Tribunale di Torre Annunziata I civile del 1.12.2009 dep 9.12.2009 Procedimento cautelare, ante causam, foro convenzionale, procedura civile (2010-07-13)

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Il giudice dott. Pasquale Serrao d’Aquino,

letti gli atti;

sciogliendo la riserva;

OSSERVA

La difesa della società resistente ha eccepito l’incompetenza per territorio del Tribunale di Torre Annunziata per la deroga convenzionale al foro astrattamente competente.

Il contratto sottoscritto dalle parti (vi è stata rinuncia al disconoscimento della sottoscrizione da parte del ricorrente), contiene, infatti, una clausola di deroga convenzionale alla competenza per territorio in favore del Tribunale di Milano.

Secondo la costante opinione giurisprudenziale, perché si realizzi un’ipotesi di competenza siffatta, occorre che le parti abbiano in modo inequivocabile espresso la volontà non solo di derogare all’ordinaria competenza territoriale, ma altresì di escludere la concorrenza del foro designato con quelli previsti in via alternativa (Cassazione civile 27 marzo 1997 n. 2723, in Foro it. 1997, I, 3294. Tribunale di Torre Annunziata, Sezione Distaccata di Castellammare di Stabia del 7 marzo 2007; Tribunale di Novera Inferiore, I^ Sezione del 12 settembre 2007.)

La deroga convenzionale al principio del giudice naturale non deve lasciare spazio ad alcun dubbio sulla volontà delle parti di escludere la competenza del tribunale astrattamente competente. L’espressione contenuta nell’art. 14 delle condizioni generali di contratto “per qualunque controversia connessa con l’interpretazione o l’esecuzione del presente accordo il foro competente è soltanto quello di Milano” appare chiaramente dimostrativa della volontà di circoscrivere a tale sede qualunque controversia derivante da tale contratto.

La qualità di imprenditore di entrambe le parti porta ad escludere qualsiasi profilo di abusività della clausola di deroga alla competenza per territorio o di inammissibilità di deroghe al foro del consumatore.

Va valutata, quindi, esclusivamente l’ammissibilità della deroga ai criteri ordinari di competenza per territorio nel caso di domanda cautelare.

Si tratta di una questione non nuova, ma sulla quale sussiste un contrasto giurisprudenziale e dottrinale.

Le tesi formulate in proposito sono tre:

1)la competenza per territorio in materia cautelare è inderogabile ai sensi dell’art. 28 C.P.C., per cui il giudizio cautelare va disposto necessariamente presso il giudice astrattamente competente, senza tener conto della deroga convenzionale delle parti; il giudizio di merito va instaurato presso il giudice ove si è celebrata la fase cautelare;

2)l’’inderogabilità della competenza per territorio nel giudizio cautelare riguarda il collegamento con il giudice del giudizio di merito, per cui il cautelare ante causam va instaurato presso il giudice in concreto competente per territorio in base alla clausola contrattuale specifica;

3)nel caso di deroga convenzionale al criterio di competenza territoriale, l’art. 28 impone la celebrazione del cautelare presso il giudice astrattamente competente, ma il giudizio di merito va instaurato presso il giudice competente in concreto, scindendosi la competenza territoriale del primo, determinata in base ai criteri predeterminati ex lege, dalla competenza per il secondo, determinata, invece, dall’accordo convenzionale.

(I) La prima tesi e la terza tesi fanno leva sul disposto dell’art. 28 c.p.c. che recita: «la competenza per territorio può essere derogata per accordo delle parti, salvo che per le cause previste nei numeri 1, 2, 3 e 5 dell’art. 70, per i casi di esecuzione forzata, di opposizione alla stessa, di procedimenti cautelari e possessori, di procedimenti in camera di consiglio e per ogni altro caso in cui l’inderogabilità sia disposta espressamente dalla legge» (vi aderisce, ad esempio, Trib. Roma 8 marzo 1996, in Giur. merito, 1999, 784, oppure, di recente, Tribunale Napoli sez. IX del 20 giugno 2008, in Giur. merito, 2009, 5, 1258).

A tale orientamento viene riportata dalla dottrina favorevole a tale tesi anche la decisione della giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. I, 28 ottobre 1991, n. 11461 in http://dejure.giuffre.it, ed in Giur. it., 1992, I, 1, 698), la quale ha affermato che in tema di provvedimento d’urgenza ex art. 700, c.p.c., i criteri di determinazione della competenza territoriale vanno desunti sulla base della disciplina dettata per tale tipo di procedimento, e non di quelli riguardanti la causa di merito, cui il chiesto provvedimento è chiaramente strumentale (Cfr. Cass., sez. I, 28 ottobre 1991, in http://dejure.giuffre.it, ed in Giur. it., 1992, I, 1, 698, in realtà, come si indicherà in seguito tale riferimento non è pertinente).

Tale principio, invece, è stato chiaramente affermato, prima dell’introduzione delle norme sul rito cautelare uniforme da una altra sentenza della Corte di Cassazione, la quale sostenuto che il foro ex art. 701 C.P.C. (norma abrogata), affermando che “Per l’individuazione del giudice territorialmente competente ad emettere il provvedimento d’urgenza ex art. 700 cod. proc. civ., trattandosi di un’ipotesi di competenza per territorio inderogabile, non può farsi ricorso all’accordo delle parti, ne’ ad altro criterio che non sia quello del luogo in cui si svolge l’attività potenzialmente pregiudizievole sulla quale deve incidere il provvedimento: attività che sia, però, non meramente preparatoria, bensì oggettivamente idonea a realizzare il temuto danno” (Cfr. Cass., sez. I, 25 febbraio 1987, n. 1984, in Giust. civ., 1987, I, 1421, (Rv. 451282).

(II) La seconda tesi, come accennato, non disconosce il principio di inderogabilità affermato dall’art. 28 C.P.C., ma sostiene che l’inderogabilità non riguarda il giudice astrattamente competente per territorio, ma è insita nel collegamento tra giudice della cautela e giudice del merito. L’art. 28 c.p.c., riguarda, quindi, il solo «criterio di collegamento» esistente con il foro competente per la trattazione della controversia.

Questo orientamento trova conforto in diverse pronunce della Corte di Cassazione.<>; Sez. 3, Sentenza n. 185 del 13/01/1982 (Rv. 417877): “Poiché il giudice competente a provvedere sull’istanza di accertamento tecnico preventivo è lo stesso giudice che sarebbe competente per la causa di merito, ove questa sia attribuita in via convenzionale ad un determinato giudice, lo stesso giudice è competente con riguardo alla richiesta istruzione preventiva, senza che tale foro convenzionale possa ritenersi escluso a norma dell’art. 28 cod. proc. civ., trovando con esso applicazione lo specifico criterio di competenza territoriale consistente nella prevista coincidenza del foro della causa di merito”; ancora Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9290 del 30/08/1991 (Rv. 473710).

Tale orientamento è sostanzialmente seguito da alcuni giudici di merito, per i quali la deroga pattizia alla competenza territoriale sarebbe tale da influenzare anche l’individuazione del giudice del procedimento cautelare ante causam, in tal modo verificandosi un’attrazione di quest’ultima in capo al giudice al quale le parti hanno convenuto in via esclusiva l’attribuzione della relativa competenza territoriale (Trib. Lecco 4 dicembre 2000, in Giur.milanese, 2002, 159; Trib. Ferrara 21 ottobre 1997, in Giur. merito, 1999, 784; Trib. Palermo 13 febbraio 1995, in Giust.civ., 1996, I, 1487, Trib. Trieste 3 aprile 1993 (ord.), in Corr. giur., 1993, 603), nonché da parte della dottrina.

Questa seconda tesi viene aspramente criticata dai fautori della prima, con numerosi argomenti:

I) essa sarebbe del tutto elusiva del disposto dell’art. 28 C.P.C.;

II) essa consentirebbe il cd. forum shopping anche in relazione al giudizio cautelare ante causam;

III) se il legislatore, che ha introdotto il processo cautelare uniforme, avesse voluto dare prevalenza all’inscindibilità del collegamento territoriale tra cautelare e merito previsto dall’art. 669-ter c.p.c., avrebbe modificato l’art. 28 c.p.c., il cui persistente riferimento ai <> è indicativo della volontà di non consentire di derogare, per il cautelare, al criterio di competenza per territorio;

IV) in caso contrario, inoltre, sarebbe la clausola contrattuale a divenire inderogabile, e ciò in contrasto con l’art. 28 C.P.C. che prevede che le deroghe sono ammissibili solo nei soli casi previsti espressamente dalla legge (si veda Tribunale di Roma, 12 marzo 2001, in Giust. civ. 2002, I, 751, secondo cui “Il foro convenzionale ex art. 28 e 29 c.p.c non è inderogabile pur se pattuito come esclusivo e, pertanto, può essere derogato per ragioni di connessione oggettiva ex art. 33 c.p.c. pure con la proposizione di una richiesta di cautela "ante causam");

V) il principio dell’inderogabilità convenzionale della competenza (art. 6 c.p.c.) impone di considerare come eccezionali i casi di deroga della stessa per accordo delle parti;

VI) l’inderogabilità della competenza in caso di fase cautelare salvaguardia la parte contrattualmente più debole rispetto all’imposizione contrattuale della deroga alla competenza territoriale;

(VII) l’introduzione del principio della strumentalità attenuata per i procedimenti cautelari, non essendo più necessario il merito per la salvaguardia dell’efficacia dei procedimenti anticipatori, indebolirebbe le ragioni poste a fondamento dell’identità di giudice tra fase cautelare e giudizio di merito.

(VIII) Inoltre, secondo il Tribunale di Napoli, IX Civile <> ;

(IX) Con l’introduzione del principio della strumentalità attenuata realizzata dalla l. n. 80 del 2005, l’instaurazione del giudizio di merito diviene facoltativa per la parte vittoriosa, in quanto, anche in caso di una sua mancata proposizione, la relativa misura cautelare concessa dal giudice non perde la sua efficacia.

In senso contrario si è però sostenuto che:

I) l’art. 28 ha subìto uno "svuotamento precettivo", poiché, stabilendo la inderogabilità convenzionale della competenza per territorio nei procedimenti cautelari, ne presupponeva la determinazione legislativa in base a criteri autonomi rispetto a quelli fissati per il giudizio di merito;

II) la competenza del giudice cautelare è un posterius rispetto alla competenza del giudice del merito, in quanto viene ricavata da quest’ultima;

III) tale tesi evidenzia una notevole differenza di regime fra il procedimento cautelare ante causam e quello pendente lite. Nel primo caso la determinazione del giudice legittimato è affidata alla corretta interpretazione della complessa normativa delineata dagli artt. 7 ss., mentre nel secondo caso il criterio attributivo generale è semplicissimo: la mera pendenza della lite di merito. Da ciò discende che, per un’identica richiesta di tutela, lo stesso ufficio giudiziario può essere competente a pronunciarsi, oppure no, a seconda – non delle caratteristiche intrinseche della controversia, ma soltanto – del momento in cui la domanda cautelare è proposta. Questa diversità di disciplina potrebbe far deporre per un contrasto con il principio costituzionale della uguaglianza di trattamento (art. 3 cost.) fra procedimenti analogamente tesi a tutelare il pericolo nel ritardo dell’emanazione dei provvedimenti di merito, anche questa censura, è opportuno dirlo subito, non è in realtà meritevole di accoglimento.

IV) L (25) Cfr. Lapertosa, oa regola fondamentale in materia di competenza cautelare, enunciata dall’art. 669 ter (oltre che dall’art. 669 quater) c.p.c., è quella della corrispondenza fra giudice della cautela e giudice del merito. Si tratta, è vero, di una linea di tendenza, giacché vi sono diverse le situazioni in cui questa corrispondenza non viene realizzata (es. per i giudizi davanti al giudice di pace, per i giudizi per i quali il giudice italiano non ha giurisdizione – cfr. art. 669- quater, comma 2° ss. e art. 669- quinquies)).

A ben vedere altri argomenti militano a sostegno della tesi della derogabilità convenzionale, anche in fase cautelare del criterio territoriale.

Innanzitutto, è opportuno analizzare in quale quadro normativo si è prevista l’inderogabilità del criterio territoriale del giudizio cautelare ex art. 28 C.P.C.

I giudizi cautelari, oltre a prevedere il criterio di collegamento con il merito, prevedevano criteri autonomi per la fase cautelare. Prima dell’abrogazione degli artt. 672, 701 e 702, c.p.c., per le domande ex art. 700 C.P.C. era competente <> (art. 701), mentre per il sequestro ante causam era competente il pretore o presidente del tribunale competente a conoscere del merito, oppure i giudici competenti per valore del luogo ove il sequestro deve essere eseguito; instaurato il giudizio di merito, invece, era competente sempre il giudice della causa di merito già iniziata (artt. 672 e 673).

Orbene, secondo la Corte di Cassazione il richiamo dell’art. 701 C.P.C. alla competenza al pretore del luogo in cui l’istante teme che stia per verificarsi il fatto dannoso –era da intendersi come il <> (Sez. 1, Sentenza n. 11461 del 28/10/1991 (Rv. 474450). Solo in questi termini, quindi, tale sentenza aveva affermato che <>

L’art. 28, quindi, sanciva l’inderogabilità di criteri specificamente fissati per i giudizi cautelari (quali il giudice del luogo ove si verificherà il fatto dannoso o dove essere eseguito il sequestro) di stretto collegamento territoriale tra giudice luogo di esecuzione del provvedimento cautelare.

Inoltre, era del tutto fisiologico che la competenza per il cautelare mutasse a seconda di se il giudizio cautelare fosse instaurato prima o dopo la pendenza della causa di merito perché erano previsti criteri diversi di determinazione territoriale della competenza per il cautelare a seconda di se pendesse o meno la causa di merito: in questo secondo caso non si applicavano i criteri di <> al fatto temuto come lesivo (per la tutela atipica ex art. 700 C.P.C.) oppure al luogo di esecuzione del provvedimento di sequestro del giudice (per il sequestro), ma operava il criterio di inderogabile competenza con il giudice adito per il merito.

La ratio dell’inderogabilità ex art. 28 era del tutto coerente, quindi, con questa opzione per il duplice criterio della < del giudice della cautela al luogo del fatto e della rimozione dei suoi effetti se non esistente un giudizio di merito e della coincidenza tra giudice della cautela e giudice del merito in caso di effettiva pendenza di un giudizio di merito: tali criteri soddisfacevano interessi diversi (immediatezza dell’intervento del giudice, rapidità nell’individuazione ed audizione degli informatori, ecc. nel primo caso, conoscenza della causa, riduzione dei conflitti di decisioni tra cautela e merito, nel secondo), ma effettivamente tutti meritevoli di una previsione di inderogabilità convenzionale. Peraltro, i criteri ante causam erano omogenei con altre ipotesi di inderogabilità ancora vigenti (es. luogo di esecuzione del sequestro e foro dell’esecuzione forzata e dell’opposizione all’esecuzione, luogo ove si paventa il danno ex art. 701 e luogo ove è avvenuto il fatto nel giudizio possessorio ex art. 21, ult. comma C.P.C., trascurando i casi in cui è obbligatoria la presenza del pubblico ministero o i procedimenti in camera di consiglio per i quali la limitazione al potere derogatorio delle parti appare del tutto scontata) L’introduzione del cautelare uniforme in forza della legge 353 del 1990 conserva la necessaria strumentalità dei procedimenti cautelari e, sotto il profilo della competenza, collega questi ultimi al giudizio di merito non solo se emessi in corso di causa, ma anche se instaurati prima della causa di merito. Viene meno ogni criterio <> di individuazione del giudice competente territorialmente rispetto ad un giudizio ordinario.

Un esame prima facie della normativa in oggetto evidenzia la volontà del legislatore di privilegiare, nei limiti del possibile, per la decisione sulla cautela, la designazione il giudice del processo ordinario a cognizione piena. Si tratta di una scelta di semplificazione e di intensificazione del legame fra processo di merito e procedimento cautelare che è stata espressa, anzitutto e con notevole incidenza pratica, dall’art. 669- ter per i procedimenti ante causam, eliminandosi la precostituita divaricazione fra uffici giudiziari dell’urgenza e della cognizione piena che rappresentava un perno della previgente disciplina.

L’introduzione da parte della legge n. 80 del 2005 del principio di strumentalità attenuata ha portato parte della dottrina, come si è detto, a ritenere che, poiché il giudizio di merito non più necessario per la permanenza dell’efficacia del provvedimento cautelare, inevitabilmente l’esigenza del collegamento tra competenza territoriale del giudizio cautelare ante causam e giudizio di merito si sia in sostanza ridotta.

Tale argomento, tuttavia, non appare del tutto fondato: da un lato, la provvisorietà degli effetti del provvedimento cautelare ante causam resta per tutti i provvedimenti diversi da quelli anticipatori, come i sequestri, dall’altro l’eventualità del giudizio di merito rende non necessitato il giudizio di merito per l’attore che ha ottenuto il provvedimento anticipatorio, ma l’esigenza di una coincidenza tendenziale tra giudice della cautela e giudice del merito – così come concepita al tempo della genesi del cautelare uniforme – resta per tutti i casi in cui il giudizio di merito viene effettivamente iniziato (per scelta nel caso dei provvedimenti anticipatori, per necessità negli altri).

In sostanza, venuto meno ogni criterio speciale di determinazione del cautelare ante causam, la norma che fissa il criterio della coincidenza con il giudice del merito: a) rappresenta l’unico determinante criterio di individuazione del giudice della cautela (necessari per ogni tipo di giudizio) di individuazione del giudice competente; b) non è fondato su esigenze specifiche del cautelare, ma semplicemente rinvia ai criteri ordinari di determinazione della competenza territoriale (artt. 7 ss. C.P.C.).; c) pertanto, l’unico interesse che l’ordinamento vuole salvaguardare con le regole di competenza del cautelare e quello di evitare la devoluzione di cautela e merito a due giudici diversi.

In altri termini, manca completamente la possibilità di individuare una ratio effettiva per l’inderogabilità per territorio diversa da quella del collegamento con il giudizio di merito.

Appaiono certamente singolari, quindi, nel caso di deroga convenzionale al criterio territoriale, le conseguenze della tesi della’inderogabilità della competenza astratta per territorio del cautelare, almeno nella versione che ritiene che il merito vada iniziato non presso il giudice che ha emanato il provvedimento cautelare, ma presso il giudice individuato sulla base del pregresso accordo delle parti: da un lato, infatti, afferma l’inderogabilità per il cautelare ex art. 28 C.P.C. di criteri (anche plurimi in caso di fori concorrenti) non dettati per le specifiche esigenze cautelari e del tutto eterogenei (si pensi al criterio generale della residenza del convenuto); dall’altro non assicura l’esigenza della coincidenza tra giudice della cautela e giudice del merito; ancora, crea una diversità di competenza per il giudizio cautelare a seconda della pendenza della lite (criterio astratto se la domanda cautelare è iniziata ante causam, criterio in concreto del foro convenzionale se azionata in pendenza della lite).

Nel caso in cui, invece, si aderisca alla tesi sub 3, ritenendosi che l’inderogabilità della competenza del cautelare per territorio attragga il giudizio di merito – per cui in caso di domanda cautelare anche per il merito viene disatteso il foro convenzionale , la proposizione della domanda cautelare, ancorché infondata, finirebbe comunque per consentire di sottrarsi alla vincolatività della clausola pattizia e questa appare conseguenza certamente poco desiderabile.

Volendo, quindi, sintetizzare gli argomenti sviluppati in precedenza, può quindi indicarsi conclusivamente che:

non vi è elusione dell’art. 28 da parte della tesi dell’applicabilità del foro convenzionale anche al cautelare ante causam perché tale norma stabilisce l’inderogabilità dei criteri di competenza fissati per il giudizio cautelare; tali criteri, però non sono più autonomi rispetto al merito; l’unico criterio di determinazione territoriale del giudice della cautela, tendenziale, è quello della coincidenza con il giudice competente per il merito sia ante causam che pendente lite pienamente rispettato anche in questo caso, proprio dall’applicabilità della designazione convenzionale anche al procedimento cautelare;

l’art. 28 C.P.C. non è stato abrogato implicitamente dall’introduzione del cautelare uniforme e non abbisognava necessariamente di una elisione del cautelare, perché resta inderogabile il criterio di collegamento con il merito e gli ulteriori criteri speciali eventualmente fissati; le parti, infatti, non possono validamente derogare all’art. 669 ter C.P.C. prevedendo che la fase cautelare venga svolta in una sede diversa da quella competente per il merito;

non vi è alcuna ragione per interpretare l’art. 28 C.P.C. nel senso che sia inderogabile non il criterio della relatio ai criteri di competenza per territorio fissati per il merito, ma direttamente tali criteri, privi di una ratio pertinente al giudizio cautelare;

il riferimento al criterio di eccezionalità della deroga convenzionale della competenza appare del tutto neutrale perché, come si è detto, tale deroga, opera sul criterio di merito, mentre non opera sul criterio del cautelare che consiste esclusivamente in una relatio;

l’argomento della tutela della parte più debole è del tutto estranea ai criteri generali di competenza, l’ordinamento prevede in via generale una competenza inderogabile ed esclusiva per territorio nel caso di parti debole (es. foro del consumatore);

il principio di strumentalità attenuata non cambia tale quadro ordinamentale in modo sensibile perché per i provvedimenti cautelari che restano strumentali e provvisori nulla è cambiato, mentre per i provvedimenti anticipatori, l’esigenza di una tendenziale coincidenza tra chi emette la decisione cautelare e chi emette la decisione definitiva – ogni qual volta questa venga invocata – appare comunque esistente;

il ridurre le ipotesi di differenziazione tra giudice della cautela e giudice del merito evita il ricorso puramente strumentale alla tutela cautelare per ottenere un provvedimento, sia pur provvisorio, da un giudice diverso da quello naturalmente competente.

In conclusione, il Tribunale ritiene di aderire alla tesi che ritiene che la deroga convenzionale al territorio, se inequivoca, vada estesa anche alla fase cautelare, ed accoglie, pertanto, l’eccezione di incompetenza.

La peculiarità della questione ed il contrasto giurisprudenziale in atto giustificano la compensazione integrale delle spese del giudizio cautelare ai sensi dell’art. 92, comma 2 C.P.C.

p.q.m.

Visto l’art. 29 C.P.C.;

rigetta il ricorso appartenendo la presente controversia, per le causali di cui in motivazione, alla competenza per territorio del Tribunale di Milano;

Visto l’art. 92, comma 2 C.P.C.;

dichiara integralmente compensate le spese di giudizio.

Torre Annunziata 1° dicembre 2009

Depositato il 9 dicembre

Il giudice

dr. Pasquale Serrao d’Aquino

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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