Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-02-2011) 16-03-2011, n. 11023 Trattamento penitenziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale di sorveglianza di Roma accoglieva il reclamo presentato da B.P. contro il provvedimento di applicazione delle regole dell’art. 41 bis O.P. e ripristinava le regole di trattamento ordinario. Osservava che il soggetto aveva subito due condanne, già scontate, per partecipazione ad associazione mafiosa nel 1994 e nel 2003 e che attualmente era in carcere per una condanna in primo grado inerente lo stesso reato. Rilevava che dalla lettura delle sentenze era emerso che B. non aveva alcun ruolo preminente o di vertice e che si trattava di un mero affiliato con compiti esecutivi, che, invece che svolgere compiti di collegamento tra le cosche di due zone diverse, era mero nuncius di comunicazioni altrui e che quindi la pericolosità poggiava solo sull’attualità dell’esistenza della struttura mafiosa senza che però egli potesse all’interno svolgervi un ruolo di rilievo.

Avverso la decisione presentavano ricorso il P.G e il P.M. presso la DNA deducendo erronea valutazione dei fatti posti alla base della misura e violazione di legge, avendo il tribunale sottoposto a riesame nel merito i presupposti di applicazione della misura, insindacabili in sede di proroga, mentre non aveva compiuto alcuna verifica sulla persistenza del concreto pericolo di collegamento con l’esterno.

La Corte ritiene che il ricorso debba essere accolto e l’ordinanza annullata con rinvio per nuovo esame. L’ordinanza ha preso in esame nuovamente la sussistenza dei presupposti per sottoporre il detenuto al regime differenziato, dove invece in sede di proroga doveva valutare se persistevano o meno i collegamento del detenuto con la consorteria esterna, tuttora operante, posto che comunque aveva subito in passato due condanne per partecipazione ad associazione a delinquere di stampo mafioso ed era ancora detenuto per altro reato dello stesso genere, in relazione al quale era stato condannato a 12 anni di reclusione. Indipendentemente quindi dal ruolo rivestito all’interno dell’associazione, di mero affiliato e non di capo, ciò che doveva essere indagata era la sua capacità a favorire l’associazione veicolando comunicazioni e contatti con l’esterno, visto che l’art. 41 bis non prevede che solo chi rivesta ruoli apicali possa essere ammesso al regime particolare di trattamento; il ruolo apicale è solo uno degli indici sintomatici di una pericolosità che può essere desunta da ben altri elementi.
P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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