Cassazione civile sez. lav 12 maggio 2009 n. 10860 Lavoro, invalidità civile, indennizzo, assegno (2009-07-08)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Guglielmo SCIARELLI – Presidente –

Dott. Pietro CUOCO – Rel. Consigliere –

Dott. Stefano MONACI – Consigliere –

Dott. Vincenzo DI NUBILA – Consigliere –

Dott. Antonio IANNIELLO – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso 14164-2006 proposto da:

D. G., elettivamente domiciliata in Roma, Viale Delle Milizie 38, presso lo studio dell’avvocato Angelozzi Giovanni, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Signore Italo , giusta mandato a margine del ricorso;

• ricorrente –

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato in Roma, Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale Dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

I.N.P.S. Istituto Nazionale Della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Della Frezza 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati, Riccio Alessandro, Valente Nicola, Giannico Giuseppina, giusta delega in calce al controricorso;

• controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2782/2005 della Corte d’Appello di Lecce , depositata il 30/12/2005; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/01/2009 dal Consigliere Dott. Pietro Cuoco; udito l’Avvocato Angelozzi;

udito il P.M. In persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Marco Pivetti, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 12 ottobre 2004 G. D. propose appello avverso la sentenza con cui il Tribunale di Lecce aveva respinto la sua domanda diretta ad ottenere il riconoscimento del diritto all’assegno d’invalidità civile.

Con sentenza del 30 dicembre 2005 la Corte d’Appello di Lecce , espletata una nuova consulenza tecnica d’ufficio, respinse l’impugnazione. Il giudicante aderisce al parere del consulente tecnico d’ufficio, che ritiene fondato su corretto accertamento ed adeguata valutazione; e non ritiene fondate le critiche a questa consulenza proposte con consulenza tecnica di parte.

Per la cassazione di questa sentenza G. D. propone ricorso, articolato in due motivi; il Ministero delle Finanze e l’Inps resistono con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, denunciando per l’art. 360 n. 3 cod. proc. Civ. Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della Legge 30 marzo 1971 n. 118 e degli artt. 1 comma 3 e 2 comma 2 del Decreto legge 23 novembre 1989 n. 509, la ricorrente sostiene che le infermità non erano state adeguatamente valutate; in particolare,

1.a. In relazione all’altezza di 161 cm ed al peso di Kg 110, la ben rilevante obesità doveva essere valutata non in base alle tabelle ma in relazione all’effettivo grado di invalidità, ed in relazione all’incidenza che il fatto aveva sulle altre infermità;

1.b. La steno – insufficienza aortica e l’insufficienza mitralica lieve nonché l’ipertrofia concentrica del ventricolo sinistro erano qualificabili come scompenso cardio – circolatorio, e non come diversamente ritenuto dal CTU di secondo grado (lieve rigurgito mitro – aortico);

1.c. ”il pannicolo adiposo e le gravi disfunzioni alla colonna non consentono alla Deta di flettersi sul tronco”;

1.d. Poiché la ricorrente aveva precedentemente subito interventi di safenectomia, le varici ed il linfoedema agli arti inferiori con lesioni ulcerative delineavano un quadro “di estrema gravità”, assimilabile alla rigidità o lassità del ginocchio superiore al 50%;

1.e. La pur qualificata sindrome ansioso – depressiva era stata erroneamente valutata con il ben diverso parametro della più lieve nevrosi ansiosa.

2. Con il secondo motivo, denunciando per l’art. 360 n. 5 cod. proc. Civ., omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, la ricorrente sostiene che

2.a. Alla luce dei principi degli artt. 1 e 38 Cost., il lavoro da considerare ai fini dell’assegno previsto per gli invalidi civili é da intendersi come quello “espletabile proficuamente, nell’ambito del rispetto della dignità del soggetto”; l’espressione normativa “non é preclusiva di un’interpretazione estensiva, in quanto la capacità lavorativa deve essere intesa….. come quella espletabile remunerativamente”;

2.b. Il giudicante avrebbe dovuto accertare se la Deta “si trovi nella condizione di svolgere una qualsiasi attività lavorativa proficuamente idonea ad assicurarle, in relazione al parametro di cui all’art. 36 Cost., una remunerazione sufficiente a garantirle un’esistenza libera e dignitosa”.

3. Il primo motivo é infondato. Come ripetutamente affermato da questa Corte, il difetto di motivazione in ordine ad aspetti sanitari sussiste solo ove vi sia palese devianza dalle correnti nozioni della scienza medica od omissione degli accertamenti strumentali necessari alla formulazione di una corretta diagnosi; al di fuori di tale ambito, la censura costituisce mero dissenso, non attinente a vizi del processo logico formale, e si traduce nell’irrilevante critica del convincimento del giudice (e plurimis, Cass. 21 gennaio 1998 n. 530).

Tale è la censura, nel caso in esame. La ricorrerete, pur analiticamente esaminando le lamentate infermità, contestando la valutazione del consulente d’ufficio, si limita a propone una propria valutazione.

4. In ordine alla censura proposta con il secondo motivo, è da affermare quanto segue.

Poiché il lavoratore ha diritto ad una retribuzione in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé ed alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa (art. 36 Cost.), l’idoneità ad assicurare a sé ed alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa è qualità propria di ogni lavoro.

La capacità lavorativa è pertanto capacità di espletare attività che ha tale idoneità.

La normativa fissazione della riduzione (di capacità), indennizzabile con l’assegno di invalidità, presuppone che la residua capacità lavorativa:

a. di per sé sola non sia sufficiente ad assicurare a sé ed alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa è qualità propria di ogni lavoro;

b. conservi tuttavia la potenzialità per conseguire una parte di questa retribuzione;

c. esiga, nella misura della propria insufficienza, l’integrazione.

L’assegno ha questa funzione integrativa, come copertura dell’accertata incapacità.

In tal modo (e quale algebrica negazione di quanto la ricorrente deduce), il riconoscimento dell’assegno è normativa qualificazione della residua capacità lavorativa come insufficiente a far conseguire al lavoratore una retribuzione che assicuri un’esistenza libera e dignitosa.

5. Il ricorso deve essere respinto. In applicazione dell’art. 152 disp. Att. Cod. proc. Civ., nulla è da disporre in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; nulla dispone in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2009.

DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 12 MAGGIO 2009.

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