanti avevano accertato che questi era uscito a precipizio dall’auto per cercare di liberarsi della droga; tali dichiarazioni venivano considerate dagli inquirenti come un tentativo dell’indagato di eludere i sospetti oggettivamente ingenerati dal comportamento dell’altro e manifestazione di consapevolezza della presenza dello stupefacente.

Corretta è la valutazione della Corte di Appello di tale condotta processuale del richiedente, dal momento che la diversa versione dei fatti resa dal S. in sede di convalida assumeva una rilevanza significativa e quanto meno sinergicamente efficiente nell’emissione della misura cautelare, specie in considerazione della specificità dei suoi precedenti penali, essendo stato ripetutamente condannato proprio per detenzione o cessione illecita di droga. Tale decisione appare conforme all’orientamento di questa Corte, secondo cui "In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il silenzio, la reticenza e il mendacio dell’indagato in sede di interrogatorio, pur costituendo esercizio del diritto di difesa, possono rilevare sotto il profilo del dolo o della colpa grave nel caso in cui egli sia in grado di indicare specifiche circostanze, non note all’organo inquirente, idonee a prospettare una logica spiegazione al fine di escludere o caducare il valore indiziante degli elementi acquisiti in sede investigativa, che determinarono l’emissione del provvedimento cautelare" (ex ceteris: Sez. 4^, n. 4159 del 9.12.2008, Rv. 242760).

Quindi, la Corte territoriale, senza effettuare alcuna illegittima invasione della valutazione dei fatti riservata intangibilmente alla sentenza penale di assoluzione, ma rilevando solo la sussistenza di elementi che hanno dato causa all’emissione della misura cautelare e configuranti la colpa grave a norma dell’art. 314 c.p.p., comma 1, ha escluso il diritto del ricorrente alla riparazione, essendo state indubbiamente le suddette circostanze concause atte a determinare l’emissione della misura cautelare a suo carico.

Consegue l’inammissibilità del ricorso e, con essa, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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