Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-02-2011) 16-03-2011, n. 10698 Mezzi di prova

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 17 maggio 2010, la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Macerata, in data 27/3/2008, accogliendo l’appello del P.G. rideterminava in aumento la pena inflitta a D.R.R. per i reati di truffa e falso, fissandola in mesi 8 di reclusione ed Euro 170,00 di multa e respingeva l’appello dell’imputato. Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando tre motivi di gravame con i quali deduce violazione di legge e carenza di motivazione in relazione all’art. 640 c.p., nonchè violazione di legge in relazione agli artt. 477 e 489 c.p. e mancanza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità.

Per quanto riguarda il primo motivo, in punto di sussistenza del reato di cui all’art. 640 c.p., le censure sollevate dal ricorrente sono generiche, riproducono le stesse obiezioni proposte con l’appello e confutate con la sentenza impugnata e sono manifestamente infondate in punto di diritto.

E’ pacifico, infatti, che l’individuazione fotografica, specialmente se confermata dal successivo riconoscimento in udienza, costituisce una fonte di prova che può essere utilizzata per l’identificazione dell’autore del reato sulla base del principio del libero convincimento del giudice (cfr ex multis: Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22612 del 10/02/2009 Ud. (dep. 29/05/2009) Rv. 244197).

Ugualmente inammissibile per manifesta infondatezza è la censura di mancata pronunzia in punto di assoluzione dell’imputato dal reato di falso. La Corte d’appello si è pronunziata ed ha rigettato il motivo, manifestamente infondato, osservando che è del tutto evidente che l’apposizione di una propria fotografia su un documento rilasciato ad altra persona costituisca contraffazione e non mero uso di un documento falso.

Anche il terzo motivo è inammissibile. Infatti per quanto riguarda il diniego di riconoscere l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, la relativa richiesta è stata proposta in modo del tutto generico nei motivi d’appello, senza un rigo di motivazione. Pertanto nessuna censura può essere mossa alla sentenza d’appello che ha rigettato implicitamente la richiesta, trattandosi di motivo inammissibile.

E’ appena il caso di aggiungere che il danno direttamente derivante dalla truffa indicato in Euro 1650,00, somma che di per sè non può essere considerata di particolare tenuità.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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