Cass. civ. Sez. II, Sent., 06-06-2011, n. 12240 Reintegrazione o spoglio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato l’1.8.1990 Z.V. assumeva di appartenere alla famiglia di attori siciliani Z. e di avere costituito in data 10.2.1986 unitamente alla allora convivente D. S.S. l’associazione A.C.T.S Z.V. della quale era stato nominato Presidente mentre la D.S. era il direttore artistico. Tale associazione si occupava anche di rappresentazioni teatrali nel periodo estivo nel Teatro Tenda viaggiante V. Z. allocato in (OMISSIS) in un terreno, in comproprietà tra le parti, del quale unitamente agli impianti esistenti era stato sempre in possesso.

A seguito dell’incrinamento dei rapporti tra le parti la D.S., nell’assemblea del 9.7.1990, era riuscita a far nominare soci dell’ACTS i propri cognati e nella successiva assemblea del 19.7.1990 era riuscita ad ottenere la revoca dello Z. dalla carica di Presidente, al cui posto veniva nominata. Infine il 26.7.1990 aveva interrotto le manifestazioni nel teatro tenda impedendo l’accesso al ricorrente ed alle maestranze, cambiando le serrature.

Chiedeva al Pretore di Palermo la sospensione delle delibere e la reintegra nel possesso in proprio, quale Presidente dell’ACTS ed unico titolare del Teatro Tenda viaggiante.

La D.S. resisteva con vari argomenti ed in particolare deduceva che la titolarità del teatro e la gestione delle attività si appartenevano all’ACTS, per cui legittimamente quale Presidente aveva cambiato le serrature per evitare la sottrazione di beni.

Il Pretore disponeva la reintegra dello Z. nel compossesso e per quanto ancora interessa, con sentenza 25.3.1999, rigettava l’eccezione di estinzione del processo in quanto dopo la reintegra lo Z. aveva riassunto la causa davanti al Tribunale e non al Pretore ma nei termini, rigettava anche l’eccezione di difetto di legittimazione attiva dello Z. in quanto la delibera di revoca dalla carica di Presidente della ACTS era stata sospesa e la D.S. era stata dichiarata decaduta dalla nomina. A seguito di impugnazione della D.S., la Corte di appello di Palermo, con sentenza 971/2004 riformava la prima decisione osservando che (pur a seguito dell’annullamento delle delibere del 9 e 19 luglio 1990 con le quali erano stati nominati soci due cognati della D.S. e quest’ultima nominata Presidente dell’ACTS, da parte del Tribunale di Palermo con sentenza 7.2.92, gravata di appello), con la nomina a Presidente dell’ACTS l’appellante era divenuta rappresentante legale e si era immessa nel possesso dei beni mobili ed immobili dell’associazione.

Dai verbali risultava che in precedenza lo Z. quale legale rappresentante dell’ACTS aveva chiesto ed ottenuto di intestare a proprio nome la licenza di PS e dalla documentazione appariva evidente che sia il teatro che l’attività si appartenevano a detta associazione.

Ulteriori conferme si traevano da un certificato della Camera di Commercio e da una nota della SIAE. La D.S., nell’immettersi nel luglio 1990 nel possesso del Teatro Tenda e delle attrezzature, aveva agito in base ai poteri conferitile quale Presidente e la compagnia teatrale itinerante, proprio perchè tale, non aveva sede presso il teatro tenda nè vi aveva esercitato la propria attività dal luglio 1988 al giugno 1990.

Infondata era anche la richiesta di danni non avendo lo Z. provato l’an ed il quantum.

Ricorre Z. in proprio e nelle qualità con cinque motivi, resiste la D.S..
Motivi della decisione

Col primo motivo si denunzia nullità della decisione per ultra petitum perchè la sentenza di appello prospetta che le delibere ancorchè annullate, essendo pendente l’appello, restavano valide.

Col secondo motivo si lamenta nullità della sentenza per contraddittoria motivazione circa la certezza dell’immissione in possesso.

Col terzo motivo si deducono violazione delle norme di diritto ed omessa ed insufficiente motivazione perchè dall’inserimento in bilancio di somme per la realizzazione del teatro si evince che lo stesso si apparteneva all’associazione.

Col quarto motivo si lamentano erronea e falsa interpretazione della documentazione, contraddittorietà della sentenza e nullità della stessa per violazione delle norme sul possesso in riferimento all’art. 1168 c.c..

Col quinto motivo si denunzia violazione delle norme di diritto in riferimento all’an ed al quantum e si rimprovera alla Corte di appello una non approfondita lettura della sentenza di primo grado e degli atti di causa.

Le censure non meritano accoglimento.

In ordine alla prima, La Corte di appello non ha affatto affermato la validità ed efficacia delle delibere ancorchè annullate perchè gravate di appello, ma, nella sostanza che, nonostante il successivo annullamento, al momento della immissione in possesso la D.S. aveva legittimamente agito quale Presidente dell’ACTS. Quanto alla seconda doglianza, la motivazione della sentenza circa la certezza della immissione in possesso non è contraddittoria nè il ricorrente fornisce elementi che individuino vizi logici della motivazione, per cui la deduzione si concreta in un mero dissenso, conforme alle aspettative della parte, rispetto ad una decisione sufficientemente argomentata e plausibile.

Per la configurabilità di un possesso tutelabile è necessaria la sussistenza di un comportamento continuo, e non interrotto, inteso inequivocabilmente ad esercitare sulla cosa, per tutto il tempo all’uopo previsto dalla legge, un potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno "ius in re aliena" (ex plurimis Cass. 9 agosto 2001 n. 11000), un potere di fatto, corrispondente al diritto reale posseduto, manifestato con il compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualità e alla destinazione della cosa e tali da rilevare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria sulla cosa stessa contrapposta all’inerzia del titolare del diritto (Cass. 11 maggio 1996 n. 4436, Cass. 13 dicembre 1994 n. 10652).

Nè è denunciarle, in sede di legittimità, l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alla validità degli eventi dedotti dalla parte, al fine di accertare se, nella concreta fattispecie, ricorrano o meno gli estremi di un possesso legittimo (Cass. 1 agosto 1980 n. 4903, Cass. 5 ottobre 1978 n. 4454).

E’ principio pacifico che il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi ed alla cassazione della sentenza si può giungere solo quando la motivazione sia incompleta. incoerente ed illogica e non quando il giudice del merito abbia valutato i fatti in modo difforme dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (Cass. 14 febbraio 2003 n. 2222).

Occorre, ai fini della reintegra, la prova di essere stato privato violentemente od occultamente della disponibilità del bene di fronte all’eccezione di controparte che "feci sed iure feci".

E’ anche da osservare che, per l’esperimento dell’azione di reintegrazione, è sufficiente un possesso qualsiasi, anche se illegittimo ed abusivo, purchè abbia i caratteri esteriori di un diritto reale (Cass. 1 agosto 2007 n. 16974, 7 ottobre 1991 n. 10470).

In ogni caso non risultano compiutamente censurate le affermazioni circa la qualità itinerante del teatro e la gestione delle attività da parte dell’ACTS, di cui la D.S. agiva quale Presidente.

La terza doglianza non è decisiva per escludere la gestione del teatro da parte dell’associazione anzi conferma l’esistenza di elementi che sorreggono la decisione impugnata ed, in ogni caso, è generica nella contestuale deduzione di vizi di violazione di legge e di motivazione, in contrasto con la necessaria specificità del motivo.

Ad analoghe conclusioni si deve pervenire per il quarto motivo mentre la dedotta errata interpretazione della documentazione prospetta un errore revocatorie. Il quinto motivo, rispetto alla perentoria affermazione della sentenza dell’assenza di prova sull’an ed il quantum, si deduce una non attenta lettura della prima sentenza e degli atti, omettendo di considerare che il giudizio di legittimità comporta una critica specifica e vincolata e non può essere introdotto col mero riferimento alla preferenza per la prima decisione.

In definitiva il ricorso va respinto con la conseguente condanna alle spese.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2700,00, di cui Euro 2500,00 per onorari, oltre accessori.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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