T.A.R. Sicilia Catania Sez. IV, Sent., 14-03-2011, n. 596 Concorrenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – La struttura ricorrente impugna il decreto assessoriale meglio in epigrafe specificato ritenendo di ricevere una illegittima lesione dalla abrogazione, ad opera di esso, della previgente disciplina della programmazione regionale e della pianificazione territoriale delle apparecchiature a risonanza magnetica, disciplina introdotta con D. Assessore Sanità 2.8.1991 e successivo decreto del medesimo Assessore n. 98824/1992. In sostanza, mentre la disciplina anteriore al 1999 prevedeva un contingentamento delle apparecchiature in questione (pubbliche o private che fossero) in base alla programmazione regionale, con il decreto assessoriale oggetto del giudizio il sistema del contingentamento è stato abrogato. In ricorso si lamenta il danno economico connesso ai rilevanti costi affrontati dalla struttura per acquistare, installare e gestire l’apparecchiatura a risonanza magnetica, costi alla quale l’odierna ricorrente si sarebbe decisa ritenendosi unica destinataria – anche per il futuro – della relativa autorizzazione, atteso che, a suo dire, l’intero fabbisogno provinciale delle prestazioni sanitarie di risonanza magnetica sarebbero da essa ricorrente soddisfatte.

Vengono dedotte le censure di violazione del combinato disposto degli artt. 116 Cost., 17, lettere b) e c), e 20 r. d.l.vo n. 455/1946, 2 del decreto legislativo n. 502/1992, 4 e 5 DPR n. 542/1994 – eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità manifesta (primo motivo di ricorso), violazione del combinato disposto degli artt. 12, 17 e 20 r. d.l.vo n. 455/1946, 13 del DCPS n. 204/1947, 2 e 3 legge regionale n. 28/1962, 1 e 2 legge regionale n. 2/1978 – incompetenza, eccesso di potere per sviamento (secondo motivo di ricorso), violazione del combinato disposto degli artt. 20 r. d.l.vo n. 455/1946 e 3, comma 1, lett. c), legge n. 20/1994 (terzo motivo di ricorso), violazione del combinato disposto degli artt. 4, 5 e 15 legge regionale n. 28/1962 e 3, 4 e 19 legge regionale n. 2/1978 (quarto motivo di ricorso), violazione dell’art. 3 legge regionale n. 10/1991, violazione del combinato disposto dei decreti Ministero Sanità 29.11.1985, 2.8.1991, n. 51 e 3.8.1993, e del DPR n. 542/1994 – eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità manifesta, sotto altro profilo (quinto motivo di ricorso), violazione dell’art. 8 legge regionale n. 10/1991 (sesto motivo di ricorso).

La difesa erariale ha innanzitutto chiesto l’estromissione dal giudizio del Ministero della Salute e della Presidenza della Regione Siciliana, affermando l’estraneità di dette amministrazioni alla controversia. In secondo luogo, ha sostenuto la legittimità del decreto assessoriale 13.4.1999.

2. – La domanda di estromissione dal giudizio del Ministero della Salute e della Presidenza della Regione Siciliana va accolta, non essendo stato impugnato alcun atto delle predette amministrazioni.

Ad avviso del collegio, il ricorso è inammissibile per difetto di interesse ai sensi dell’art. 100 cpc. Va prima di tutto precisato che detta norma deve essere interpretata in modo costituzionalmente orientato, e quindi alla luce della protezione costituzionale dell’attività economica dei privati (art. 41 della Carta; cfr. per l’affermazione del principio, sia pure con riferimento ad altra materia, Tar Catanzaro, II, n. 1240/2009) e della salute (art. 32 della Carta).

Orbene, le strutture private che erogano servizi sanitari sono innanzitutto imprenditori; in quanto tali, essi svolgono un’attività che è, per norma costituzionale, libera. L’ordinamento non ne prevede, in linea generale, il contingentamento; il regime delle autorizzazioni e dell’accreditamento al SSN rispondono infatti alla diversa finalità di garantire il livello qualitativo delle prestazioni di assistenza sanitaria attraverso la fissazione di alcuni standard. Al contrario, è nell’interesse dei cittadini – sotto il profilo del diritto alla salute – e quindi risponde al pubblico interesse che si possa scegliere fra un maggior numero di strutture eroganti prestazioni sanitarie del medesimo tipo, anche sotto il profilo della diminuzione delle lunghe attese per la fruizione degli esami diagnostici assicurato da una più ampia platea di strutture sanitarie.

Alla luce delle premesse su esposte, deve concludersi che l’interesse dell’operatore economico (anche e soprattutto nelle ipotesi in cui il settore di riferimento sia quello dei servizi sanitari) a limitare la concorrenza (nel caso di specie addirittura ad azzerarla in radice, attraverso l’annullamento di un atto a contenuto normativo) è un interesse di mero fatto, che non può ricevere tutela giurisdizionale e che anzi si trova in contrasto (oltre che con i valori costituzionali dianzi indicati) col principio di libera concorrenza di ispirazione comunitaria. Principio che nel particolare settore di cui trattasi deve essere, ed è, contemperato con l’interesse pubblico alla qualità delle prestazioni sanitarie, che infatti viene assicurata attraverso la previsione di precisi requisiti che le strutture sanitarie devono possedere per poter ottenere l’autorizzazione all’installazione delle apparecchiature a risonanza magnetica; si veda, fra l’altro, l’art. 2 del decreto impugnato, che limita la collocabilità di tali apparecchaiture riservandola alle strutture già esistenti ed esercitanti l’attività sanitaria in alcune, specifiche branche specialistiche "di elevata qualificazione", o che "esercitano alte e/o altissime specialità"; si veda ancora l’art. 3, comma 1, lett. c) del medesimo decreto (secondo cui "L’autorizzazione alla gestione medica è singola e specifica. Il medico diagnosta responsabile della gestione medica deve possedere la specializzazione in radiologia ed esperienza specifica nelle metodologie RM ad uso diagnostico").

Per altro, le nefaste conseguenze economiche paventate dalla struttura ricorrente sono ancora eventuali, avendo essa impugnato un provvedimento normativo che pone nuove regole in materia di autorizzazione all’installazione ed uso di apparecchiature diagnostiche a risonanza magnetica, senza che ancora nuove autorizzazioni siano state rilasciate.

Orbene, va in proposito osservato che nel nostro ordinamento la possibilità di agire in giudizio è riconosciuta a colui che vanti un interesse personale qualificato. Con specifico riguardo al diritto processuale amministrativo si richiedono due fattori legittimanti la proposizione del ricorso: innanzitutto la sussistenza di una situazione giuridica qualificata, di interesse differenziato rispetto a tutti gli altri soggetti; in secondo luogo, l’effettività ed attualità della lesione subita (tra le ripetute affermazioni del principio in giurisprudenza cfr.: T.A.R. Campania – Napoli, I, 2 luglio 2007, n. 6417).

Con particolare riguardo all’attualità, va precisato che l’interesse deve sussistere al momento del ricorso, non essendo sufficiente a sorreggere quest’ultimo l’eventualità o l’ipotesi di una lesione (cfr.: Tar Sardegna, I, n. 2214/2007). In mancanza di una lesione attuale, che nell’emanazione di una disciplina generale delle autorizzazioni all’installazione delle apparecchiature a risonanza magnetica non si ravvisa, il ricorso va, in definitiva, dichiarato inammissibile per difetto di interesse processuale ai sensi dell’art. 100 cpc.

Le spese vanno poste a carico della società ricorrente e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di interesse ex art. 100 cpc.

Spese a carico della società ricorrente, liquidate, in favore dell’Assessorato regionale Sanità, in euro duemila oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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