Cass. civ. Sez. I, Sent., 31-05-2011, n. 12078 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Le parti in epigrafe ricorrono per cassazione nei confronti del decreto della Corte d’appello che, liquidando Euro 1.670,00 per ciascuno per anni tre e mesi cinque circa di ritardo, ha accolto parzialmente il loro ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti alla Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per il Veneto, dal 4.11.2000 al 18.4.2007.

L’intimata Amministrazione non ha proposto difese.

I ricorrenti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione

Premesso che il Collegio ha disposto la redazione della sentenza con motivazione semplificata si osserva quanto segue.

Il primo e il secondo motivo, con i quali si censura sotto il profilo della violazione di legge e del difetto di motivazione l’impugnato decreto nella parte in cui ha determinato in 500,00 Euro all’anno l’importo dell’indennizzo per l’irragionevole ritardo del procedimento avanti la Corte dei Conti sono fondati.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito come la valutazione dell’indennizzo per danno non patrimoniale resti soggetta – a fronte dello specifico rinvio contenuto nella L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 – all’art. 6 della Convenzione, nell’interpretazione giurisprudenziale resa dalla Corte di Strasburgo, e, dunque, debba conformarsi, per quanto possibile, alle liquidazioni effettuate in casi similari dal Giudice europeo, sia pure in senso sostanziale e non meramente formalistico, con la facoltà di apportare le deroghe che siano suggerite dalla singola vicenda, purchè in misura ragionevole (Cass., Sez. Un., 26 gennaio 2004, n. 1340); in particolare, detta Corte, con decisioni adottate a carico dell’Italia il 10 novembre 2004 (v., in particolare, le pronunce sul ricorso n. 62361/01 proposto da Riccardi Pizzati e sul ricorso n. 64897/01 Zullo), ha individuato nell’importo compreso fra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 per anno la base di partenza per la quantificazione dell’indennizzo, ferma restando la possibilità di discostarsi da tali limiti, minimo e massimo, in relazione alle particolarità della fattispecie, quali l’entità della posta in gioco e il comportamento della parte istante (cfr., ex multis, Cass., Sez. 1^, 26 gennaio 2006, n. 1630).

Da tali principi consegue che non è giuridicamente rilevante, ai fini dell’attribuzione di una somma apprezzabilmente inferiore rispetto a detto standard minimo, il riferimento al carattere collettivo del ricorso.

Il terzo motivo che concerne la liquidazione delle spese è assorbito, dovendosi procedere a nuova statuizione sul punto.

Il ricorso deve dunque essere accolto nei limiti di cui in motivazione. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito e pertanto, in applicazione della giurisprudenza della Corte (Sez. 1^, 14 ottobre 2009, n. 21840) a mente della quale l’importo dell’indennizzo può essere ridotto ad una misura inferiore (Euro 750,00 per anno) a quella del parametro minimo indicato nella giurisprudenza della Corte europea (che è pari a Euro 1.000,00 in ragione d’anno) per i primi tre anni di durata eccedente quella ritenuta ragionevole in considerazione del limitato patema d’animo che consegue all’iniziale modesto sforamento mentre solo per l’ulteriore periodo deve essere applicato il richiamato parametro, il Ministero della Economia e delle Finanze deve essere condannato al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti di Euro 2.670,00 a titolo di equo indennizzo per il periodo di anni tre e mesi cinque di irragionevole ritardo quale determinato dal giudice del merito.

Le spese di questa fase seguono la soccombenza mentre quelle del giudizio di merito possono essere compensate per la metà in considerazione del ridimensionamento della pretesa (quantificata in Euro 12.000,00).
P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa in parte qua il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Economia e delle Finanze al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di Euro 2.670,00, oltre interessi nella misura legale dalla data della domanda, nonchè alla rifusione della metà delle spese del giudizio di merito che, per l’intero, liquida in complessivi Euro 1830,00 di cui Euro 680,00 per diritti e Euro 1.100,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge, compensato il residuo, e di quelle del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 1.100, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge; spese distratte in favore dei difensori antistatari.

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