Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 19-01-2011) 22-03-2011, n. 11316 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Hanno proposto ricorso per cassazione V.S. e Z. G., per mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Trieste del 7.4.2010, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei loro confronti dal locale Tribunale il 17.11.2008, per il reato di cui all’art. 110 c.p. e L. n. 648 del 1982, art. 21.

La difesa deduce il vizio di violazione di legge e il difetto di motivazione della sentenza ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), rilevando che il fatto avrebbe dovuto essere riqualificato ai sensi della L. n. 55 del 1990, art. 18, comma 2 e D.P.R. n. 554 del 1999, art. 72, dal momento che nel caso di specie si sarebbe tratto di lavorazioni riguardanti la fornitura con posa in opera di impianti e di strutture speciali.

La Corte di merito avrebbe respinto le prospettazioni difensive sulla corretta qualificazione giuridica del fatto basandosi sulle atecniche valutazioni di un ispettore del lavoro, secondo il quale la deroga alle disposizioni della L. n. 648 del 1982 opererebbe solo nell’ipotesi in cui il bene appartenga alla tecnologia dell’impresa sub-appaltatrice e non quando si tratti di beni in comune commercio.

La questione, in realtà avrebbe dovuto essere risolta con apposita perizia, per accertare se la tipologia dei lavori affidati dalla Elettrotermoimpianti all’impresa degli imputati, "La Tecnologica" rientrasse tra quelle previste dal D.P.R. n. 554 del 1999, art. 72, che contiene l’individuazione delle strutture, impianti e opere speciali.

Non sarebbe poi pertinente ai segnalati profili di indagine, la valutazione dei giudici di merito circa la facile reperibilità sul mercato dei materiali da impiegare per i lavori, che nulla direbbe sul carattere "speciale" degli stessi.

Con il secondo motivo, la difesa deduce comunque gli stessi vizi di legittimità in ordine alla conferma del giudizio di condanna per il reato così come contestato, rilevando di avere prodotto, nel corso del giudizio di merito, il contratto di cessione alla Tecnologica da parte della Elettrotermoimpianti, del ramo di azienda interessato dall’appalto principale, nel quale si prevedeva espressamente che il cessionario sarebbe subentrato nei contratti in corso.

La Corte territoriale aveva escluso la compatibilità della cessione con la tutela degli interessi considerati dalla norma incriminatrice, ma sulla base di una lettura soltanto superficiale di alcune sentenze della giurisprudenza amministrativa, dalle quali si desumeva in realtà un’evoluzione degli indirizzi giurisprudenziali in materia nel senso dell’ammissibilità di una successione nel rapporto negoziale anche nei contratti di appalto pubblico.

L’ultimo motivo concerne esclusivamente la posizione di Z. G., denunciando la difesa il vizio di violazione di legge e il difetto di motivazione della sentenza in ordine alla sussistenza nei suoi confronti dell’elemento psicologico del reato, asseritamente affermata dai giudici di appello con argomentazioni del tutto apodittiche e con il generico richiamo al dovere di informazione incombente anche sullo stesso ricorrente in ordine alle caratteristiche dell’appalto. Il ricorso è infondato.

Va anzitutto rilevato che il risalente orientamento giurisprudenziale, secondo cui essendo previsto quali requisiti soggettivi ed oggettivi devono possedere i concorrenti all’aggiudicazione dei contratti pubblici al momento della pubblicazione del bando di gara, quello partecipante non può nel corso della procedura cedere ad altri la sua posizione di partecipante, nè può la stazione appaltante aggiudicare il contratto ad un soggetto che non abbia presentato in proprio domanda di partecipazione al procedimento, si è andato in effetti col tempo progressivamente evolvendo in correlazione alla contemporanea attenuazione, sulla spinta del diritto comunitario, della personalizzazione del contratto di appalto pubblico: nell’ordinamento interno, con la L. n. 109 del 1994, art. 35 sono state, in particolare, previste – sia pure con riferimento alla fase esecutiva del contratto, ritenute però estensibili anche alla fase dell’aggiudicazione dell’appalto – alcune ipotesi (cessione di azienda e trasformazione, fusione e scissione di società) in cui è consentita la successione nel rapporto negoziale con l’amministrazione appaltante, modificandosi in tal modo ed integrando L. n. 55 del 1990, art. 18, comma 2, come già sostituito dalla L. 12 luglio 1991, n. 203, art. 12. Contemporaneamente si è ritenuta ammissibile la circolazione oggettiva di alcune delle referenze proprie dell’operatore economico, le quali, in quanto non strettamente personali dell’imprenditore, possono essere utilizzate da diverso soggetto alla sola condizione che esso dimostri di poterne effettivamente disporre e che dell’utilizzazione sia fatta informazione alla stazione appaltante (cosiddetto principio dell’avvalimento). Nell’indicata prospettiva, si può, pertanto, ritenere acquisito nella giurisprudenza vigente l’ulteriore principio della derogabilità di quello precedentemente richiamato dell’immodificabilità soggettiva dell’offerente, ammettendosi la possibilità del subentro allo stesso di altro soggetto nella posizione di contraente o di partecipante ad una gara per l’aggiudicazione di un appalto pubblico in caso di cessione di azienda e di trasformazione di società; sempre però, che la cessione dell’azienda o gli atti di trasformazione, fusione o scissione della società, sulla cui base avviene il detto subentro, siano comunicati alla stazione appaltante e questa abbia verificato l’idoneità soggettiva del subentrante. Ebbene, su questi principi, costituenti il frutto di un’evoluzione giurisprudenziale che trova un punto di approdo definitivo in Cons. di Stato, sez. 6, 6.4.2006 n. 1873, in realtà la sentenza impugnata non dice affatto cosa diversa dalle deduzioni dei ricorrenti; ma sottolinea che le ipotesi ammissibili di successione nel contratto di appalto pubblico, sono subordinate alla condizione che del mutamento del contraente privato sia previamente informata la pubblica amministrazione appaltante, per consentirle di verificare l’idoneità soggettiva del subentrante.

Tanto non è invece avvenuto nel caso di specie, come rileva opportunamente la Corte di merito, dal momento che la cessione alla "Tecnologica", da parte della Elettroimpianti, del ramo di azienda interessato dalle opere in oggetto, e comunque il programmato subentro della prima società nei lavori appaltati, non era stato mai comunicato alla stazione appaltante, ciò che comporta di massima l’aggiramento della normativa di tutela degli interessi pubblici implicati nella vicenda.

Ma anche riguardo alla natura dei lavori, nella direzione della verifica della sussistenza delle altre ipotesi derogatorie di cui al D.P.R. n. 555 del 1999, art. 73, le valutazioni della sentenza impugnata sono esenti da vizi logico giuridici.

Nella previsione del DPR cit., art. 72 infatti, l’elencazione, al comma 4, delle singole opere speciali, è preceduta dalla definizione delle opere "specializzate" contenuta nel comma precedente, che tale qualifica attribuisce alle lavorazioni che nell’ambito del processo realizzativo dell’opera o lavoro necessitano di una particolare specializzazione o professionalità.

La dicotomia "opere speciali" – "opere specializzate" non può quindi convenirsi in un’endiadi; la prima categoria definisce infatti alcune tassative tipologie di lavori, soltanto nell’ambito delle quali si può ammettere la rilevanza della "specializzazione", che è però al contempo concorrente requisito necessario per la deroga al divieto di sub-appalto sanzionato dalla L. n. 646 del 1982, art. 21, comma 1.

E al riguardo appare senz’altro condivisibile l’affermazione della corte territoriale che non si trattasse affatto, nella specie, di impianti elettrici la cui realizzazione richiedesse particolari competenze specialistiche e professionali, non appartenenti alla tecnologia dell’impresa cedente, essendo l’argomento convenientemente sostenuto, in sentenza, dalla rilevazione delle caratteristiche delle opere e dall’analisi delle vicende del contratto di cessione del ramo di azienda, a conferma delle valutazioni espresse dal verbalizzante sentito nel corso del giudizio. La valorizzazione di queste ultime dichiarazioni, poi, corrisponde al criterio di "inscindibilità" stabilito dall’art. 194 c.p.p., comma 3 ultimo inciso, trattandosi di testimone particolarmente qualificato (cfr. Corte di Cassazione, Nr.

01247, 21/12/1998 sez. 3 Crispolti, secondo cui in tema di prova testimoniale, il divieto di esprimere apprezzamenti personali non vige qualora il testimone sia persona particolarmente qualificata, in conseguenza della sua preparazione professionale, quando i fatti in ordine ai quali viene esaminato siano inerenti alla sua attività, in quanto, in tal caso, l’apprezzamento diventa inscindibile dal fatto, dal momento che quest’ultimo è stato necessariamente percepito attraverso il "filtro" delle conoscenze tecniche e professionali del teste; vedi, anche, Corte di Cassazione nr. 15576 del 28/09/1990, Brighetti).

Corrisponde peraltro anche a criteri di logica comune che la tipologia dei materiali impiegati in una lavorazione possa influire sulla specializzazione della ditta esecutrice.

Per quel che riguarda la specifica posizione dello Z., le valutazioni della corte territoriale sulla sussistenza dell’elemento psicologico, appaiono infine adeguate alla natura contravvenzionale del reato e alla considerazione della normale diligenza richiesta nella specie, peraltro facilmente osservabile con riferimento all’identificazione della natura di ente pubblico della stazione appaltante, secondo il profilo di indagine particolarmente sottolineato nel corrispondente motivo di appello.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto rigettato, con le conseguenti statuizioni sulle spese.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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