Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-12-2010) 22-03-2011, n. 11326 Aziende di credito

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 2.7.2010 il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Lecce disponeva la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di P.A. siccome indagato per i reati di cui agli artt. 416, 110 e 629 c.p. aggravato dalla L. n. 152 del 1991, art. 7 e D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 132, comma, fatti commessi in (OMISSIS) e altre località tra il (OMISSIS).

Avverso la suddetta ordinanza la difesa dell’indagato proponeva istanza di riesame che il Tribunale, con ordinanza 20.7.2010, respingeva confermando il provvedimento del giudice delle indagini preliminari.

La difesa richiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata deducendo la violazione e la errata applicazione della legge penale ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. B), nonchè il vizio di carente, contraddittoria ed illogica motivazione. In particolare la difesa sostiene che la responsabilità dell’imputato è stata affermata in via principale ed esclusiva dalle dichiarazioni contenute nella denuncia 20.9.2009 sporta da D.P.D., nonchè dai risultati delle intercettazioni telefoniche; lamenta che dalla motivazione del provvedimento cautelare si evince l’evanescenza indiziaria degli elementi di accusa e che dagli occasionali contatti telefonici intervenuti con F. e S. non emerge alcuna condotta (penalmente rilevante) che consenta di desumere l’esistenza della partecipazione del prevenuto ad un pactum sceleris, o uno stabile inserimento in una struttura illecita. La difesa rileva ancora, che dagli atti processuali non si evincono elementi di una solida associazione caratterizzata da ampiezza e contiguità di rapporti e ripetitività nel tempo delle condotte e una diversificazione di ruoli, concludendo che l’inizio dei rapporti del P. con gli altri sodali sarebbe avvenuto solo in epoca recente e che non emergono elementi per affermare la esistenza della aggravante di cui alla L. n. 152 del 1991, art. 7.

Con un secondo motivo la difesa lamenta l’erronea applicazione degli artt. 274 e 275 c.p.p., oltre alla carente, illogica e contraddittoria motivazione in ordine alla esistenza delle esigenze cautelari, sostenendo che la presunzione di pericolosità fondata sulla prescrizione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, ben potrebbe essere superata da una adeguata valutazione del comportamento processuale unito al fatto che la detenzione dura da un apprezzabile lasso di tempo, non sono emerse ulteriori evenienze in malam partem, vi è stato un comportamento collaborativo da parte dell’imputato nel corso dell’interrogatorio del 28.7.2010. Da ultimo la difesa rammentando che il Tribunale del riesame di Lecce ha attenuato la misura cautelare della custodia in carcere emessa nei confronti di M.F., C.L., P.M. e R.A., sostiene che in applicazione di un effetto estensivo degli effetti favorevoli della decisione emessa nel procedimento cautelare dovrebbe investire anche la posizione dell’odierno ricorrente.

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, perchè la difesa non denuncia specifiche violazioni di interpretazione o di applicazione di norme penali sostanziali, ma solo censure generiche che non toccano la motivazione del provvedimento impugnato; infatti la difesa si limita ad enunciare doglianze che attengono al merito della valutazione dei mezzi di prova acquisiti. L’ordinanza del Tribunale del riesame illustra in modo articolato e approfondito la struttura di un’associazione per delinquere operante nella zona di (OMISSIS) e località limitrofe, composta di più persone, dedita all’attività di usura e al compimento degli ulteriori reati strumentali al perseguimento del profitto (estorsioni). Il Tribunale indica in modo dettagliato e puntuale la composizione di detta struttura criminale, il sistema di organizzazione al suo interno nonchè la ripartizione dei compiti individuando la collocazione del P.A. e il suo specifico ruolo di "esattore", descrivendo anche la concreta natura del ruolo partecipativo dell’imputato e il contributo causale apportato all’organizzazione con la sua condotta indicando due distinte fonti di prova rappresentate: da un lato dalle dichiarazioni del D.P.D. e dall’altro dal contenuto delle intercettazioni delle conversazioni telefoniche intercorse tra l’imputato, il F. e lo S. (personaggi di vertice dell’organizzazione secondo la ricostruzione operata dal Tribunale).

Il Tribunale ha effettuato la verifica dell’attendibilità del D. P. che si distingue per la particolare linearità espositiva.

La veridicità delle sue dichiarazioni sono poi puntualmente riscontrate da obbiettivi elementi esterni tra i quali sono indicate proprio le intercettazioni telefoniche. Si tratta di valutazioni di merito sul materiale probatorio assunto nel corso delle indagini e la motivazione non presenta vizi di contraddittorietà, carenza o manifesta illogicità o travisamento degli elementi di prova.

Le doglianze pertanto, anche con riferimento agli aspetti di cui alla L. n. 152 del 1991, art. 7, sono generiche, attinenti ad aspetti del merito della valutazione delle prove, e costituiscono solo un tentativo di una diversa lettura del materiale probatorio proponendo aspetti di sindacato che non rientrano fra i compiti del giudice di legittimità.

Anche il secondo motivo di censura è manifestamente infondato.

Il Tribunale del riesame ha puntualmente indicato gli elementi di fatto che ex art. 274 c.p.p., lett. C) e art. 275 c.p.p., comma 3, non consentono altra e diversa misura cautelare se non quella della custodia cautelare in carcere. Il Tribunale del riesame ha puntualmente indicato le ragioni per le quali esprime un giudizio assai negativo sulla condotta e la personalità del ricorrente e le ragioni per le quali la misura della custodia cautelare in carcere appare come l’unica adeguata e proporzionata alla gravità dei fatti e all’offensività della condotta e indispensabile per prevenire il rischio concreto di reiterazione della condotta illecita. Anche per tale parte, la motivazione dell’ordinanza appare adeguata non essendo accoglibile la tesi prospettata dalla difesa circa l’estensibilità delle ragioni che hanno giustificato un diverso trattamento sanzionatorio per taluni indagati, anche all’odierno ricorrente; si tratta di deduzione manifestamente infondata e generica, perchè attinente a provvedimenti diversi che non sono sottoposti all’esame di questo collegio.

Per le suddette ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende attesa la pretestuosità delle doglianze proposte. Si dispone che la Cancelleria effettui le comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per le comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

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