Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 03-12-2010) 16-03-2011, n. 10671

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 3 dicembre 2009 la Corte di appello di Caltanissetta confermava la sentenza emessa il 16 maggio 2008 dal Tribunale di Gela con la quale P.G., responsabile del punto vendita di (OMISSIS) della New Life Zaric s.a.s., era stata dichiarata colpevole del reato di truffa continuata, reato accertato in (OMISSIS), ed era stata condannata alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 900,00 di multa, con il beneficio della sospensione condizionale.

Secondo la ricostruzione del giudice di merito l’imputata aveva indotto quattro clienti a sottoscrivere dei contratti di finanziamento con la Finconsumo Banca s.p.a. per cifre anche superiori al corrispettivo della merce loro venduta, contratti che l’imputata assicurava che non sarebbero stati spediti o che sarebbero stati risolti in caso di pagamento del residuo prezzo in contanti, così procurandosi l’ingiusto profitto dell’ottenere il pagamento in contanti dai clienti che rimanevano debitori nei confronti della società di finanziamento.

Avverso la predetta sentenza l’imputata ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione.

Con il ricorso si deduce:

1) l’erronea applicazione della legge penale con riferimento alla ritenuta infondatezza dell’eccezione di incompetenza per territorio del Tribunale di Gela (ricadente nel distretto di Caltanissetta) per essere invece competente il Tribunale di Caltagirone, compreso nel distretto della Corte di appello di Catania; il ricorrente rileva che, mentre il giudice di primo grado aveva ritenuto la sua competenza per essere stati conclusi i contratti in (OMISSIS), la Corte di appello di Caltanissetta aveva invece ritenuto l’infondatezza dell’eccezione difensiva sulla base del luogo di conseguimento del profitto ((OMISSIS)); secondo il ricorrente il momento consumativo del reato di truffa sarebbe da individuarsi in quello del raggiungimento, attraverso gli artifici e i raggiri, dell’accordo negoziale, quindi nella sede di (OMISSIS) della società di cui l’imputata era dipendente; comunque la dazione di denaro, quando vi era stata, sarebbe avvenuta a distanza di mesi dalla conclusione dell’accordo contrattuale;

2) la mancata assoluzione dell’imputata o comunque la mancata dichiarazione di improcedibilità, dovendosi ritenere tardive le querele proposte dalle persone offese nella prima decade del (OMISSIS), mentre i contratti di acquisto risalivano addirittura ai mesi di (OMISSIS) e i primi bollettini di pagamento per il finanziamento erano stati recapitati nei mesi di (OMISSIS), considerato anche che un solo teste aveva riferito di chiarimenti richiesti alla P. nell'(OMISSIS);

3) la violazione dell’art. 552 c.p.p., comma 1, lett. c) e comma 2 per la mancata indicazione della data di commissione del reato nel capo d’imputazione nel quale era indicato il solo dato temporale relativo alla presentazione delle querele, considerato anche che la contestazione riguardava quattro diversi episodi tra loro distinti per modalità e tempi;

4) la violazione di legge e l’"irrazionalità" della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento oggettivo del reato di truffa, in quanto i contratti di finanziamento si perfezionavano solo con la sottoscrizione del legale rappresentante della New Life Zaric s.a.s., di cui l’imputata era una semplice dipendente, e l’ingiusto profitto (differenza tra la somma per la quale era richiesto il finanziamento e quella effettivamente ottenuta) sarebbe andato comunque a vantaggio della società e non dell’imputata;

5) la violazione di legge con riferimento all’ordinanza in data 15 febbraio 2006 di rigetto della documentata istanza di rinvio per impegni professionali del difensore dell’imputata dinanzi al Tribunale di sorveglianza di Mantova il giorno 14 febbraio 2006, con conseguente impossibilità di rientrare in tempo utile per poter partecipare all’udienza;

6) la violazione di legge quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche che erano state negate, nonostante la "quasi incensuratezza" dell’imputata, per la pluralità delle persone offese, elemento già considerato ai fini dell’aumento di pena per la continuazione.

Il ricorso è inammissibile.

Le doglianze riproducono in gran parte pedissequamente (primo, secondo, quarto e quinto motivo) gli argomenti prospettati nell’atto di appello, ai quali la Corte territoriale ha dato adeguate e argomentate risposte, esaustive in fatto e corrette in diritto, che il ricorrente non considera nè specificatamente censura limitandosi a ribadire le tesi già esposte nei motivi di appello e confutate, con diffuse e ragionevoli argomentazioni, nella sentenza impugnata.

In particolare il primo motivo è manifestamente infondato. La Corte territoriale ha puntualmente richiamato la giurisprudenza di questa Corte, anche recente e di questa sezione, che individua il momento consumativo del reato di truffa contrattuale, reato istantaneo e di danno, non in quello dell’assunzione da parte del soggetto passivo, per effetto degli artifici o raggiri, dell’obbligazione della dazione di un bene economico, bensì in quello del conseguimento del bene da parte dell’agente con la conseguente perdita dello stesso da parte della persona offesa (Cass. Sez. Un. 21 giugno 2000 n. 18, Franzo;

sez. 2 17 gennaio 2008 n. 7181, Damiani; sez. 2 11 luglio 2008 n. 31044, Miano; sez. 5 29 gennaio 2009 n. 14905, Coppola). Il giudice di appello ha precisato che, nel caso di specie, dalle dichiarazioni rese nel corso dell’esame dibattimentale dalle persone offese C.G., D.P.P.M., S.A., Pa.An., puntualmente riportate nella motivazione, risultava che i versamenti in contanti all’imputata (momento in cui l’autore del reato ha concretamente conseguito il vantaggio patrimoniale e si è realizzata la deminutio patrimonii in capo ai soggetti passivi) erano stati effettuati nelle loro abitazioni di (OMISSIS) e che, pertanto, correttamente il giudice competente per territorio era stato individuato nel Tribunale di Gela. Il ricorrente si limita a ribadire apoditticamente la propria tesi senza nulla argomentare circa le chiare affermazioni del giudice di merito, conformi alla consolidata giurisprudenza di legittimità, in ordine all’individuazione del momento consumativo della truffa contrattuale.

Anche il secondo motivo, relativo alla tempestività della querela, è manifestamente infondato, oltre che reiterativo e per questo generico. La Corte territoriale anche in questo caso ha disatteso le doglianze difensive sulla base della consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale ai fini della decorrenza del termine per la proposizione della querela occorre che la persona offesa abbia avuto conoscenza precisa, certa e diretta del fatto in modo da essere in possesso di tutti gli elementi di valutazione necessari per determinarsi (Cass. sez. 1 28 gennaio 2008 n. 7333, Mauro; sez. 5 1 ottobre 1999 n. 14660, Carniato). Il giudice di appello ha, inoltre, puntualizzato che le persone offese negli atti di querela avevano riferito di aver ricevuto fino a dieci-quindici giorni prima telefonate della Finconsumo, che comunicava l’esistenza di bollettini scaduti e non pagati. Del resto l’onere della prova dell’intempestività della querela incombe a chi la deduce (Cass. sez. 5 21 maggio 2006 n. 15853, De Arcangelis; sez. 2 22 giugno 1988 n. 7660, Artioli), sicchè l’eventuale situazione di incertezza va risolta a favore del querelante (Cass. sez. 6 24 giugno 2003 n. 35122, Sangalli; sez. 5 19 settembre 2008 n. 40262, Franzi).

Il terzo motivo è manifestamente infondato. L’eventuale insufficienza dell’enunciazione dell’ambito spaziale e temporale delle condotte e degli elementi che specificano l’oggetto materiale del reato rileva, infatti, soltanto quando non sia possibile collocare nel tempo e nello spazio l’episodio criminoso contestato, mentre l’omissione è improduttiva di conseguenze giuridiche quando dagli altri elementi enunciati e dai richiami contenuti nel decreto di citazione a giudizio ed eventualmente anche in altri provvedimenti risultino chiari i profili fondamentali del "fatto" per il quale il giudizio è stato disposto (Cass. sez. 5 3 marzo 2010 n. 21269, Ingrosso; sez. 1 12 febbraio 2008 n. 20628, Pietroleonardo; sez. 1 2 marzo 2005 n. 12149, Cifarelli). Non risulta, peraltro, che la pretesa violazione di legge sia stata dedotta con i motivi di appello, per cui la doglianza formulata per la prima volta in questa sede sarebbe comunque inammissibile. Comunque la difesa dell’imputata ha avuto ampia possibilità di esplicarsi sia nel giudizio di primo grado che in quello di appello, essendo i contatti avuti dalle quattro persone offese con l’imputata individuabili con precisione in quanto riferiti ai contratti di finanziamento da loro sottoscritti.

Manifestamente infondato è anche il quarto motivo. La Corte territoriale ha, con argomentazione logicamente e giuridicamente corretta, fatto rilevare che l’ingiusto profitto non derivava dal contratto di finanziamento, ma dall’indebita appropriazione ad opera dell’imputata delle somme in contanti versate dalle persone offese a sue mani per estinguere il debito con la società finanziaria. Il giudice di appello ha altresì evidenziato, senza che nel ricorso sia stata formulata al riguardo alcuna replica, che non risulta che tali somme, versate secondo quanto riferito dalle persone offese direttamente alla P., "siano state poi dall’imputata riversate alla Zarik, assunto questo in atto affidato soltanto alle labiali asserzioni del difensore appellante, non avendo mai neppure l’imputata, rimasta contumace in entrambi i gradi del giudizio, prospettato una siffatta discolpa".

Il quinto motivo è generico, perchè reiterativo, oltre che manifestamente infondato. Nella sentenza impugnata la decisione da parte del giudice di primo grado di rigetto dell’istanza difensiva di rinvio è stata confermata, avendo il giudice di appello fatto rilevare che l’udienza dinanzi al Tribunale di sorveglianza di Mantova (udienza camerale in cui l’assenza del difensore per legittimo impedimento era irrilevante e che, comunque, non coincideva con quella dinanzi al Tribunale di Gela) era stata fissata in data successiva. Comunque la Corte territoriale rilevava che "nell’istanza non erano enucleate le ragioni per le quali il difensore era assolutamente impossibilitato a raggiungere il giorno 15 febbraio 2006 la sede giudiziaria di Gela". Nel ricorso si insiste invece sull’addotta impossibilità per il difensore di raggiungere (OMISSIS), motivandola unicamente con la "difficoltà" dei collegamenti. La Corte ritiene che il giudice di merito abbia fatto puntuale applicazione, con motivazione del tutto adeguata e giuridicamente corretta, del principio giurisprudenziale stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. Un. 25 giugno 2009 n. 29529 De Marino) secondo il quale, nel caso di istanza di rinvio per concomitante impegno professionale del difensore, spetta al giudice effettuare una valutazione comparativa dei diversi impegni al fine di contemperare le esigenze della difesa e quelle della giurisdizione, accertando se sia effettivamente prevalente l’impegno privilegiato dal difensore per le ragioni rappresentate nell’istanza con riferimento alla particolare natura dell’attività cui occorre presenziare, alla mancanza o assenza di un codifensore nonchè all’impossibilità di avvalersi di un sostituto a norma dell’art. 102 c.p.p..

Il sesto motivo è manifestamente infondato. Il giudice di merito ha negato il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche all’imputata in ragione della precedente condanna per appropriazione indebita e della reiterazione delle truffe, commesse con modalità analoghe ai danni delle persone offese. Va a questo riguardo osservato che la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’art. 62-bis c.p. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talchè la stessa motivazione, purchè congrua e non contraddittoria, non può essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Cass. sez. 6 24 settembre 2008 n. 42688, Caridi; sez. 6 4 dicembre 2003 n. 7707, Anaclerio). Pertanto il diniego delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente fondato anche sull’apprezzamento di un solo dato negativo, oggettivo o soggettivo, che sia ritenuto prevalente rispetto ad altri (Cass. sez. 6 28 maggio 1999 n. 8668, Milenkovic), come nel caso in esame la capacità a delinquere desunta dai precedenti penali e dalla connotazione di gravità del fatto. Inoltre la concessione o meno delle attenuanti generiche rientra nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (Cass. sez. 6 28 ottobre 2010 n. 41365, Straface).

Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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