Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 15-03-2011) 22-03-2011, n. 11264

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. S.F. ricorre per cassazione contro la sentenza 19 maggio 2009 con la quale la Corte di appello di Palermo confermava la decisione 13 marzo 2008 del locale Giudice monocratico, Sezione distaccata di Bagheria, che aveva affermato la penale responsabilità del ricorrente in ordine al reato di cui alla L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12-sexies, addebitatogli per non aver corrisposto in favore del coniuge A.G. la somma di L. 500.000 mensili, imposta con la sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio (in (OMISSIS)).

Il ricorrente ha articolato quattro ordini di motivi.

Lamenta, anzitutto, violazione dell’art. 570 c.p., perchè l’omissione contestata non avrebbe fatto mancare alla A. i mezzi di sussistenza, avendo, oltre tutto, quest’ ultima dichiarato di percepire una pensione di Euro 400 mensili e di godere dell’aiuto fornitole dai cinque figli, che gesticono l’attività commerciale un tempo da lui diretta e che era stato costretto a dismettere, senza nulla percepire dei proventi dell’impresa, per un grave infortunio sul lavoro.

Deduce, ancora, carenza dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 570 c.p., mancando ogni volontà cosciente e libera di sottrarsi, senza giusta causa o comunque per causa a lui imputabile, agli obblighi di assistenza familiare. Infatti, le condizioni economiche dello S. erano repentinamente crollate a causa di un infortunio sul lavoro che gli aveva anche impedito di proseguire l’attività lavorativa, mentre l’assegno pensionistico derivante dall’infortunio gli era stato revocato, nonostante la necessità di far fronte a spese mediche ed all’acquisto periodico di farmaci.

Donde anche l’assoluta impossibilità di adempiere l’obbligazione verso l’ex coniuge, comprovata anche dal fatto di essere a totale carico dell’attuale compagna.

Lamenta, infine, l’ingiustificata omessa applicazione dell’indulto di cui alla L. 31 luglio 2006, n. 241.

Il ricorso è privo di fondamento.

2. Occorre, anzi tutto rammentare che l’assenza dello stato di bisogno dell’avente diritto ai fini della ipotizzabilità del delitto di cui alla L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12-sexies, è argomento non pertinente. La giurisprudenza di questa Corte è, infatti, costante nel senso che la norma adesso ricordata prevede una fattispecie delittuosa diversa da quella di cui all’art. 570 c.p., comma 2, n. 2, diversa essendo la materialità del primo illecito rispetto a quella del secondo, in quanto, nel primo, la condotta è rappresentata dal solo inadempimento della obbligazione civile, costituito dal mancato versamento dell’assegno fissato dal giudice in sede di divorzio. In caso di mancato pagamento di tale assegno, quindi, la tutela penale prescinde dalla prova dello stato di bisogno dell’avente diritto. La scelta sanzionatoria, in quanto affidata alla discrezionalità del giudice di merito, che nella specie appare essere stata esercitata con equilibrio in relazione a tutti i parametri di riferimento, non è censurabile sotto il profilo della legittimità (cfr., proprio in questi termini, Sez. 6, 5 novembre 2008, n. 3426).

Del tutto generica è la censura concernente la dedotta assenza dell’elemento soggettivo, peraltro surrettiziamente sovrapposta a quella della impossibilità di adempiere in un assetto che coinciderebbe con lo stato di necessità, doglianza, quest’ ultima, annoverabile tra i motivi non consentiti di cui all’art. 606 c.p.p., comma 2.

Ed infatti – pure trascurando la particolare natura del reato per cui è intervenuta condanna del ricorrente, che si traduce nel mero inadempimento dell’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento al coniuge divorziato – la Corte territoriale ha, con giudizio di fatto, incensurabile in questa sede perchè ampiamente e logicamente motivato, argomentato circa l’assoluta infondatezza dell’invocato stato di necessità, precisando come lo S. sia, almeno di fatto, tuttora titolare della impresa di traslochi e che, dunque, la redditività derivante dall’esercizio di tale impresa può pure prescindere dalla sua inabilità all’esercizio dell’attività lavorativa; tanto più che la pensione di invalidità a suo tempo conseguita gli è stata revocata perchè sorpreso dalla polizia giudiziaria alla guida di un mezzo della ditta di cui era titolare.

Inammissibile è, infine, il motivo con cui si invoca l’applicazione dell’indulto, avendo la Corte territoriale, anche qui, con giudizio di fatto incensurabile in questa sede, rigorosamente motivato circa la protrazione della condotta omissiva oltre il 2 maggio 2006. 3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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