Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-12-2010) 22-03-2011, n. 11300

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 20.11.2009 la Corte di appello di Perugia confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Perugia del 25.2.2003 di condanna di C.L. e B.C. alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione ed Euro 500,00 di multa per aver ricettato un assegno di Euro 5 milioni di provenienza illecita.

L’assegno veniva consegnato a P.F. per saldare un debito della Telos srl con sede in (OMISSIS) di cui era socio il C. per 4 milioni; il C. aveva consegnato il titolo in pagamento, all’ordine della Thermopolium, facendolo girare a B.C. che aveva agito come intermediario tra le parti su richiesta del P..

Era emerso che non vi erano stati rapporti commerciali tra la Telos e la Thermopolium società in favore della risultava compilato l’assegno, inoltre il titolo era post-datato, aveva un importo superiore alla somma dovuta e la società del C., nonostante avesse sede ad (OMISSIS), aveva scelto per la fornitura un soggetto di (OMISSIS) facendo affidamento sull’intermediazione del B.. La Corte territoriale rimarcava anche che gli imputati non avevano offerto alcuna spiegazione in ordine alla ricezione del titolo.

Ricorre il C. che allega la mancata dimostrazione dell’elemento soggettivo del reato. La giurisprudenza citata nella sentenza impugnata non era pertinente perchè l’imputato aveva ricevuto il titolo dalla società Thermopolium ed il ricorrente non poteva essere a conoscenza che il titolo era stato smarrito.

Con il secondo motivo si deduce la mancanza di motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’indulto ed alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena.

Il B. con il primo motivo allega che nessun elemento era emerso a carico, essendosi lo stesso limitato a girare il titolo che per natura può liberamente circolare.

L’imputato non era assolutamente in grado di controllare la provenienza del titolo; il fatto che la Telos e la Thermopolium non avessero avuto rapporti commerciali poteva valere come indizio per la prima società, ma non per il ricorrente; è prassi normale la circolazione di titoli postdatati; sul titolo figurava un regolare timbro di girata; non vi erano motivi per nutrire sospetti di sorta.

Con il secondo motivo si ribadisce che la giurisprudenza sulla mancata indicazione dalle persone da cui si era ricevuto il bene di provenienza illecita non poteva valere per la fattispecie in cui il titolo poteva regolarmente circolare ed aveva ogni apparenza di regolarità.
Motivi della decisione

I ricorsi, stante la loro manifesta infondatezza, devono essere dichiarati inammissibili.

Circa il primo motivo la Corte territoriale e il giudice di primo grado hanno osservato che è emerso, in seguito agli accertamenti effettuati dalla Guardia di finanza, che tra la Telos srl con sede in Orvieto e la Thermopolium non si erano mai svolti rapporti commerciali di sorta, per cui non poteva accedersi alla tesi del C. di averlo ricevuto in buona fede dalla Thermopolium (in relazione a rapporti che sono rimasti pertanto indimostrati). A ciò si devono aggiungere ulteriori elementi che costituiscono indizi della mala fede dell’imputato: il titolo era post-datato, il titolo aveva un importo superiore alla somma dovuta al P. e la società del C., nonostante avesse sede ad (OMISSIS), aveva scelto per la fornitura un soggetto di (OMISSIS) facendo affidamento sull’intermediazione del B.. Correttamente la Corte territoriale ha osservato come mancasse da parte degli imputati una ricostruzione credibile delle modalità con cui i ricorrenti erano entrati in possesso del titolo (Cass. n. 25756/2008).

Pertanto la motivazione appare congrua e logicamente coerente mentre le censure sono di mero fatto. Circa il secondo motivo l’indulto va chiesto pacificamente in sede esecutiva. Non sussistevano poi i presupposti di legge per la concessione della sospensione della pena.

Circa il ricorso del B. in ordine ai due motivi sviluppati va richiamato quanto detto supra. Non si è offerta alcuna plausibile giustificazione in ordine alla ricezione del titolo; il B. risulta aver operato da intermediario sia originariamente per la fornitura del carburante (nonostante la distanza tra la ditta richiedente e quella tornitrice) sia successivamente nella fase della dazione dell’assegno, previa sua girata per garanzia. Pertanto tali elementi inducono ad escludere la buona fede del ricorrente, tenuto anche conto dell’importo del titolo ed alle modalità prima ricordate "anomale" dell’episodio, dal punto di vista commerciale. La motivazione appare congrua e logicamente coerente; mentre le censure sono di mero fatto e ripropongono questioni di merito già esaurientemente esaminate dai giudici nelle precedenti fasi del giudizio.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè ciascuno – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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