Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-12-2010) 22-03-2011, n. 11320 Aziende di credito

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 2.7.2010 il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Lecce applicava a S.M. la misura cautelare della custodia in carcere per la violazione dei reati di cui all’art. 416 c.p.p., commi 1 e 5 (con condotta permanente dalla fine del 2006 fino alla data odierna); art. 644 c.p., commi 1 e comma 5, nn. 3 e 4; D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 132, comma 1, fatti commessi in (OMISSIS) e la fine del (OMISSIS).

Avverso la suddetta ordinanza la difesa del prevenuto proponeva istanza di riesame ex art. 309 c.p.p.. Il Tribunale, con ordinanza 27.7.2010 confermava il provvedimento impugnato rilevando:

1) la esistenza di gravi indizi di colpevolezza desunti dagli esiti della attività investigativa condotta dal Reparto Operativo del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Lecce e condensati nell’informativa conclusiva n. 165/1-6-1 2009;

2) l’organica appartenenza dello S.M. provata da una "pletora di acquisizioni istruttorie", dal contenuto delle intercettazioni telefoniche, dalle numerose dichiarazioni rese dalle vittime, dal controllo e dall’attività di osservazione e pedinamento disposta dalla polizia giudiziaria;

3) la rilevanza delle intercettazioni del 29.4.2009 attraverso le quali si apprendeva: a) che tale G.G., detto (OMISSIS), dopo avere avvisato S.A. (fratello dell’indagato e figura di spicco della organizzazione criminosa) prendeva contato con il prevenuto consegnandogli a titolo di pagamento la somma di Euro 800,00 pertinente ad un prestito di natura usuraria; b) che l’indagato aveva comunicato al proprio fratello di avere riscosso la somma dal G., senza procedere al suo conteggio, al fine di non far capire al G. di essere a conoscenza del traffico illecito;

4) la prova della responsabilità dell’indagato dalle dichiarazioni rese da D.P.D. in data 22.9.2009 (motivatamente ritenuto attendibile), avendo quest’ultimo affermato di avere appreso dallo S.A. che il di lui fratello M. era a conoscenza della vicenda usuraria svolgendo in concreto il ruolo di "cassiere" e "custode" del denaro;

5) che lo S.M. (stabilmente presente all’interno del negozio (OMISSIS), ove avvenivano gli incontri e i successivi accordi con le persone sottoposte ad usura) dava il proprio contributo alla realizzazione del piano criminoso attraverso la dazione e la percezione di somme di denaro collegate alla attività usuraria.

Il Tribunale del riesame affermava quindi: a) l’infondatezza delle censure mosse dalla difesa al contenuto della ordinanza cautelare; b) l’esistenza di esigenze cautelari costituite dal pericolo della reiterazione della condotta criminosa essendo la condotta del prevenuto caratterizzata da disvalore sociale, con palese assenza di remore e di sensibilità in condotte concretanti lo sfruttamento dello stato di grave soggezione e condizionamento psicologico delle vittime.

Avverso la suddetta ordinanza ricorre per Cassazione la difesa dell’indagato, richiedendo l’annullamento del provvedimento, denunciando il vizio di mancanza e manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), particolare la difesa lamenta come il Tribunale del riesame non abbia preso considerazione le questioni sollevate con l’impugnazione e relative alla sufficienza, all’univocità e alla gravità degli elementi indiziati posti a carico del prevenuto con riferimento a tutte le ipotesi di reato. La difesa segnala che il giudice del merito non avrebbe fornito adeguata risposta alle ragioni di gravame sostenendo che:

1) Gli elementi di prova a carico dell’imputato si riducono a due sole conversazioni intercettate che, scevre da linguaggi criptici, non hanno carattere di univoca concludenza della partecipazione dell’indagato alla associazione criminosa.

2) Mancano elementi di prova in ordine a collegamenti con appartenenti alla associazione diversi dal fratello, mentre la conoscenza con il G.G. è da ricondursi a normali rapporti di conoscenza familiare, essendo stato escluso da quest’ultimo di essere stato sottoposto ad usura dallo S..

3) Le ragioni indicate dal Tribunale nell’affermare che il G. G. non è credibile, sarebbero affermazioni apodittiche e prive di reale riscontro.

4) la prova della consapevolezza della esistenza di un rapporto usurario in essere con il G., sarebbe frutto di forzatura nella valutazione del dato probatorio rappresentato dal testo di una sola telefonata 5) Il cambio di assegni intercorso tra il G. e lo S. avrebbe giustificazione esclusivamente nella necessità di ordine finanziario risolte attraverso un reciproco "mutuo soccorso". 6) Lo S.M. ha avuto un unico rapporto con il D. P.D., risalente al 2008, senza ulteriore e successivo contatto, con successiva mancanza di efficacia dimostrativa della affermazione del secondo circa la conoscenza della vicenda usuraria da parte del primo 7) La consegna di Euro 1.000,00 al R.G., per disposizione del proprio fratello S.A. non è di per sè dimostrativo della conoscenza della esistenza di un rapporto usurario con il percettore della somma.

Il ricorso è fondato e va accolto. Il Tribunale del riesame dopo avere dettagliatamente descritto l’articolata organizzazione criminale ruotante intorno alla società finanziaria facente capo al D., afferma che lo S.M. (odierno ricorrente) sarebbe uno dei principali collaboratori dello S.A. (figura di spicco all’interno della associazione criminosa), operando continuativamente nella gestione dei prestiti.

Tale assunto, in quanto dimostrato, costituire indubbiamente prova idonea per affermare che l’odierno ricorrente sia partecipe dell’associazione e concorrente nei reati fine.

Il Tribunale del riesame afferma che l’organica partecipazione del prevenuto al sodalizio emergerebbe "da una pletora di acquisizioni istruttorie", "dall’eloquente contenuto delle intercettazioni telefoniche", "dalle numerose dichiarazioni di tutte le vittime della attività illecita usuraria".

Dalla lettura della ordinanza impugnata si evincerebbe, in primo luogo, dal contenuto di due intercettazioni la n. 1182 e la n. 1185.

Con la prima G.G. avvisa S.A. (fratello dell’indagato) che avrebbe portato a S.M., presso il negozio (OMISSIS), del denaro relativo ad prestiti usurari. Con la seconda lo S.M. comunica al fratello, A. di avere riscosso la somma, ma di non averla contata in presenza del G., per non far sapere di essere a conoscenza dell’attività usuraria.

Un secondo elemento indiziante è desunto dal Tribunale dalla circostanza che tale D.P.D. (persona sottoposta ad usura) parlando con S.A., è stato da questi invitato a ritirare il denaro contante (provvista per lo sviluppo di un successivo rapporto di natura usurari) presso il negozio di T. direttamente dalle mani del fratello S.M., essendo a conoscenza della vicenda usuraria.

Sulla base dei medesimi elementi il Tribunale ha ravvisato indizi di colpevolezza dello S.M., anche in relazione ai reati di cui ai capi b) e c) (usura ed illecita attività finanziaria) desumendo ulteriore argomento di prova dal fatto che l’imputato prestava attività lavorativa stabile all’interno del negozio (OMISSIS), luogo ove si svolgevano gli accordi usurai fra i componenti della consorteria.

Gli indizi proposti dal Tribunale a sostegno della ordinanza cautelare non appaiono gravi ed idonei a far ritenere quantomeno probabile la partecipazione dello S.M. all’associazione criminosa descritta al capo a), non avendo neppure valenza probatoria sufficiente per pervenire ad un giudizio di colpevolezza in ordine agli ulteriori reati.

L’unico indizio che in modo diretto consente di ritenere che lo S.M. conosca di una attività usuraria, svolta dal proprio fratello, è rappresentata dalla conversazione telefonica intercettata con la quale il prevenuto comunica allo stesso che, presso il negozio, era passato il G. il quale aveva lasciato una busta contenente del denaro che non era stato contato, per non dare ad intendere di essere a conoscenza della vicenda usuraria.

Il dato se è probante ai fini di una accusa di partecipazione dello S. al delitto di usura esercitata nei confronti del G., pur tuttavia non ha, di per sè alcun carattere dimostrativo della consapevole partecipazione del prevenuto alla attività di una ben più vasta associazione per delinquere dedita all’esercizio dell’usura, nè di per sè è dimostrativo del ruolo ricoperto dall’indagato all’interno della stessa della consistenza del suo contributo causale.

Analoga considerazione si deva fare in riferimento alle conversazioni intercorse tra lo S.A. con il G., da un lato, e con il D.P. dall’altro. In entrambi i casi si tratta di dati indizianti privi del carattere di gravità traducendosi in generiche affermazioni fatte dal fratello dell’indagato e prive di ulteriori riscontri che univocamente possano portare a ritenere che lo S.M. riveste un ruolo ben definito all’interno della associazione criminosa. Si tratta di sicuramente di indizi che per altro, atteso il loro carattere indiretto rispetto al fatto da provare, necessitano di ulteriori riscontri, essendo da soli insufficienti a provare la consapevolezza e la volontà dello S.M. di partecipare ad una associazione criminale dedita all’attività di usura, nonchè il ruolo dallo stesso rivestito all’interno della associazione e il suo contributo causale nel perseguimento dei fini illeciti di detta associazione, potendo, sulla base dei suddetti elementi, il prevenuto essere compartecipe di singole attività criminose.

La circostanza che presso l’esercizio commerciale nel quale lo S.M. prestava la propria attività lavorativa, si svolgessero le riunioni della consorteria per la "implementazione dei rapporti usurati", riferita dal Tribunale è in sè, per come formulato, un elemento di fatto del tutto generico che assurge a rango di mero sospetto. Infatti non sono esplicitate le circostanze degli incontri, i nomi dei partecipanti e se alle dette riunioni fosse anche presente l’indagato.

Per le suddette ragioni, accolto il ricorso gl’ordinanza deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Lecce per nuovo esame sul punto.

Si dispone che la cancelleria provveda alle comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Lecce per nuovo esame. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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