Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-02-2011) 16-03-2011, n. 11034 Conflitti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- Con due distinti ricorsi, proposti di persona, e con un terzo ricorso congiunto, proposto dal comune difensore, G.M. C. e S.C. ricorrono avverso l’ordinanza 5.8/2.9.2010 del tribunale della libertà di Reggio Calabria che rigettava l’istanza di riesame proposta avverso l’ordinanza cautelare in carcere del gip dello stesso tribunale in data 25.5.2010 per i delitti di associazione a delinquere di stampo mafioso, di tentata estorsione aggravata, di detenzione e porto di armi da sparo, quest’ultimo contestato al solo S..

-2- I fatti in contestazione si inquadrano nel contesto delle attività delinquenziali poste in essere dalle cosche operanti in Calabria e funzionali attraverso un sistema di estorsioni e corruzioni, a ripartirsi, con l’individuazione dei tratti autostradali sotto protezione mafioso attraverso l’imposizione di illeciti pedaggi quantificati nella percentuale del 3% sul valore delle opere per singoli tratti della autostrada, i proventi delle attività illecite connesse ai lavori di ammodernamento della Autostrada (OMISSIS).

I due imputati vengono collocati, dai giudici del riesame, come integrati nella cosca della famiglia Gallico, di cui esponenti storici di rilievo sono G.G. e D., condannati all’ergastolo, e gli indizi di una tale appartenenza vengono tratti dalla rilevazione ed interpretazione del contenuto di colloqui in carcere dei predetti con persone detenute. Da questi si trarrebbe, secondo i giudici di merito, la fattiva e consapevole collaborazione, rilevante in termini causali, degli imputati alla vita ed al consolidamento del gruppo criminale. Partitamente si indicano i colloqui considerati dal giudice dell’ordinanza cautelare e dai giudici del riesame:

a) in un colloquio nel carcere di Secondigliano registrato il 22.2.2007 tra G.G. ed il figlio A., questi riferisce al padre che il fratello R., in libertà, gli aveva detto, a fronte evidentemente di un suo comportamento non corretto nei confronti dei componenti la famiglia, di aver sempre diviso le somme provenienti dalle attività illecite in sei, quanti erano i componenti della famiglia, compresa M.A.; b) nel colloquio del 14.12.2006 tra G.G., la sorella M. A. ed il di lei figlio S.C., il primo riferiva alla seconda le strategie difensive in vita della revisione di una sentenza di condanna per il triplice omicidio dei fratelli Me., indicando, in via di anticipazione, le dichiarazioni che avrebbero dovuto rendere Sa.Ga., M.S. e Ma.Co..

In quello stesso contesto G.G. manifestava le sue preoccupazioni per l’incolumità del figlio A. e la sorella ed il di lei marito lo rassicuravano manifestando la loro disponibilità ad ospitarlo nella loro casa a (OMISSIS) almeno fino al momento in cui sarebbe uscito dal carcere G.C., fratello di G., che avrebbe messo a posto le cose. c), nel colloquio del 21.12.2006, sempre G.G., alla domanda al suo interlocutore, il figlio A., se S. C. avesse il possesso di armi, riceve una risposta decisamente affermativa, e la circostanza del possesso di armi sarebbe ulteriormente confermata dall’esortazione che nel contesto della conversazione del 1.2.2007 sempre G.G. rivolge al figlio di recarsi da S.C. e di consigliarlo di sparare due colpi alle gambe di "quello" dal quale C. era stato in una circostanza, in certo qual modo, offeso;

d) nel colloquio, presso il carcere di Secondigliano del 23.4.2008 tra G.G., la sorella M.A., il nipote S.C., ed il figlio G.A., il primo da incarico al nipote ed al figlio di contattare suo fratello D., perchè questi avrebbe dovuto far recapitare a V.G., affiliato alla cosca Mole, un messaggio proveniente da Mo.Gi., (detto (OMISSIS)), entrambi questi ultimi detenuti, ed affilati a ‘ndrine operanti nella provincia reggina, nel senso di non reagire nei confronti della cosca Piromalli, responsabile della uccisione, di Mo.Ro., fratello di Gi.. L’esecuzione dell’incarico, nel contesto dello stesso colloquio, era caldeggiata da G. M.A., la quale poi invitava i due uomini, figlio e nipote, di recarsi a Brescia, dove in libertà vigilata si trovava lo zio, G.C., che, in seguito all’arresto del fratello R., avrebbe svolto un ruolo apicale nell’ambito della consorteria mafiosa, per ricevere da lui direttive. e) Da una serie di intercettazioni ambientali (del 2.5.2008 presso la casa circondariale di Palmi e del 7.5.2008 presso la casa circondariale di Secondigliano, i giudici di merito traevano elementi per il reato di tentata estorsione in danno di m.p., presso cui S.C. e G.A. si recavano per acquistare uno o due camion, previa autorizzazione a perpetrare l’estorsione di G.G. e G.M.A.. Ed effettivamente i due si recavano dal m. fra il (OMISSIS), che – si rilevava da intercettazioni ambientali – avrebbe accampato scuse per non consegnare il camion che avrebbe ricevuto in conto vendita.

Per la considerazione del periculum libertatis, i giudici di merito segnalano, con riferimento al reato di associazione a delinquere di tipo mafioso come contestato, la presunzione di pericolosità, imposta dall’art. 275 c.p., comma 3, e l’insussistenza di elementi da cui far derivare il giudizio di non collegamento attuale con soggetti in libertà della associazione stessa.

-3- Combinando i motivi di ricorso personalmente presentati dai due imputati con quelli depositati dal comune difensore, gli stessi possono riassumersi nel modo seguente:

a) con riferimento alla contestazione ex art. 416 bis c.p.p., i motivi di ricorso, che richiamano l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), sono comuni ai due imputati e sovrapponibili le ragioni esposte nei ricorsi redatti di persona e tramite difensore, le seguenti: i segni labiali, fonetici risultanti alle intercettazioni non sarebbero chiari, espliciti tanto che la loro decodificazione si presta a valutazioni alternative per nulla considerate dai giudici di merito.

Così con riferimento al colloquio del 14.12.2006 tra G. G. e la sorella M.A., nel cui contesto il primo comunica alla sorella la propria strategia difensiva nel procedimento di revisione della condanna subito per il triplice omicidio dei fratelli Me. e la secondo si offre di ospitare il figlio di G., A., a (OMISSIS), il contenuto è del tutto neutro rispetto ad una perciò stesso indebita valutazione giudiziale di consapevole partecipazione alle attività della ‘ndrina del fratello.

Anzi quell’invito della sorella ad ospitare nella sua casa il nipote era dovuto al fatto che G.G. intendeva allontanare il figlio che si era invaghito della figlia di D.C., ucciso a (OMISSIS), per sottrarlo ad eventuali ritorsioni e vendette conseguenti all’omicidio.

Con riferimento al colloquio del 23.4.2008, tra G.G., G.M.A., S.C. e G.A., gli spezzoni di parole sono difficilmente decifrabili, generici, privi di significati specifici e chiari; comunque l’incarico di portare un messaggio di pace dovrebbe assumere un valore opposto a quello ipotizzato di appartenenza alla ‘ndrina. Comunque dal colloquio del 2.5.2008, video registrato,tra i cugini S. – G. e G.R. si trae che nessuno riferisce a quest’ultimo il messaggio del fratello.

Ancora quanto riferito nel colloquio del 23.4.2008, nel senso dell’invito di G.M.A. al figlio ed al nipote di recarsi dallo zio a Brescia, è affidato a segni semantici incompleti, comunque inidonei, in mancanza della indicazione di regole inferenziali, a eziologicamente collegarli ad una affidabile valutazione di partecipazione all’associazione criminale.

Con riferimento alla intercettazione del 22.2.2007, il suo contenuto sarebbe contraddetto da altra intercettazione (richiamata a pg. 451 dell’ordinanza cautelare) intercorrente tra G.G. e la moglie Su.Ma.Ca., dalla quale con particolare chiarezza si evincerebbe che i proventi delle attività illecite si dividevano in cinque, non in sei, rimanendo esclusa dalla ripartizione proprio l’indagata; la conferma si ricaverebbe altresì da altra intercettazione (pg. 411 dell’ordinanza cautelare) tra tali ma. e B. che avrebbero consegnato a G.T. la somma di Euro 5.000, ripartita poi equamente in cinque, tra fratelli e sorella.

I giudici di merito poi non avevano affatto valutato che G. M.A. da molti anni si era trasferita a Sanremo proprio per sottrarre sè ed i suoi familiari all’ambiente malavitoso di Palmi, Rosarno e dintorni. b) Con riferimento alla detenzione di armi da sparo, contestata a S.C., la difesa rileva che i due colloqui datati 21.12.2006 e 1.2.2007 si svolgono tra persone diverse dal predetto S., equivoche e comunque la loro indicazione giudiziale non si accompagna alla esplicitazione dei criteri di ragione dai quali inferire il possesso di armi da parte dell’imputato. c) Con riferimento ai fini al delitto i estorsione aggravata ai danni di m.p., si deduce che dal colloquio del 2.5.2008 presso la casa circondariale di Palmi tra G.A., lo zio R. e S.C. non è possibile trarre elementi significativi, ma solo illazioni disancorate da ogni supporto motivazionale. Dal colloquio si rilevano affermazioni generiche e prive di significato univoco, per nulla poi riscontrate dalle dichiarazioni rese al difensore dalla persona offesa, di segno tutto contrarie, e nel senso che lo S. non aveva accompagnato dal m. il cugino A..

Con memoria del 24-1-2010 il difensore degli imputati illustrava con ulteriori osservazioni i motivi di ricorso, in particolare richiamando copiosa giurisprudenza di questa Corte sugli elementi costitutivi della condotta associativa, che deve tradursi sempre in un effettivo contributo in funzione del mantenimento in vita della struttura, e che non può esaurirsi in una mera manifestazione di volontà del singolo di aderire alla associazione che si sia già formata. Ai ricorrenti non verrebbe però addebitato alcun ruolo concreto e strumentale al raggiungimento dello scopo associativi.

-4- I ricorsi non sono fondati, nella misura in cui svolgono il tentativo di sovrapporre, nella analisi delle conversazioni intercettate, significati diversi e contrapposti a quelli tratti, nello specifico contesto qualificato dallo spessore criminale dell’interlocutore, dai giudici del riesame. Invero, solo se isolate e scardinate dal contesto processuale, alle conversazioni considerate dai giudici di merito potrebbe attribuirsi un significato neutro, non certo se collegate, quelle dichiarazioni, alla caratura delinquenziale di G.G., inserito a pieno titolo ed in posizione apicale nelle ‘ndrine operanti nel territorio calabrese. E’ noto poi che in materia di intercettazioni telefoniche e/o ambientali che siano l’interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, e si sottrae al sindacato di legittimità se tale valutazione è motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza (v, per tutte, Sez. 6, 11.12/11.4.2008, Sitzia ed a., Rv. 239636; Sez. 6, 10.6/4.10. 2005, Patti, Rv. 232576).

Ora non vale contestare la ripartizione dei proventi dell’attività illecita del clan Gallico in sei parti, compresa l’imputata G. M.A., a fronte del tenore del colloquio tra G. G. e G.A. registrato il 22.2.2007, nel quale il secondo riferisce al primo che lo zio R. protestava, a fronte di dissapori familiari, di avere sempre diviso i proventi delle attività criminali in sei, quanti sono i fratelli e sorelle G., compresa M.A., e non in cinque. Dedurre che in altre conversazioni intercettate si parla di una ripartizione in cinque quote non rileva nella misura in cui, da un lato, non viene precisato che il riferimento concerne singole operazioni spartitone, dall’altro non vien prospettata la possibilità di una volontaria, magari indebita sottrazione di una quota in deroga ad un patto criminale precostituito. Evenienze che non valgono certo ad infirmare sul piano della probabilità, e non della certezza processuale da perseguire in altri successivi contesti processuali, la contestazione.

Ma significativo, tanto da rivelarsi assorbente di ogni altro pur possibile rilievo, appare il colloquio del 23.4.2008 che vede coinvolti, insieme a G.G. i due imputati, G. M.A. e S.C., incaricato quest’ ultimo, con significativa manifestazione di sostegno della madre, M. A. per l’appunto, di contattare familiari, in posizione apicale nella ‘ndrina Gallico, perchè si rendessero latori di un messaggio a Mo.Gi., detto (OMISSIS), e relativo alle strategie mafiose nei rapporti con altra cosca di spicco nel contesto territoriale, quella di Piromalli.

Sul versante allora degli indizi in merito alla responsabilità sul versante cautelare dei due ricorrenti i giudici di merito hanno congruamente valorizzato circostanze che relegano le loro posizioni in seno alla cosca Gallico non certo in posizioni defilate e passive, ma in attività strumentali e concrete ai fini del raggiungimento e del consolidamento delle finalità associative.

E così sul piano del valore della probabilità non hanno pregio le censure che mirano a depotenziare la forza indiziante dei colloqui costitutivi degli indizi gravi a carico di S.C. con riferimento ai delitti relativi alla detenzione e porto di armi ed alle minacce estorsive ai danni di m.p.: ribattere che sì nei colloqui sopra menzionati si parla di armi, senza precisarne la tipologia o la funzionalità, da un lato, e replicare alle in equivoche espressioni di G.G. rivolto al figlio A. – "comunque N. .. se lo vuoi il camion vai e te lo prendi, che non ci sono problemi" -, accompagnando la frase con un eloquente gesto per fargli capire che non deve pagare, protestando il significato neutro della frase, ed ancora ribattere, a fronte delle conversazioni da cui risultava che l’imputato S.C. si era recato dal concessionario che aveva accampato scuse per non consegnare il camion, che il m., interrogato in sede di indagini difensive, aveva reso dichiarazioni favorevoli all’imputato, significa porsi fuori dagli steccati propri delimitanti lo spazio operativo del presente giudizio. Questi è caratterizzato per l’imposizione di due direttive: svolgere giudizi critici sul piano della probabilità e della verosimiglianza delle ipotesi accusatorie,e non certo sul piano della certezza processuale, da un lato, non contrapporre, poste determinate circostanze, valutazioni sul piano della congruità a quelle parimenti logiche e congrue giudiziali, per nulla censurate di manifesta illogicità. Ad avviso del collegio le due direttive sono state del tutto neglette dai motivi di ricorso. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.
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