Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 03-03-2011) 22-03-2011, n. 11259

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sull’appello proposto da C.M. avverso la sentenza del Giudice monocratico del Tribunale di Perugia in data 11-02-2008 che l’aveva dichiarata colpevole del reato di cui all’art. 388 c.p.p., comma 3 per sottrazione di beni pignorati di proprietà di società di cui era legale rappresentante e, concesse le attenuanti generiche, l’aveva condannata alla pena di mesi cinque e gg. 10 di reclusione ed Euro 150,00 di multa oltre al risarcimento danni e spese alle costituite parti civili, la Corte di Appello di Perugia, con sentenza in data 9-02-2010, confermava il giudizio di 1^ grado, dichiarando l’imputata interdetta dai pp.uu. per anni uno, con aggravio di ulteriori spese alla parti civili.

Avverso detta sentenza l’imputata ha proposto ricorso per cassazione, deducendo a motivi del gravame a mezzo del difensore:

1) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione all’art. 420 ter c.p.p., comma 1, n. 5 per rigetto dell’istanza di rinvio per legittimo impedimento del difensore di fiducia, ritualmente e tempestivamente documentato, con violazione del diritto di difesa innanzi alla Corte territoriale perugina;

2) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d) in relazione all’art. 507 c.p.p., per denegata acquisizione di nuovi mezzi di prova segnatamente riconducibili all’accertamento della tempestività dell’avviso ex art. 24 del regolamento dell’Istituto Vendite giudiziarie del giorno fissato per l’asporto delle cose pignorate,il tutto ai fini dell’accertamento della regolare procedura del processo esecutivo;

3) Manifesta illogicità della motivazione riferita alla mancata ammissione della prova richiesta ex art. 507 c.p.p. di cui è cenno al motivo che precede segnatamente riferita dall’effettiva spedizione e tempestività della raccomandata attinente l’avviso de quo, il tutto per poter utilmente dimostrare l’eventuale responsabilità, dell’imputato nell’asporto dei beni pignorati dal luogo ove erano custoditi;

4) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) per manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento oggettivo del reato contestato, stante la mancata prova della ritualità dell’avviso di cui all’art. 24 Reg. cit. che avrebbe consentito all’imputato, dopo il trasferimento temporaneo del beni resosi necessario per il diverso sito in cui la società andava ad operare, di riportare tali beni nei locali indicati nell’atto di pignoramento, così rendendo disponibili tali cose con conseguente insussistenza del reato;

5) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) per manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, stante il fatto che proprio in ragione dell’assenza della custode nel giorno dell’asporto dovuta, sino a che non venga dimostrato il contrario, alla mancanza di qualsivoglia avviso al riguardo, non si è in grado di valutare se la stessa volesse effettivamente sottrarre i beni all’esecuzione, così volontariamente violando gli obblighi di custodia ovvero li avrebbe resi disponibili indicando ove questi erano allocati non appena contattata o reperita;

6) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) con riferimento all’illegittima integrazione della decisione di 1^ grado attraverso l’applicazione della pana accessoria della interdizione dai pp.uu. la cui mancata irrogazione in 1^ grado ne impediva l’applicazione in secondo.

Il ricorso ha infondato e va rigettato con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Ed invero, il motivo in rito sub 1) circa l’asserita violazione del diritto di difesa già esclusa dal fatto che il difensore ha ritualmente concluso in sede di discussione innanzi alla Corte territoriale perugina, illustrando i motivi della richiesta assoluzione,come risulta a fol. 3 della sentenza impugnata.

I motivi sub 2), 3), 4) e 5), collegati tra loro sono infondati sol se si considera che, in ogni caso, la condotta della ricorrente, cose motivatamente segnalata in sentenza a foll. 5 e 6 già aveva palesemente integrato il reato de quo stante l’assoluta assenza di comunicazione preventiva al giudice dell’esecuzione e l’altrettanto comprovata assenza di preventiva autorizzazione da parte di tale AG per il trasferimento in altro luogo dei beni.

Tale rilevante omissione nella condotta dell’imputata vale a costituire il presupposto stesso del reato contestato in relazione agli elementi costitutivi dello stesso, a prescindere dalla formale comunicazione dello avviso ex art. 24 Reg. cit. di cui. il ricorrente si è doluto ma che è stato oggetto di motivata risposta a fol. 6-7 dell’impugnata sentenza con richiamo a quanto precisato dal teste C..

Le contrarie argomentazioni difensive, avuto riguardo alla inequivoca "storicità" del fatto, sembrano piuttosto delineare una mera ipotesi investigativa, a fronte di un’accertata condotta già di per sè costituente il reato contestato.

Anche il motivo sub 6) è infondato, stante la corretta risposta offerta nell’impugnata sentenza a fol. 7-8, trattandosi di pena accessoria obbligatoria in rapporto al reato contestato.

L’anzidetta infondatezza dei motivi del ricorso legittima, pertanto, il suo rigetto, con le conseguenze di legge.
P.Q.M.

RIGETTA il ricorso e CONDANNA la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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