Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-01-2011) 16-03-2011, n. 10999 Armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

r. Volpe Giuseppe che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 27/9/10 il Tribunale di Napoli, in accoglimento dell’appello del Pm presso il Tribunale di Torre Annunziata avverso l’ordinanza 19/6/10 del Gip di quel Tribunale (che rigettava la richiesta misura per insussistenza di esigenze cautelari), disponeva l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di D.C.V. per i reati in materia di armi (accertati in (OMISSIS)), esclusa l’aggravante L. n. 203 del 1991, ex art. 7, di cui all’art. 81 c.p., comma 2, L. n. 497 del 1974, artt. 10, 12 e 14 e L. n. 110 del 1975, art. 23 e art. 648 c.p..

Il D.C. era tratto in arresto perchè trovato in possesso di una pistola con matricola abrasa marca Haerstal cal. 9 P21 con caricatore con 15 colpi (di cui quattro con ogiva modificata a punta piatta).

Il Gip riteneva i gravi indizi di colpevolezza, pur escludendo l’aggravante mafiosa (il clan Ascione-Papale di Torre del Greco), ma non riteneva la sussistenza di esigenze cautelari e ciò sia per l’incensuratezza del D.C. sia per le modalità del fatto, non tali da fondare un giudizio di probabile reiterazione della condotta. Il Tribunale condivideva la valutazione sui gravi indizi di colpevolezza, compresa l’esclusione dell’aggravante mafiosa (in quanto basata sulle propalazioni di tal F.S., collaboratore di giustizia, non riscontrate dalle conversazioni, per nulla chiare e comprensibili, intercettate in carcere tra il D. C. e il padre detenuto in ordine a condotte di terze persone di elusione dei controlli delle forze dell’ordine con distruzione di auto e getto di pistole), ma riteneva che le stesse modalità della condotta delittuosa accertata a carico del D.C. fossero tali da giustificare la più grave misura cautelare: l’indagato, infatti, portava con sè in luogo pubblico (in un territorio ad alta densità camorristica come Torre del Greco), nella cinta dei pantaloni (quindi pronta all’offesa), una pistola con matricola abrasa e quindi di provenienza delittuosa (come d’uso negli ambienti malavitosi), caricata (circostanza ulteriormente allarmante), con ben 15 colpi di cui alcuni modificati.

Di qui (sia che l’arma fosse detenuta in proprio che per conto terzi) l’elevato spessore criminale (nonostante l’incensuratezza) del soggetto (che affermava di aver trovato l’arma in una barca) e il provvedimento che ne disponeva la custodia in carcere.

Ricorreva per cassazione la difesa del D.C., deducendo inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e corrispondente vizio di motivazione in ordine ai criteri di scelta delle misure ( art. 275 c.p.p.): il Tribunale, a fronte del ritenuto pericolo di reiterazione delle condotte di reato, aveva omesso ogni motivazione in ordine alla scelta della più grave delle misure cautelari, legislativamente prevista solo quando ogni altra risulti inadeguata. E ciò nonostante l’incensuratezza e la giovane età dell’indagato (19 enne all’epoca del fatto), l’immediata ammissione dell’addebito e l’inesistenza di comprovati legami con la criminalità organizzata. All’udienza camerale di discussione il PG chiedeva il rigetto del ricorso.

Il ricorso, manifestamente infondato, è inammissibile.

Dalla motivazione dell’ordinanza impugnata emerge chiaramente la ragione per cui il Tribunale ha disposto la cautela (dal ricorrente definita estrema) della custodia in carcere. Se pure non vi erano indizi sufficienti a contestare l’aggravante maliosa, il Tribunale ha perspicuamente osservato che sia che il D.C. fosse l’autonomo detentore dell’arma sia che ne fosse il detentore per conto terzi, nell’uno e nell’altro caso la circostanza denoterebbe una personalità di elevato spessore criminale: nel primo caso per la personale capacità economica e il diretto inserimento sul mercato delle armi clandestine, nel secondo per il conseguente ruolo rivestito di fiduciario di ambienti malavitosi. Considerati anche gli elementi specificamente segnalati nel ricorso come in favore dell’indagato (l’incensuratezza e, connessa, la giovane età), che implicitamente cedono di fronte a quelli già valutati a sfavore dal tribunale in appello (tra cui la stessa ammissione dei fatti, peraltro evidenti, comunque inquinata dalla giustificazione fornita dell’aver trovato l’arma per caso, di per sè indicativa di improntitudine o di intenzionale copertura di altrui responsabilità). Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del processo e di una congrua sanzione pecuniaria. Trattandosi di atto che dispone misura cautelare va provveduto ai sensi dell’art. 92 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.

Visto l’art. 606 c.p.p., comma 3 e art. 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di 1.000 Euro alla Cassa delle ammende.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al competente Tribunale Distrettuale del riesame di Napoli perchè provveda a quanto stabilito nell’art. 92 disp. att. c.p.p..

Manda alla Cancelleria per gli immediati adempimenti a mezzo fax.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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