Cass. civ. Sez. III, Sent., 26-05-2011, n. 11591 Atto d’appello

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Svolgimento del processo

Con sentenza dell’11/12/2007 la Corte d’Appello di Roma dichiarava improcedibile il gravame interposto dal sig. G.D. nei confronti della pronunzia Trib. Roma 5/472004 di condanna al pagamento di Euro 929,62, oltre ad accessori, in favore della sig. M.V. in relazione a rapporto di locazione di immobile sito in (OMISSIS).

Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello il G. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 5 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la M., che ha presentato anche memoria.
Motivi della decisione

Con il 1^ motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 165, 347, 348, 434 e 447 bis c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che il giudice dell’appello abbia erroneamente ritenuto tardivo l’appello, laddove esso è stato depositato il 22/5/2006, in quanto in tale data "iscritto a ruolo, corredato degli atti ivi elencati, come risulta dalla certificazione del cancelliere apposta sull’indice vidimato (cfr. sulla copertina interna del fascicolo di parte appellante)", e pertanto in termini, non dovendo aversi al riguardo rilievo al successivo deposito in cancelleria dell’"originale notificato", giacchè "la costituzione è una sola, e coincide con la iscrizione a ruolo della causa", a fortiori nel giudizio speciale ex art. 447 bis c.p.c., ove "la iscrizione a ruolo e la costituzione del ricorrente avvengono ritualmente con il deposito di un atto non notificato a chicchessia", essendo pertanto "improprio parlare di velina o di copia".

Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.

Va anzitutto posto in rilievo come risponda a principio consolidato in giurisprudenza di legittimità che, nelle controversie cui è applicabile il rito del lavoro o il rito locatizio (art. 447 bis c.p.c.), ai fini della tempestività dell’appello erroneamente proposto con citazione anzichè con ricorso assume rilievo (solo) la data del deposito in Cancelleria, considerandosi in tal modo esso perfezionato, con conseguente impedimento di ogni decadenza dall’impugnazione, alla stregua del principio di conservazione degli atti processuali, anche in relazione al termine c.d. lungo ex art. 327 c.p.c. (cfr. Cass., 22/4/2010, n. 9530).

Questa Corte ha avuto altresì più volte modo di affermare, e anche recentemente di ribadire, che il deposito in Cancelleria, in luogo dell’originale, di copia – ancorchè informale – dell’atto è invero idoneo a soddisfare la finalità presupposta dalla norma di radicare il procedimento di impugnazione, e di consentire al giudice di procedere alla preliminare verifica in ordine alla ricorrenza della relative condizioni di ammissibilità e procedibilità e alla costituzione del contraddittorio, costituendo al più mera irregolarità rispetto alla modalità stabilita dalla legge non arrecante alcuna lesione sostanziale ai diritti della controparte, sicchè non può derivarne l’improcedibilità del gravame, non essendo riconducibile ad alcuna delle ipotesi di mancata tempestiva costituzione dell’appellante (cfr. Cass., 17/11/2010, n. 23192;

Cass., 29/7/2011, n. 17666; Cass., 13/8/2004, n. 15777).

A fortiori quando l’originale venga comunque depositato, seppure dopo la scadenza del termine prescritto (cfr. Cass., 9/12/2004, n. 23027), e non vi siano dubbi sulla conformità della copia all’originale (cfr. Cass., 26/6/2008, n. 17354).

Risulta a tale stregua superato il più risalente orientamento contrario (cfr., con particolare riferimento alla "velina", Cass., 1/6/2000, n. 7263).

Orbene, nel ritenere improcedibile l’appello proposto con citazione in quanto depositato in originale in data l/6/2006, successivamente al decorso del termine ex art. 327 c.p.c., negando valore al deposito del medesimo anteriore allo spirare di tale termine effettuato in "velina", senza fare invero riferimento ad alcun tipo di violazione dei diritti della controparte nè a qualsivoglia dubbio sulla conformità di tale copia all’originale, la corte di merito ha invero violato il suindicato principio.

Nè rilievo alcuno in contrario può invero riconoscersi alla circostanza che la velina non risultava nel caso "notificata" alla controparte, atteso che ai fini della realizzazione del contatto con il giudice e del perfezionamento dell’impugnazione in caso di appello come nella specie erroneamente introdotto con la forma della citazione anzichè del ricorso deve riconoscersi invero rilievo, (anche) ai fini del rispetto del termine ex art. 327 c.p.c., al momento di deposito dell’atto di gravame nella Cancelleria del giudice, quand’anche trattisi di velina (cfr. Cass., 22/4/2010, n. 9350).

L’accoglimento del motivo nei suesposti termini comporta, assorbiti gli altri, la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma perchè, in diversa composizione, proceda a nuovo esame, facendo applicazione del seguente principio ai diritto: "Nelle controversie soggette al rito locatizio, l’appello va proposto con il deposito in cancelleria del ricorso nei termini perentori fissati dalla legge, ma tale requisito può dirsi validamente soddisfatto anche con il deposito di un atto di citazione, rimanendo di per sè irrilevante la notificazione previamente effettuata all’appellato. Ai fini della tempestività del gravame deve farsi in tal caso riferimento al momento dell’avvenuto deposito in cancelleria dell’atto di impugnazione, ancorchè effettuato in velina per l’iscrizione della causa a ruolo, che non sollevi dubbi sulla conformità all’originale".

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte accoglie il 1 motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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