T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 11-03-2011, n. 396 Equo indennizzo Equo indennizzo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

S.A.M., maresciallo ordinario dell’Arma dei Carabinieri, come da verbale 11 marzo 1995 n°461 della Commissione medica ospedaliera di Milano, sede staccata di Brescia, veniva riscontrato affetto da "1) persistenti turbe ansiose disforiche in personalità con tratti di labilità; 2) calcolosi colecisti (in atto esiti di colecistectomia); 3) sinusite frontale (in atto note cliniche); 4) ascesso perianale fistolizzato (in atto: pregresso)", con riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di tutte queste patologie, delle quali, ai fini della pensione privilegiata ordinaria, però solo la prima veniva riconosciuta ascrivibile ad una delle categorie di legge, ovvero alla VIII categoria tabella A per quattro anni; di conseguenza, veniva giudicato non più idoneo al servizio militare e collocato in congedo assoluto dal giorno 11 marzo 1995, come da decreto 9 luglio 1997 n°3012 del Dirigente della Direzione generale per i sottufficiali e militari di truppa dell’esercito del Ministero della difesa (doc. ti ricorrente 4, copia del verbale citato, e 5, copia del decreto in parola).

All’esito, il m.llo M. presentava, in data 27 marzo 1995, domanda per la concessione dell’equo indennizzo quanto alla citata diagnosi di "persistenti turbe ansiose disforiche in personalità con tratti di labilità" (doc. 1 amministrazione, copia di essa).

Su tale domanda, esprimeva il parere il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, all’epoca competente, in data 20 dicembre 1996, osservando "visto il p.v. n°461 del (giorno) 11 marzo 1995 della CMO di Milano" semplicemente che la "calcolosi colecisti" non poteva ritenersi dipendente da causa di servizio; potevano invece esser riconosciute tali sia le "persistenti turbe ansiose disforiche in personalità con tratti di labilità", sia le note cliniche di "sinusite frontale" sia il "pregresso ascesso perianale" (doc. 2 ricorrente, copia parere).

Interveniva poi un secondo verbale della Commissione medica di Milano – sede di Brescia, il n°1734 del 6 novembre 1997, nel quale, in punto ascrivibilità della menomazione ai fini dell’equo indennizzo, si riteneva che le "note ansiose residue" di cui il ricorrente soffriva non fossero ascrivibili ad alcuna categoria rilevante (doc. 2 ricorrente, copia verbale citato).

Il decreto di cui meglio in epigrafe rigettava quindi la domanda di equo indennizzo, richiamando in motivazione tutti i sopra descritti giudizi, ovvero tanto i verbali della Commissione quanto il parere del Comitato; avverso tale decreto, il m.llo M. propone in questa sede impugnazione, con ricorso articolato in quattro censure, riconducibili secondo logica ai seguenti tre motivi:

– con il primo di essi, corrispondente alle prime due censure alle pp. 3 e 5 dell’atto, deduce eccesso di potere per travisamento dei fatti ovvero mancata istruttoria, osservando in sintesi che da un lato il parere del Comitato pensioni privilegiate ha riconosciuto la dipendenza da causa di servizio dell’infermità di che trattasi, dall’altro il decreto impugnato ha respinto la domanda di equo indennizzo sulla base di un verbale della Commissione medica, quello formato il 6 novembre 1997, posteriore al parere stesso e quindi non apprezzato nel formulare quest’ultimo;

– con il secondo motivo, corrispondente alla terza censura a p. 6 dell’atto, deduce ulteriore eccesso di potere per contraddittorietà, che a suo avviso sussisterebbe fra il decreto impugnato, che ha ritenuto l’infermità non ascrivibile ad alcuna tabella di legge, e il primo verbale della Commissione medica, che ha espresso contrario avviso, ovvero come si è detto ascrivibilità alla VIII categoria tabella A per quattro anni;

– con il terzo motivo, corrispondente alla quarta censura a p. 8 dell’atto, deduce ancora eccesso di potere per illogicità, dato che a suo avviso l’amministrazione avrebbe dovuto comunque ritenere l’infermità equivalente ad una di quelle tabellari.

Resiste l’amministrazione con atto 27 febbraio 2008, documenti del 16 dicembre 2010 e memoria del 5 gennaio 2011, nei quali:

– in via preliminare, sostiene l’inammissibilità del ricorso in quanto a suo dire rivolto contro un atto paritetico, nei confronti del quale non avrebbe significato la domanda di annullamento proposta;

– nel merito, ne chiede comunque la reiezione.

Con memoria 19 gennaio 2011, il ricorrente ha insistito nelle proprie asserite ragioni.

La Sezione all’udienza del giorno 9 febbraio 2011 tratteneva il ricorso in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e va accolto, ai sensi e nei limiti di quanto appresso.

1. Va respinta in quanto infondata l’eccezione preliminare di inammissibilità per carenza di interesse del ricorso, in quanto, ad avviso della difesa erariale, esso propone una domanda di annullamento che sarebbe non consentita avverso gli atti paritetici come quello per cui è causa, sul quale si provvede sulla domanda di equo indennizzo, che come è noto è un ristoro economico una tantum previsto dalla legge, a certe condizioni, a favore del dipendente pubblico il quale sia rimasto vittima di una infermità per causa di servizio.

2. Rispetto a tale beneficio, secondo la più recente giurisprudenza, l’interessato è titolare di una posizione giuridica che si qualifica come interesse legittimo nel momento in cui esso viene richiesto; assume poi la consistenza di diritto soggettivo solo allorquando il beneficio stesso sia stato riconosciuto e determinato nel suo ammontare, ditalchè i provvedimenti i quali negano il riconoscimento dell’equo indennizzo vanno impugnati nell’ordinario termine di decadenza: in tali termini di recente C.d.S. sez. V 1 dicembre 2009 n°7507 e TAR Toscana sez. I 2 febbraio 2010 n°173.

3. Tale orientamento risulta preferibile rispetto a quello sostenuto dall’Avvocatura per le ragioni esposte nella prima delle decisioni citate, che il Collegio ritiene di condividere. La concessione di equo indennizzo infatti attribuisce una indennità cui non corrisponde un diritto costituzionalmente garantito, ed è il risultato dell’esercizio di un potere discrezionale dell’amministrazione, che si esercita previo parere degli organi tecnici di cui si dirà, ma da esso può motivatamente discostarsi; ne segue quindi che a fronte dello stesso sussiste appunto un interesse legittimo. Pertanto, nel caso di specie, il ricorrente ha correttamente impugnato con il ricorso per il quale è causa il provvedimento di diniego, in conformità del resto alle "avvertenze" contenute in calce allo stesso, secondo le quali "avverso il presente provvedimento è ammesso ricorso al TAR…." (doc. 1 ricorrente, cit.).

4. Tanto premesso, il primo motivo di ricorso, incentrato in sintesi sul difetto di motivazione del provvedimento in parola, è fondato ed assorbente. In proposito, va sinteticamente ricostruita l’ora abrogata disciplina dell’equo indennizzo vigente all’epoca dei fatti e ad essi applicabile ratione temporis. Le norme fondamentali in materia erano costituite anzitutto dai primi tre commi dell’art. 3 del D.P.R. 20 aprile 1994 n°349, per cui: "L’impiegato civile che abbia contratto infermità o subìto lesioni, per farne accertare l’eventuale dipendenza da causa di servizio deve, entro sei mesi dalla data in cui si è verificato l’evento dannoso o da quella in cui ha avuto conoscenza dell’infermità o della lesione, presentare domanda scritta all’amministrazione dalla quale direttamente dipende, indicando specificamente la natura dell’infermità o lesione, i fatti di servizio che vi hanno concorso e, ove possibile, le conseguenze sull’integrità fisica… (comma 1). Con la medesima domanda di cui al comma 1, l’impiegato che, per infermità o lesione contratta per causa di servizio, ha subìto una menomazione dell’integrità fisica ascrivibile ad una delle categorie di cui alle tabelle A e B annesse al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834, richiede la concessione dell’equo indennizzo previsto dall’art. 68 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, se la menomazione si sia manifestata contemporaneamente all’infermità o lesione (comma 2). L’infermità non prevista in dette tabelle è indennizzabile solo nel caso in cui essa sia da ritenersi equivalente ad alcuna di quelle contemplate nelle tabelle stesse… (comma 3)"

5. Sulla domanda presentata nei termini suddetti si pronunciava anzitutto un primo organo consultivo, la Commissione medica provinciale, la quale ai sensi dell’art. 6 del regolamento citato, accertava "la dipendenza da causa di servizio dell’infermità o lesione contratta dall’impiegato", accertamento valido ad ogni effetto diverso dalla concessione della pensione privilegiata ovvero dell’equo indennizzo, ad esempio per decidere sul trattamento economico da corrispondere per i giorni di assenza. Sulla distinta, ancorché collegata, questione della spettanza, per la stessa infermità o lesione, anche dell’equo indennizzo decideva invece un organo diverso, il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie -in sigla C.P.P.O.- di cui all’art. 8 successivo.

6. Le norme citate, come si può notare, si riferiscono alla lettera ai soli "impiegati civili" dello Stato; per coloro i quali, come il ricorrente, appartenessero alle Forze armate, disponeva l’art. 5 bis del d.l. 21 settembre 1987 n°387, convertito con modificazioni nella l. 20 novembre 1987 n°472, nel senso che "I giudizi collegiali adottati dalle commissioni mediche… sono da considerarsi definitivi, nei riguardi del personale della difesa e delle forze di polizia nonché degli altri dipendenti statali, ai fini del riconoscimento delle infermità per la dipendenza da causa di servizio, salvo il parere del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie… in sede di liquidazione della pensione privilegiata e dell’equo indennizzo".

7. In ordine ai suddetti pareri, quello della Commissione medica e quello del C.P.P.O., era poi affermato da giurisprudenza costante che "l’ordinamento nella materia in questione non mette a disposizione dell’Amministrazione una serie di pareri pariordinati resi da organi consultivi diversi e dotati di identica competenza sui quali orientarsi, ma affida al Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie il compito di esprimere un giudizio conclusivo, anche sulla base di quello reso dalla Commissione medica ospedaliera", giudizio qualificato come "momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti": così per tutte, come più recente, C.d.S. sez. V 16 agosto 2010 n°5712.

8. Ne seguiva, sempre secondo la giurisprudenza citata, che ai fini dell’equo indennizzo spettava esclusivamente al C.P.P.O. verificare se l’infermità o lesione fosse dipendente da causa di servizio e, in caso affermativo, se desse titolo al beneficio in quanto ascrivibile ad una delle infermità di cui alle citate tabelle; l’amministrazione, nell’emettere il provvedimento finale, assolveva il proprio onere di motivazione semplicemente richiamandosi a tale parere, ovvero – ma non è il caso presente- spiegando in modo congruo perché ritenesse di discostarsene. Tutto ciò postula tuttavia, secondo comune logica, che il parere del C.P.P.O., proprio perché reso dall’unico organo competente in materia, sia completo, ovvero si esprima su entrambe le questioni rilevanti: l’ascrivibilità della malattia a causa di servizio e la possibilità di includerla nelle tabelle di cui alla normativa.

9. Nel caso di specie, ciò non si è verificato. Come si ricostruisce a semplice lettura del parere del 20 dicembre 1996, il C.P.P.O. si è espresso in modo soltanto parziale, affermando che l’infermità dalla quale è affetto il ricorrente sarebbe dipendente da causa di servizio, ma ha del tutto taciuto sulla possibilità o no di includere la stessa nelle tabelle di legge (doc. 2 ricorrente, cit.). Nel provvedimento finale, l’amministrazione non ha poi omesso di pronunciarsi sul punto, ma lo ha fatto richiamando il parere della Commissione medico ospedaliera di Brescia, dalla quale il ricorrente è stato visitato il 6 novembre 1997: si tratta di un parere ulteriore, successivo a quello del C.P.P.O., che proviene da organo non competente sulla questione, né come è ovvio può ritenersi in qualche modo preso in considerazione dalla precedente pronuncia del collegio competente.

10. Il provvedimento finale della p.a. va pertanto annullato, rimanendo come si è detto assorbiti gli ulteriori profili di censura, concernenti la possibilità o no di classificare l’infermità del ricorrente fra quelle di cui alle tabelle, poiché su tale punto non vi è stata pronuncia da parte dell’organo competente. L’amministrazione dovrà quindi riesaminare la pratica acquisendo da parte dell’organo consultivo a ciò preposto un parere che si pronunci su entrambi i suddetti aspetti rilevanti della questione.

11. Il ricorso va invece dichiarato inammissibile in quanto rivolto in via diretta avverso i citati pareri del Comitato e della Commissione, che costituiscono atti endoprocedimentali, privi come tali di autonoma attitudine lesiva: sul punto, per tutte, C.d.S. sez. V 17 febbraio 2010 n°919. E’ solo per completezza che si precisa come, a maggior ragione, nessuna decadenza dalla presente impugnazione si possa ricollegare alla mancata proposizione di reclami amministrativi avverso il secondo di tali pareri, evidenziata dall’amministrazione a p. 2 rigo quattordicesimo della memoria 5 gennaio 2011.

12. Le ragioni della decisione sono giusto motivo per compensare le spese, dandosi atto che la controversia non è soggetta a contributo unificato.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

a) annulla il decreto 22 ottobre 2007 n°1644/N del Direttore della VIII divisione del Ministero della Difesa, Direzione generale delle pensioni militari, del collocamento al lavoro dei militari congedati e della leva, III reparto;

b) dichiara inammissibile il ricorso avverso il parere 20 dicembre 1996 del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie e il verbale 6 novembre 1997 modello B n°ML/B 1734 della Commissione medica ospedaliera di Brescia;

c) compensa per intero fra le parti le spese del giudizio.Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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