Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 03-12-2010) 16-03-2011, n. 10670

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 5 marzo 2010 la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza emessa il 17 novembre 2008 dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Napoli con la quale G. M., all’esito del giudizio abbreviato, era stato dichiarato colpevole del reato di tentata estorsione continuata commesso in (OMISSIS), avendo nella qualità di parcheggiatore abusivo preteso la consegna di somme di denaro dal conducente di un ciclomotore sotto velata minacce di ritorsioni, ed era stato condannato, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva e con la diminuente per il rito, alla pena di anni uno, mesi nove di reclusione ed Euro 450,00 di multa.

Avverso la predetta sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione.

Con il ricorso si deduce: la violazione di legge e il vizio della motivazione in quanto la Corte territoriale, ritenendo integrata una sorta di "estorsione ambientale", avrebbe individuato un’implicita minaccia nella richiesta da parte dell’imputato, parcheggiatore abusivo, alla persona offesa di "un caffè" e un comportamento intimidatorio nella foratura della ruota del ciclomotore della stessa persona offesa, immotivatamente ricondotta all’imputato. Il ricorrente si duole inoltre della mancanza di motivazione in ordine all’idoneità della presunta minaccia, ritenuta sussistente dalla persona offesa solo perchè aveva attribuito all’imputato il danneggiamento del suo ciclomotore.

Il ricorso è inammissibile perchè manifestamente infondato.

La Corte territoriale, con argomentazioni plausibili e logicamente corrette, ha ritenuto sussistente nella condotta dell’imputato l’elemento della minaccia evidenziando una serie di comportamenti concreti posti in essere, nell’"esercizio" di un’attività svolta abusivamente, dall’imputato (richiesta con tono evasivo del pagamento di un caffè, velata allusione al "controllo" esercitato sulla strada; atteggiamento aggressivo con riferimento alle conseguenze che sarebbero derivate dal mancato pagamento del denaro attraverso l’espressione "… po’ verimmo") per ottenere dalla persona offesa, che aveva tra l’altro trovato per ben tre volte le ruote del suo veicolo forate dopo le discussioni avute con il G., il pagamento di un servizio non richiesto quale la sorveglianza del ciclomotore parcheggiato in una via centrale di (OMISSIS). Sulla base di tali dati di fatto riferiti dettagliatamente dalla persona offesa -ritenuta sul punto del tutto attendibile nonostante la denuncia non immediata del fatto, che era stata considerata dimostrativa della coartazione comunque subita pur in mancanza di adesione alle richieste di denaro – il giudice di merito ha ravvisato la minaccia costitutiva del delitto di estorsione che oltre ad essere palese ed esplicita – secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. sez.2 20 maggio 2010 n. 19724, Pistoiesi; sez. 5 22 settembre 2009 n. 41507, Basile; sez. 2 16 giugno 2004 n. 37526, Giorgetti; sez. 3 10 aprile 2001 n. 20382, Massaro) – può essere manifestata anche in maniera implicita ed indiretta, essendo solo necessario che sia idonea ad incutere timore ed a coartare la volontà del soggetto passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell’agente, alle condizioni soggettive della vittima e alle condizioni ambientali in cui questa opera. Nel caso concreto la pretesa dell’imputato, palesemente illegittima avendo egli stesso sostenuto che la sua attività di parcheggiatore era abusiva (con specifico riferimento all’attività del parcheggiatore, cfr. Cass. sez. 2 3 novembre 1993 n. 163, Schlegel; sez. 2 9 marzo 2010 n. 15137, Bernabei), è stata valutata alla luce della reiterazione delle richieste di denaro, delle allusioni a possibili conseguenze negative per la persona offesa, del danneggiamento subito in quel periodo per ben tre volte ad opera di persone non identificate dal ciclomotore della persona offesa che l’aveva parcheggiato nella strada "controllata" dall’imputato. Si tratta di elementi correttamente presi in considerazione anche ai fini della valutazione positiva, ex ante, circa l’idoneità del comportamento dell’imputato ad incutere timore nella persona offesa, in una complessiva considerazione di tutte le modalità e le circostanze concrete e oggettive del fatto che hanno fatto ritenere, con argomentazioni immuni da vizi logici, l’attitudine a creare una situazione di pericolo attuale e concreto in rapporto alla lesione del bene protetto, indipendentemente dal fatto che la persona offesa non sia risultata concretamente intimidita e abbia resistito alle pressioni minacciose (Cass. sez. 2 15 giugno 2004 n. 43209, Ioppolo;

sez. 6 29 aprile 1999 n. 10229, Labalestra; sez. 12 ottobre 1997 n. 1365, Tundo).

Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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