Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-02-2011) 16-03-2011, n. 11016

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza del 7 giugno 2010 il Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di giudice del riesame, confermava quella resa dal G.I.P. dello stesso Tribunale il precedente 21 maggio che aveva disposto la misura cautelare in carcere a carico di R.F., giacchè gravemente indiziato del reato di cui all’art. 416 bis c.p. ed in particolare di essere partecipe dell’associazione mafiosa denominata "ndrina Pesce", operante nell’area di Rosarno, nel cui ambito l’indagato avrebbe contribuito al suo finanziamento attraverso il delitto di riciclaggio, stabilmente ricevendo assegni bancari provento di attività estorsiva, depositati su cc/cc relativi alla sua attività commerciale di gestore di una pompa di benzina, in tal modo nascondendone la provenienza delittuosa.

A sostegno della decisione il Tribunale, richiamando l’ordinanza di custodia cautelare impugnata, premetteva un’ampia ed argomentata ricostruzione delle vicende malavitose della c.d. cosca Pesce, al fine di dimostrarne – attraverso il riferimento a ripetuti atti giudiziari, a vicende malavitose particolarmente significative (gli omicidi di S.D. ed A.D.) a collaborazioni assunte come di notevole rilevanza investigativa (quelle del pentito M.S. e, soprattutto, quella di F.R., a lungo convivente con la famiglia Pesce) ad intercettazioni telefoniche ed ambientali – l’attuale operatività, con una struttura di comando al cui vertice si porrebbe P.A. (cl. (OMISSIS)) – nipote del capostipite P.G. (cl. (OMISSIS)) – oggi detenuto dopo un decennio di latitanza per gravissime imputazioni associative ed omicidiarie, direttamente collaborato dal figlio Fr. e dai fratelli Gi. e Vi..

A carico di R.F. il tribunale articolava il quadro indiziario a sostegno delle accuse in premessa sintetizzate richiamando:

A) – una serie di intercettazioni ambientali di colloqui in carcere tra P.F., figlio di P.A., detenuto per sequestro di persona ed altro, ed suoi familiari, tra i quali, in particolare, il fratello P.G.;

– segnatamente il colloquio del 23.12.2008, nel corso del quale, secondo l’accusa, P.F. indica al fratello P. G. come condurre l’attività di riciclaggio degli assegni provento di estorsioni, avvalendosi di vari soggetti, tra i quali una persona chiamata il " pu." (poi identificato nell’indagato);

– nel colloquio infatti si parlerebbe di assegni da consegnare al " pu." e ad altri man mano che venivano a scadenza;

– ancora nel colloquio P.F. parla di un assegno di "cinque e quattro" che lui stesso ha consegnato al " pu.";

– tale consegna smentisce la tesi difensiva del " pu." soggetto estorto ed avvalora l’impegno del " pu." a "cambiare" l’assegno "evidentemente provento di attività estorsive";

B) – il colloquio tra i predetti fratelli del 13.3.2009, nel quale, secondo l’accusa, la domanda di P.F. se il " pu." avesse o meno sbrigato alcune cose, seguita dal riferimento a diverse cifre, "consente di ritenere" che anche in questo caso si discetterebbe di titoli riciclati;

C) – i colloqui del 30.1.2009, del 17.2.2009 e del 20.3.2009, richiamati genericamente dal tribunale ed indicati come significativi, al pari dei primi due, delle condotte di riciclaggio consumate dall’indagato;

D) la prova certa che il " pu." di cui si parla nei citati colloqui va identificato nell’indagato, perchè tale notoriamente il suo soprannome, perchè imparentato il R. con la famiglia Pesce, perchè non decisiva la circostanza addotta, e provata, dalla difesa che tale nomignolo è diffuso nella zona e viene affibbiato alle persone di bassa statura, perchè il R. viene indicato come " pu." nella conversazione telefonica intercorsa tra S. D. e C.F. il 9.6.2009, perchè lo stesso indagato ha ammesso in sede di interrogatorio di garanzia di essere chiamato, a volte e per scherzo, " pu." a causa della sua bassa statura;

E) l’iniziativa di P.F. assunta in occasione di un controllo fiscale presso la pizzeria della fidanzata, St.

M., di contattare, attraverso il fratello, il " pu." perchè intervenisse presso suoi amici della G.d.F. al fine di ottenere una attenuazione di tali controlli, vicenda questa che proverebbe il rapporto fiduciario tra la famiglia Pesce e l’indagato.

Quanto alle esigenze cautelari il tribunale richiamava la disciplina di rigore di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, evidenziando la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del R. in ordine al reato associativo, la permanenza e l’attualità della pericolosità sociale riferibile all’associazione ed a tutti i suoi aderenti, tra i quali l’indagato.

Con riferimento, infine, al sequestro preventivo dei beni del R. di cui all’atto impugnato, osserva il tribunale che il fumus del reato associativo è quello innanzi indicato a sostengo della misura cautelare personale e che i beni in parola sono sicuramente riferibili all’impiego di risorse illecite della cosca Pesce.

In particolare la stazione di distribuzione di carburanti per autotrazione era utilizzata per il riciclaggio degli assegni che i P. consegnavano al R., di guisa che detto distributore di benzina, con le sue componenti, è suscettibile di confisca all’esito del giudizio di merito ai sensi dell’art. 240 c.p., comma 2 e art. 416 bis c.p..

2. Ricorre al giudice di legittimità per l’annullamento dell’impugnata ordinanza il R., assistito dal suo difensore di fiducia, illustrando quattro motivi di impugnazione.

2.1 Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente violazione, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), degli artt. 273, 274 e 275 c.p.p., al riguardo, in particolare, osservando che:

– le intercettazioni ambientali sono state formalmente riprese dal tribunale, che le ha indicate come fonti di prova senza nulla dedurre, però, in ordine alla loro valenza indiziante;

– il significato acriticamente dato dal Tribunale alle citate intercettazioni ambientali (cinque in tutto) e cioè quello della partecipazione del R. alla cosca della famiglia Pesce attraverso il riciclaggio di assegni frutto di attività estorsive del clan, è di natura assertiva e non riscontrato;

– nessuna contestazione di riciclaggio risulta mossa all’indagato;

– anche l’identificazione del R. attraverso il nomignolo di " Pu." appare debolmente sostenuta in costanza del diffuso (e comprovato in quanto tale) utilizzo di esso;

– il nome di R.F. non compare in nessuna delle conversazioni intercettate;

– le intercettazioni richiamate dal tribunale non consentono di acquisire elementi indiziari certi ed univoci;

– il " Pu." in esse evocato certamente non è gestore di un impianto di distribuzione di carburante, se è vero, come è vero, che nella conversazione del 23.12.2008 P.F. dice di dare qualcosa al padre di quello della colonnina;

– il padre dell’indagato è morto, come da prova documentale, nel 1996;

– nella stessa conversazione quello della colonnina viene chiamato Tu. e non F.;

– per Ra.Ro., fratello del ricorrente, anch’egli indagato, la richiesta di misura cautelare è stata rigettata;

– le allegazioni difensive smentiscono la tesi della parentela tra indagato e famiglia Pesce;

– anche la motivazione a sostegno della permanenza di esigenze cautelari non appare coerente con i fatti di causa, ed in particolare con il sequestro dell’impianto, che sarebbe stato utilizzato per le condotte di riciclaggio, sequestro che renderebbe impossibile qualsiasi attività dell’indagato in favore della cosca Pesce.

2.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente difetto di motivazione e violazione di legge in relazione all’art. 416 bis c.p., sul rilievo che:

– la condotta partecipativa richiesta dall’art. 416 bis c.p. è caratterizzata dalla compenetrazione nel tessuto organizzativo del soggetto accusato, mentre nello specifico P.F. deve indicare al fratello a chi rivolgersi per incassare gli assegni, condotta distonica con la partecipazione attiva e continua al sodalizio criminale, evidentemente non nota neppure ad uno dei capi;

– la condotta imputata al R. di per sè non appare riferibile alla tipizzazione dell’art. 416 bis c.p.;

– le captazioni, per numero e contenuto, costituiscono sviliti esiti indiziarii, se assunti di per sè, al fine di sostenere un’accusa tanto grave;

– il ruolo del R. è rimasto privo di contestazione specifica del reato fine, giacchè mai contestatogli il reato di riciclaggio;

– non spiega l’ordinanza impugnata perchè la supposta attività di riciclaggio dovrebbe essere intesa come attività di finanziamento della consorteria mafiosa e non già come espressione di un rapporto interpersonale;

– nulla prova i rapporti del R. con altri componenti del clan Pesce e la sua partecipazione all’associazione di stampo mafioso.

2.3 Con il terzo motivo di ricorso denuncia la difesa ricorrente, in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e) violazione dell’art. 416 bis c.p. e art. 321 c.p.p., sul punto osservando che:

– il R. ha ereditato il distributore di benzina sottoposto a sequestro preventivo, attivo dal 1980, alla morte del padre, avvenuta nel 1996;

– il tribunale non ha motivato nè in ordine alla sussistenza del fumus, nè in ordine alla riconducibilità dei beni sequestrati al profitto di una attività delittuosa di stampo mafioso;

– non è provato che i beni sequestrati provengano da una attività delittuosa e che siano strumenti di questa.

2.4 Col quarto ed ultimo motivo di doglianza lamenta la difesa ricorrente violazione delle norme processuali di cui agli artt. 267, 268 e 271 c.p.p., in particolare osservando che:

– il decreto di intercettazione n. 202/08 R.I.T. del 22.12.2008 è illegittimo in riferimento alle asserite insufficienze ed inidoneità degli impianti di procura, ed in riferimento alla motivazione addotta, di guisa che i relativi esiti captativi devono ritenersi inutilizzabili;

– il P.M. non ha infatti chiarito le ragioni concrete dell’insufficienza e della inidoneità;

– la motivazione fa specifico riferimento alla presupposta insussistenza di una connessione che consenta la remotizzazione delle conversazioni captate;

– il decreto in parola non ha chiarito se le intercettazioni presso la sala colloqui della casa circondariale di Palmi siano pervenute per la registrazione agli impianti della Procura;

– anche la visione diretta da postazione occulta all’interno della struttura penitenziaria non è stata sufficientemente motivata dal P.M.;

– anche il decreto di autorizzazione del GIP è immotivato nei profili già innanzi indicati in relazione al provvedimento del P.M., al quale il giudice ha fatto acritico, e per questo illegittimo, riferimento.

2.5 La difesa ricorrente ha inoltre depositato note difensive ad ulteriore illustrazione della proprie ragioni e nel corso dell’udienza camerale celebratasi davanti a questa Corte ha altresì evidenziato che il sequestro preventivo come innanzi impugnato è stato revocato e che, per questo, si rinunciava alle conclusioni rassegnate sul punto con l’impugnazione in esame.

3 La doglianza è infondata.

Il ricorrente sottopone al vaglio di legittimità una ricostruzione diversa da quella accreditata dal Tribunale sulla scorta di un logico argomentare, in cui il giudice territoriale si fa carico della pluralità delle intercettazioni intervenute tra esponenti del clan Pesce, spiegando, ragionevolmente, perchè le stesse siano particolarmente significative.

Al riguardo il giudice a quo valorizza il richiamo insistito in esse al " Pu.", con coerente deduzione identificato in termini di apprezzabile verosimiglianza nell’indagato ricorrente, ed il tenore dei colloqui detti, motivatamente riferiti alle necessità del riciclaggio di somme estorte, alle modalità per eseguirlo ed al ruolo in questo rivestito dal R. attraverso la gestione di una stazione di carburanti per autotrazione.

Non c’è negli esposti profili alcun vizio motivazionale, tenuto altresì conto della fase processuale in atto, contraddistinta dalla necessità di una probatio minor destinata a più apprezzabile conferma probatoria col naturale dipanarsi della vicenda processuale.

Altresì corretta si appalesa la motivazione illustrata dal tribunale in ordine alla ricorrenza nella fattispecie del reato contestato, giacchè palese l’inserimento saldo dell’indagato – ancorchè nei limiti appena detti, proprii della fase processuale in atto e fatte salve le pur necessarie, ulteriori, acquisizioni probatorie in ordine al reato di riciclaggio consumato attraverso la gestione del distributore di carburanti – nell’associazione mafiosa della famiglia Pesce, con un ruolo ben definito, di estrema rilevanza per la vita del sodalizio criminale.

Non può infine trovare ingresso la doglianza relativa ai decreti intercettivi, sia perchè non adeguatamente dimostrata la riferibilità dei colloqui utilizzati nella motivazione impugnata ai decreti censurati, ed attraverso di essa la decisività dell’eccezione, sia perchè infondata nel merito la censura medesima.

Il decreto di intercettazione dedotto nel ricorso porta infatti una sintetica ma congrua ed esaustiva motivazione, come peraltro implicitamente ammesso dalla stessa difesa ricorrente, che si lamenta, infatti, della non precisata modalità di scarico delle registrazioni, omissione viceversa superata dalle esplicitate motivazioni, da ritenersi sufficienti ai sensi di legge.

Anche in ordine alle esigenze cautelari non può convenirsi con le ragioni dell’impugnazione, dappoichè vertesi in ipotesi in cui è applicabile la disciplina di rigore di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, e perchè adeguatamente motivata la sussistenza di apprezzabili esigenze cautelari.

4. Il ricorso va, conclusivamente, rigettato ed al rigetto consegue, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

DISPONE trasmettersi a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *