T.A.R. Lazio Roma Sez. II, 01-07-2010, n. 22077 ATTI AMMINISTRATIVI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. – Premetteva la Signora P.C. di essere proprietaria di quattro appartamenti presso il fabbricato, suddiviso in più scale, sito in Roma alla Via Bruno Bruni n. 36 e più precisamente degli appartamenti contraddistinti con i numeri di interno 4, 12, 18 e 22, tutti riferibili alla scala "S";

Riferiva la ricorrente che, in data 25 marzo 2003, le venivano notificate quattro copie della stessa ordinanza emessa dal Sindaco del Comune di Roma prot. n. 12590 del 14 marzo 2003, ciascuna per ogni singolo immobile di sua proprietà, come sopra meglio descritti.

Soggiungeva che l’ordinanza di cui sopra faceva riferimento ad una serie di appartamenti del fabbricato di Via Bruni, dall’interno 1 all’interno 41 e tutti della scala "S", dichiarava inabitabili i predetti appartamenti ed ingiungeva il loro sgombero entro 10 giorni dalla notifica dell’ordinanza.

Lamentava la ricorrente che il grave provvedimento assunto dal Comune di Roma nei suoi confronti e con riferimento agli appartamenti di sua proprietà era del tutto ingiustificato ed affetto da numerosi vizi, soprattutto in quanto non sussistevano i presupposti di carenza igienica e pericolosità contestati nell’ordinanza, della quale si chiedeva il giudiziale annullamento.

2. – Si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale chiedendo la reiezione del gravame.

Con ordinanza cautelare n. 1659 del 2003 questo Tribunale respingeva la relativa istanza proposta dalla parte ricorrente.

In seguito alla produzione documentale della difesa dell’Amministrazione resistente, la ricorrente proponeva due ricorsi recanti motivi aggiunti onde confermare la sussistenza di evidenti vizi nell’istruttoria svolta prima dell’adozione dell’ordinanza sindacale impugnata.

Stante la carenza di documentazione presente in atti su tutti gli aspetti dell’istruttoria svolta da Comune ed in particolare in assenza di indicazioni documentali attinenti l’esatta portata dell’intervento e del ruolo assunto nella vicenda dagli uffici sanitari competenti, con ordinanza istruttoria 15 settembre 2009 n. 1176, veniva disposta, con adempimento a carico del Comune di Roma (nello specifico l’U.O. XX Gruppo polizia municipale, l’Ufficio abusivismo edilizio del Dipartimento IX) e della ASL RM/E (U.O. Igiene e sanità pubblica), l’acquisizione di tutta la documentazione utile a chiarire l’effettivo quadro delle condizione igienicosanitarie riferite agli appartamenti di proprietà della Signora C. – tenuto conto che la stessa aveva depositato perizia di parte nella quale non si riscontravano anomalie tecnico funzionali negli appartamenti in questione tali da far emergere condizioni di inabitabilità – oltre a specifiche relazioni in merito.

La sola Amministrazione comunale dava riscontro nei termini indicati nell’ordinanza.

In vista dell’udienza fissata per la discussione del merito della controversia, la difesa della parte ricorrente depositava sentenza del giudice penale con la quale dichiarava assolta, perché il fatto non costituisce reato, la Signora C. dal reato di non avere ottemperato all’ordinanza sindacale qui impugnata, oltre alle trascrizioni (in particolare) dell’esame, quale teste, del responsabile dell’Ufficio della ASL al quale erano imputabili i sopralluoghi negli appartamenti ai quali l’ordinanza sindacale faceva riferimento.

3. – Fermi i fatti e le contrapposte posizioni processuali per come sopra riferiti, il Collegio deve anzitutto rilevare – per chiarezza – che la vicenda sottesa all’emanazione dell’ordinanza sindacale di sgombero 14 marzo 2003 n. 12590 evidenzia, almeno per quanto riguarda le questioni sottoposte all’esame di questo Tribunale con il ricorso proposto dalla Signora C., carenze istruttorie nel comportamento degli Uffici, comunali e sanitari competenti, che solo in parte si sono dimostrate non insuperabili per effetto dell’acquisizione documentale provocata dall’ordinanza istruttoria emessa dal Tribunale, vista l’assenza di risposta (direttamente, per quanto poi si dirà) da parte degli Uffici sanitari entro i termini indicati nella predetta ordinanza. Atteso che il ruolo assunto, anche solo per competenza, dagli Uffici sanitari nella vicenda che ha portato all’adozione del provvedimento di sgombero è da ritenersi "centrale", l’assenza di adeguati riscontri istruttori avrebbe potuto rendere condivisibili molte delle perplessità prospettate dalla parte ricorrente e che costituiscono una delle principali censure che vengono mosse nei confronti dell’atto impugnato.

Tuttavia, grazie alla tempestiva produzione documentale posta in essere dal Comune di Roma, rispetto ai termini indicati nell’ordinanza istruttoria, si sono potuti acquisire elementi utili a conoscere gli esiti dell’istruttoria posta in essere dalla ASL, scoprendosi nello stesso tempo però che le conferme circa le carenze igienicoedilizie riscontrate negli appartamenti provengono da un sopralluogo effettuato in epoca successiva rispetto alla data di emanazione dell’ordinanza di sgombero qui impugnata.

In sintesi, dalla documentazione tutta acquisita agli atti (ed in particolare da quella prodotta in adempimento dell’ordinanza istruttoria dal Comune intimato), emerge che:

a) in data 20 settembre 2001 i Vigili del fuoco erano intervenuti presso lo stabile di Via Bruno Bruni in Roma, al fine di verificare la presenza o meno di situazioni di pericolo connessi con il rischio di incendi;

b) con nota dell’8 novembre 2001 l’ASL RM/E segnalava al Quinto dipartimento del Comune di Roma una situazione di grave disagio e pericolo per la salute pubblica, sempre con riferimento allo stabile in questione, in particolare per tutti gli immobili del piano/scala "S";

c) in data 14 marzo 2003 l’Unità organizzativa Area sanità del suindicato dipartimento comunale emetteva l’ordinanza n. 12590 ingiungendo ai proprietari degli immobili di sgomberare immediatamente gli appartamenti siti presso gli interni da 1 a 41 del ridetto fabbricato;

d) per quanto riguarda gli appartamenti di proprietà della odierna ricorrente ed in particolare per quello ubicato all’int. 20, risulta una procedura di condono relativamente ad una istanza di sanatoria proposta in epoca successiva all’annullamento del certificato di abitabilità (che a propria volta risulta oggetto di ricorso dinanzi a questo Tribunale, nel corso del quale è stata accolta la domanda incidentale di sospensione dell’efficacia), ma in ogni caso lealmente gli Uffici comunali danno atto (ved. nota prot. n. 61959 del 5 ottobre 2009) della circostanza che i procedimenti edilizi sulle concessioni in sanatoria e sui certificati di abitabilità relativi a tutti e quattro gli appartamenti di proprietà della Signora C. non sono mai stati completati dagli Uffici competenti.

4. – Si è detto più sopra che l’adempimento istruttorio richiesto dal Tribunale, diretto anche nei confronti della ASL RM/E (U.O. Igiene e sanità pubblica), soprattutto al fine di conoscere se vi erano stati dei sopralluoghi, precedentemente all’epoca ed in vista dell’adozione dell’ordinanza di sgombero qui impugnata, che avevano interessato i quattro appartamenti di proprietà della Signora C. e quali esiti fossero stati registrati in merito, non è stato adempiuto dalla predetta ASL.

Deve però rilevarsi che, nell’ambito della produzione documentale da ultimo effettuata dal Comune, è presente una nota del 29 ottobre 2009, (prot. n. 6683) evidentemente riferita alla richiesta istruttoria di questo Tribunale (a quanto è dato di comprendere dall’oggetto della nota stessa) del Dipartimento di prevenzione Servizio di igiene e sanità pubblicaUnità operativa ambiente 2Ufficio territoriale XX Municipio, nella quale si fa riferimento ad una "complessa problematica comprendente abusi edilizi, carenze igieniche e di sicurezza" (così, testualmente, a pag. 1 della nota) con riguardo agli appartamenti del fabbricato nel quale insistono gli immobili di proprietà della Signora C., in quanto "tutti gli alloggi risultano con altezze ridotte, scarsamente illuminati e aerati" (così, ancora, a pag. 1).

La nota poi si sofferma sulle condizioni dei quattro appartamenti di proprietà dell’odierna ricorrente, confermando analiticamente – con puntuali precisazioni anche in termini spaziali circa le superfici e le altezze riferibili a ciascun immobile – le carenze contestate, soprattutto con riguardo ai requisiti minimi di abitazione previsti dal DM 5 luglio 1975 e dal Regolamento edilizio comunale dei quali sarebbero privi e quindi affermando, conclusivamente (ved. a pag. 4 della suindicata nota), che "gli alloggi in oggetto non sono idonei per civile abitazione in quanto, oltre a non essere conformi alla normativa di riferimento, sono privi sia dei requisiti igienico sanitari generali a tutela del benessere fisico degli occupanti, sia di quelli che concorrono al benessere psichico e sociale (dimensionamento opportuno dei vani, adeguata quota di illuminazione naturale, quota di volta celeste e di paesaggio visibile dall’interno).

5. – Emerge tuttavia dalla nota della ASL, prodotta dal Comune di Roma, che l’unico sopralluogo al quale si fa riferimento è quello del 29 maggio 2003, svoltosi peraltro "a richiesta della proprietaria, sig.ra C." (così a pag. 2 della nota).

E’ pur vero che nella ridetta nota si considera tale sopralluogo "ulteriore verifica", ma in nessuna parte della nota né in altri documenti acquisiti agli atti vi è traccia di un sopralluogo precedente rispetto alla data del 14 marzo 2003 (data di emissione dell’ordinanza di sgombero qui impugnata) e, in particolare, che faccia riferimento ad una verifica dei quattro appartamenti di proprietà della Signora C..

Peraltro, dall’esame della documentazione da ultimo prodotta dalla difesa di parte ricorrente ed in particolare dalla lettura delle trascrizioni, riferite al procedimento penale nel corso del quale è stata assolta l’odierna ricorrente (e rispetto al quale si è sopra detto), dell’esame testimoniale della dirigente dell’Ufficio della ASL RM/E che avrebbe avuto un ruolo centrale nel corso dell’istruttoria preventiva rispetto all’emanazione dell’ordinanza di sgombero impugnata – dirigente (dott.ssa Lina Bordi) che è la stessa ad avere sottoscritto la nota del 29 ottobre 2009, (prot. n. 6683) prodotta dal Comune di Roma – si evidenzia una forte incertezza che i sopralluoghi effettuati in via istruttoria e che avrebbero condotto all’adozione dell’impugnata ordinanza avessero con certezza (ed al di là di ogni ragionevole dubbio) coinvolto anche (e sicuramente) i quattro appartamenti di proprietà dell’odierna ricorrente.

Siffatta riscontrata insufficienza istruttoria, accompagnata dalla confermata pendenza di procedimenti di sanatoria edilizia riferiti ai più volte ricordati quattro appartamenti, costituiscono elementi utili a ritenere fondata la censura di difetto di istruttoria con riferimento alle attività di indagine che hanno giustificato l’adozione dell’ordinanza di sgombero qui impugnata, non essendo ovviamente sufficiente un sopralluogo postumo e a richiesta della parte interessata a colmare il vuoto procedimentale riscontrato e a rendere legittimo un provvedimento che formalmente appare assunto, sempre con riferimento ai quattro appartamenti in questione, sulla base di riscontri all’epoca non certi.

Ciò non toglie, ovviamente, che, pur in esito alla dichiarata illegittimità dell’ordinanza impugnata, nella parte in cui si riferisce ai quattro appartamenti della ricorrente (beninteso), gli Uffici competenti sia sul versante igienicosanitario che edilizio, a completamento dei procedimenti di sanatoria ancora in corso ovvero anche in esito ad appositi sopralluoghi nel corso dei quali si tenga conto anche dei riscontri peritali acquisiti dalla Signora C., possano adottare nuovi ed ulteriori provvedimenti a tutela e a garanzia delle condizioni igienicoambientali e di sicurezza degli occupanti degli appartamenti medesimi, pur se diversi dalla proprietaria.

6. – In conclusione, tenuto conto di quanto sopra si è asservato e verificata la fondatezza della censura di difetto di istruttoria formulata dalla parte ricorrente, può trovare accoglimento il ricorso proposto nei limiti e nei termini di cui sopra, annullandosi l’ordinanza sindacale 14 marzo 2003, prot. n. 12590, nella sola parte in cui ingiunge lo sgombero degli immobili di proprietà della ricorrente siti in Roma, Via Bruno Bruni n. 36, scala "S" e riferiti agli appartamenti contraddistinti dagli interni 4, 12, 18 e 22; fatti salvi gli ulteriori provvedimenti che l’Amministrazione intenderà adottare.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in complessivi Euro 2.000 (euro duemila), come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda, pronunciando in via definitiva sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato nei limiti e nei termini di cui in motivazione.

Condanna il Comune di Roma, in persona del Sindaco pro tempore, a rifondere le spese di giudizio in favore della Signora P.C., che liquida in complessivi Euro 2.000 (euro duemila), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 dicembre 2009 con l’intervento dei Magistrati:

Luigi Tosti, Presidente

Silvestro Maria Russo, Consigliere

Stefano Toschei, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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