Tribunale di Napoli, sez III civile del 28.5.2010 Protesto, cancellazione, sospensione, errore, ravvedimento operoso (2010-07-13)

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Il giudice dott. Pasquale Serrao d’Aquino,

letti gli atti;

OSSERVA

Il ricorrente ha chiesto, ex art. 700 c.p.c., ordinarsi ai resistenti … s.p.a. e Camera di commercio di Napoli:

1.la sospensione e la cancellazione dei protesti elevati in danno della ditta individuale “… net” di … …,

2.la cancellazione della segnalazione alla CAI,

atti entrambi ritenuti illegittimi per la mancata comunicazione dell’avviso ex art. 9 bis l. 386 del 1990.

La banca indica di aver regolarmente effettuato la notifica al domicilio eletto e la necessità di rispettare i tempi di segnalazione previsti per legge.

La Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Napoli di Napoli resistente ha evidenziato che l’art. 4 della legge n. 77 del 1995, come sostituito dall’art, 2,comma 1 della legge n. 235 del 2000, prevede il ricorso al Giudice di Pace avverso la reiezione o la mancata decisione del Presidente del responsabile dirigente dell’ufficio protesti della C.C.I.A.A. sulla richiesta di cancellazione del protesto illegittimo o erroneo.

Ha, quindi, eccepito:

il difetto di residualità del rimedio esperito;

il difetto di legittimazione passiva, dovuto al fatto che essa è mera destinataria materiale di una eventuale pronuncia del giudice.

1. Domanda di sospensione o cancellazione della pubblicazione del protesto.

Le eccezioni della Camera di Commercio presuppongono logicamente che sia ammissibile la procedura amministrativa descritta anche nel caso degli assegni bancari e che la stessa esclude la tutela cautelare o, al limite, ne condizioni l’ammissibilità al suo previo esperimento.

L’art. 4, comma 1 della legge n. 77 del 1995, attuale formulazione, regolando la cancellazione a seguito di pagamento tardivo del capitale ed accessi, menziona esclusivamente la cambiale ed il vaglia cambiario e non l’assegno bancario.

Non vi è dubbio che tale norma non trovi applicazione anche per l’assegno bancario, così come chiarito anche dalla Corte Costituzionale la quale, con la sentenza di rigetto n. 70 del 2003 (poi ribadita dall’ordinanza di inammissibilità n. 84 del 2004), ha rimarcato la non irragionevolezza dell’esclusione degli assegni bancari da tale previsione.

Richiamando tali pronunce il Tribunale di Nola ha escluso l’applicabilità della procedura di cui all’art. 4 alla cancellazione dell’assegno illegittimamente protestato (ord. del 17.02.2006), così come era stata esclusa da altri tribunali di merito (Tribunale di Foggia, 5 febbraio 2004, in Giur. Merito, 2004, p. 914) e da parte della dottrina.

Questo Giudice, ritiene, al contrario, che possa giungersi ad una diversa conclusione. Sembra, infatti, non corretto estendere le conclusioni a cui si può e si deve giungere in relazione alla fattispecie di cui all’art. 4, comma 1 alla diversa ipotesi prevista dall’art. 4, comma 2. Nel primo caso viene regolata la cancellazione del protesto a seguito di ravvedimento operoso, ovvero del pagamento tardivo del capitale e degli accessori; nel secondo caso, invece, si chiede la cancellazione del protesto erroneo o illegittimo.

La Corte Costituzionale, come può evincersi dalla sentenza e dall’ordinanza citate, è stata chiamata, appunto, a valutare una ritenuta disparità di trattamento tra il “ravvedimento operoso” avente ad oggetto la cambiale o il vaglia cambiario e quello avente ad oggetto l’assegno, ritenendo infondata la questione sulla base di una persistente non omogeneità normativa e funzionale tra assegno e cambiale. E’ sufficiente mettere in evidenza che cosa ben diversa è non onorare quanto previsto in uno strumento di credito, quale la cambiale, rispetto all’insolvenza di un assegno, che costituisce, invece, strumento di pagamento e determina un affidamento nel prenditore sull’esistenza dei fondi. Come può evincersi da una lettura della sentenza n. 70 del 2003, la Consulta sofferma la sua analisi solo sul primo comma dell’art. 4: è tale norma, nella sua inapplicabilità all’assegno bancario, ad essere sospettata di incostituzionalità da parte dei giudici emittenti sulla base di argomentazioni ritenute infondate da parte del Giudice delle Leggi.

Con un esame attento dell’art. 4 può notarsi come né il tenore letterale dell’art. 4, comma 2, né il suo aspetto funzionale consentono una perfetta sovrapposizione delle due norme, e questo per diverse ragioni. Innanzitutto, il capoverso dell’art. 4, ed anche la disciplina successiva, diversamente dal comma 1, non effettuano un riferimento alla cambiale ed al vaglia cambiario. Non è senza rilievo, sul punto, che anche i commi successivi dell’art. 4 nel regolare la procedura applicabile tanto alle ipotesi di cui al comma 1, quanto a quelle di cui al comma 2, non contengano alcun riferimento alla cambiale ed al pagherò cambiario. E’ appena il caso di notare, poi, che la legge n. 77 del 1955 è denominata “Pubblicazione dei protesti cambiari”, ma regola i protesti anche degli assegni cambiari. L’omessa menzione degli assegni (come anche delle cambiali), nel comma 2 dell’art. 4, anche se non costituisce argomento decisivo per ritenere la norma applicabile anche agli assegni bancari, di certo non è dirimente per accedere alla tesi opposta. Quest’ultimo rilievo, poi, contribuisce a negare qualsiasi rilevanza al fatto che l’allegato all’art. 4 contenente un modello di richiesta di cancellazione dal registro informatico dei protesti contiene il riferimento ai titoli cambiari e non anche agli assegni. Basta considerare che molte Camere di Commercio forniscono modelli per la cancellazione dei protesti nei quali, nei casi di cui al comma 2 vi è la generica indicazione di “titoli”.

Inoltre, a fronte di un’illegittimità o erroneità nella levata del protesto, alcuna differenza appare rivestire la qualità del titolo di credito al quale esso fa riferimento, non apparendo configurabile alcuna rilevanza della diversità funzionale tra cambiale ed assegno. Nel comma 1 non ci si duole dell’atto di protesto, ma si chiede di cancellarne gli effetti per effetto di un ravvedimento successivo; nel secondo comma si chiede di ovviare ad un errore del protesto stesso.

Di particolare importanza, ancora, è la distinzione tra i soggetti legittimati all’istanza: per il pagamento tardivo, il solo debitore; per l’illegittimità o erroneità del protesto, chiunque vi abbia interesse, oltre che lo stesso pubblico ufficiale che ha redatto il protesto. La previsione appare logica, in quanto il pagamento tardivo è atto del debitore cambiario il quale, dopo l’adempimento, chiede anche la cancellazione della pubblicità negativa conseguente al protesto del titolo. Nel secondo caso, invece, può essere lo stesso pubblico ufficiale che intende ovviare ad un proprio errore; può trattarsi del debitore danneggiato dall’errore; oppure può anche trattarsi di un terzo (come nel caso di specie ove l’ex socio accomandatario lamenta l’erroneo inserimento del suo nominativo nell’atto di protesto).

In conclusione, sussistono ad un esame compiuto del testo normativo induce a ritenere applicabile la procedura di cui all’art. 4,comma 2 l. n. 77 del 1955 anche agli assegni. Esula dal presente giudizio, ove si discute dell’erroneità letterale dell’atto di protesto, la diversa questione, accennata dalla giurisprudenza di merito (Tribunale di Foggia, 11 febbraio 2003, in Giur. Merito, 2004, p. 914), dell’inapplicabilità dell’art. 4, comma 2 alle ipotesi, come quella di apocrifia della sottoscrizione, che non potrebbero essere oggetto di accertamenti in sede amministrativa; in proposito la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, prima della riforma legislativa dell’art 4, aveva ritenuto ammissibile la procedura ex art. 700 e sussistente la giurisdizione dell’A.G.O. in considerazione della natura meramente materiale, e non amministrativa della pubblicazione dei protesti).

Difetto di residualità della tutela cautelare.

L’esistenza della procedura prevista dall’art. 4, tuttavia, diversamente da quanto sostenuto dalle resistenti non determina l’inammissibilità della procedura di urgenza: l’azione per cui è competente il giudice di pace, infatti, è comunque un’azione di merito e, pertanto, non esclude la necessità di una tutela cautelare prima o durante il giudizio di merito. La proposizione dell’istanza al responsabile dell’ufficio protesti della C.C.I.A.A. costituisce una condizione di procedibilità del giudizio di merito, ma non di astratta esperibilità della tutela cautelare.

Tuttavia, come già rilevato di recente da questo medesimo Tribunale, III Sezione (8 aprile 2010),

La citata decisione del Tribunale di Napoli, III Sezione (8 aprile 2010), sottolinea che va

Orbene, questo giudice ritiene condivisile tali conclusioni, ma per ragioni in parte diverse.

La tutela cautelare è indirizzata ad assicurare l’effettività dell’azione giudiziaria. Per tale motivo la Corte Costituzionale (Sentenza del 30 novembre 2007, n. 403) ha dichiarato non fondata la questione di incostituzionalità del tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall’art. 1 comma 11, della legge 31/7/1997, n. 249, censurato, in riferimento all’art. 24, co., Cost., se esteso alla tutela cautelare, affermando che tale >

La diversità della procedura prodromica all’azione giudiziale (nel caso di specie si tratta di ricorso amministrativo e non di tentativo di conciliazione), non esclude che i principi di effettività dell’azione giudiziale abbiano la medesima valenza: il diritto ad ottenere una tutela giudiziale immediata ed effettiva della situazione giuridica violata non può essere condizionata dall’ammissibilità del ricorso amministrativo. Quest’ultimo, quindi, non è, ad avviso di questo giudice, condizione di ammissibilità della tutela cautelare.

E’ condivisile, invece, la conclusione dell’ammissibilità della domanda cautelare alla sola sospensione del protesto, con esclusione della cancellazione. Quest’ultimo, infatti, è provvedimento sostanzialmente definitivo che comporterebbe una successiva iscrizione del protesto in caso di inefficacia o revoca del provvedimento cautelare; il provvedimento cautelare esaurirebbe la tutela conseguibile attraverso il giudizio di merito, con problematiche in parte assimilabili – anche se ben più gravi – assimilabili alla domanda di cancellazione di altre iscrizioni (iscrizione di ipoteca, per la quale però vi è un espresso riferimento al giudicato, la trascrizione della domanda giudiziale, cfr. in tal senso anche Cass. 16 gennaio 1986, n. 251, in Nuova giur. civ. comm., 1986, 483, e secondo cui l’ordinanza che dispone la cancellazione della trascrizione della domanda è da considerarsi in netto contrasto con il connotato più tipico dei provvedimenti di urgenza ex art. 700, quello che lo accomuna agli altri provvedimenti cautelari dello stesso Capo III, cioè la provvisorietà, e, producendo effetti irreversibili, spezza quel legame di strumentalità che il provvedimento di urgenza deve avere con quello di cognizione ordinaria e assume i caratteri di un provvedimento abnorme).>>

La cancellazione, quindi, è provvedimento demandabile esclusivamente il giudizio di merito, trattandosi di un facere che assume carattere definitivo. Ne consegue che la domanda è in parte qua inammissibile.

Non portano a conclusioni diverse le modifiche intervenute in tema di giudizi cautelari ed, in particolare, il fatto che il provvedimento ex art. 700 c.p.c. non ha più un carattere necessariamente provvisorio in quanto può essere scollegato rispetto ad un successivo giudizio di merito e, così come gli altri provvedimenti cautelari, conserva la sua efficacia in caso di estinzione del giudizio di merito. Tali modifiche hanno fatto discutere di una provvisorietà attenuata del giudizio cautelare; tuttavia, mentre la sentenza ha un’attitudine “naturale” a divenire definitiva, contro la volontà della parte soccombente qualora non venga riformata (così come anche il decreto ingiuntivo, che diviene definitivo anche quando l’opposizione è rigettata) il nuovo provvedimento cautelare anticipatorio diviene definitivo solo se una delle parti non inizia il giudizio di merito, conservando, quindi, una provvisorietà che viene a mancare solo eventualmente, per effetto dell’inerzia delle parti e con efficacia limitata a quel processo (la sua autorità, infatti, non è invocabile in un diverso processo.)

Per i motivi sopra espressi è astrattamente ammissibile la domanda cautelare volta ad ottenere la sospensione della pubblicazione del protesto, ma non la sua cancellazione.

Legittimazione passiva della Camera di Commercio.

Dalla possibilità di esperire la procedura di cui all’art. 4, comma 2 l. n. 77 del 1995 deriva la qualità di legittimato passivo della C.C.II.AA.; non appare revocabile in dubbio il fatto che sia la C.C.II.AA. ad effettuare la cancellazione del protesto dal registro informatico, sia quest’ultima a dover essere destinataria di un eventuale ordine del giudice (da ultimo, Cass. Sez. Unite, Sentenza n. 4464 del 25/02/2009 (Rv. 606666).

Fumus boni iuris e periculum in mora della domanda di cancellazione o sospensione della pubblicazione del protesto.

Orbene, in concreto, la fondatezza della domanda cautelare di sospensione e di cancellazione del protesto non risulta dimostrata in quanto l’omessa comunicazione ex art. 9 bis l. 386 del 1990 non è funzionale alla pubblicazione del protesto, ma alla segnalazione alla Centrale di Allarme Interbancaria (CAI). Sebbene la parte attrice si dolga dei lunghi tempi necessari per la cancellazione dall’elenco dei protestati prevista dalla legge 235 del 2000 ed il danno conseguente ad una giovane ditta individuale connesso all’impossibilità di emettere assegni in pagamento, non evidenzia ragioni specifiche del’illegittimità del protesto relativo al primo assegno, avvenuto per mancanza di provvista. E’ evidente, quindi, il difetto di fumus boni iuris.

Segnalazione alla Centrale di Allarme Interbancaria .

La comunicazione successiva ex art. 9, invece, riguarda la sola segnalazione alla CAI.

Sul punto va evidenziato che la lettera che la … ha inviato, effettivamente, al domicilio eletto mediante raccomandata a.r., è stata ricevuta da persona priva di qualsiasi legame con il correntista ricorrente, come risulta dallo stesso avviso di ricezione.

Orbene, se è vero che il correntista non può dolersi della spedizione al domicilio prescelto qualora abbia modificato la residenza o il centro dei propri interessi senza comunicarlo alla banca, è altresì vero che la comunicazione deve raggiungere il destinatario o persona allo stesso collegata (familiare convivente, addetto alla ricezione, portiere), oppure essere impossibile per irreperibilità, in questo caso gravando sul destinatario le conseguenze dell’omessa comunicazione. Al contrario, la ricezione da parte di persona per la quale non risulta indicato né dimostrato un legame con il destinatario, mina ogni possibilità di conoscenza dell’atto, senza che ciò sia dovuto ad alcuna negligenza del destinatario stesso.

Ne consegue, allo stato, l’esistenza del fumus boni iuris dell’illegittimità della segnalazione, che presuppone necessariamente il preventivo avviso ex art. 9bis.

Sussiste, a riguardo anche il periculum in mora. La reputazione economica dell’imprenditore è uno dei fattori dell’avviamento, consente di mantenere ed incrementare fornitori, affidamenti bancari, clientela. Il discredito commerciale derivante dalle informazioni può portare sia ad una rottura delle relazioni commerciali in atto sia alla perdita di nuove opportunità: sia che si tratti di danno emergente che di lucro cessante o, se si vuole, di vera propria perdita di chances commerciali (opportunità economiche già sviluppate e quelle ancora da sfruttarsi), comunque il pregiudizio è di carattere patrimoniale. L’allegazione della natura di imprenditore del ricorrente, quindi, appare sufficiente a rendere probabile che egli possa subire un pregiudizio irreparabile dalla segnalazione, con conseguenti restrizioni nell’accesso al credito e nei pagamenti, dovendo ritenersi puramente eventuale la possibilità che egli operi senza relazioni commerciali con banche , mediante l’uso esclusivamente di contanti.

Spese del giudizio cautelare.

Il rigetto della domanda di cancellazione del protesto e l’accoglimento della domanda di sospensione della segnalazione alla C.A.I., determinano una soccombenza reciproca che giustifica la compensazione delle spese di lite rispetto all’…, e la condanna alle spese nei confronti della Camera di Commercio.

p.q.m.

visto l’art. 700 C.P.C.:

ordina ad … Banca di… s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore la sospensione della segnalazione alla Centrale di Allarme Interbancaria di … …,nato San Giorgio a Cremano il 17 maggio 1983, titolare della ditta individuale …net con sede in Marano di Napoli, Via Recca n. 61;

rigetta la domanda cautelare di cancellazione e/o sospensione del protesto elevato il 26.11.2009 nei confronti di … …, titolare della ditta individuale …net;

compensa integralmente le spese del giudizio cautelare tra … … e … Banca di… s.p.a.;

condanna … … al pagamento in solido nei confronti della resistente Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Napoli delle spese relative al giudizio cautelare che si fissano in € 650 per onorari, € 600 per diritti, spese vive € 300, oltre spese generali 12,5% IVA e CPA, se dovute.

Napoli 28 maggio 2010

Il giudice

dott. Pasquale Serrao d’Aquino

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *