Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-01-2011) 22-03-2011, n. 11471 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Reggio Calabria investito ex art. 309 c.p.p., della richiesta di riesame dell’indagato G.B.V., ha confermato l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari che in data 9.6.2010 aveva applicato al ricorrente la custodia cautelare in carcere per i reati:

– di estorsione aggravata ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7 (capo Q, nel cui ambito era contestato anche il reato di cui all’art. 353 c.p. non oggetto della misura), per avere – in concorso con I.A. cl. (OMISSIS), P.D., P., F. e B.S., e con B.D. – fatto allontanare con violenza e minaccia e avvalendosi della appartenenza mafiosa, altri offerenti dalle aste immobiliari tenutesi nel novembre 2005 e nell’ottobre 2007, aventi ad oggetto beni provenienti da fallimento e che la cosca Buda-Imerti intendeva far acquistare a soggetti ad essa collegati e in particolare a B.D.;

aste conclusesi, in sostanziale assenza di concorrenti e con minimi rialzi, la prima con l’aggiudicazione di diciassette lotti all’avvocato T.A.M., moglie del G.B., e con il trasferimento di sedici di tali lotti, aggiudicati per conto di persone da nominare, al B., al marito e a soggetti legati ad esponenti della cosca; la seconda, avente ad oggetto i cinque immobili già assegnati al B. e da questo non pagati in tempo, con analoga aggiudicazione all’avvocato T. e trasferimento da questa al B.;

– di concorso esterno in associazione mafiosa (capo R) per avere, anche grazie alla funzione cardine svolta dalla moglie quale rappresentante degli offerenti graditi alle cosche, coordinato le operazioni dirette a pilotare le aste immobiliari che interessavano la cosca Buda/Imerti – cui appartenevano I.A. c. (OMISSIS), P. e B.N., C.D., P. D., B.P., Z.R., C.A., V.S. e alla realizzazione dei cui interessi concorreva dall’esterno anche B.D. – consentendo alla stessa, da un lato di acquisire beni di valore cospicuo a prezzi convenienti, dall’altro di accrescere l’egemonia sul territorio e il controllo sugli affari che nello stesso dovevano compiersi, in regime di "monopolio".

A ragione della decisione – e per quanto interessa ai fini del ricorso (che fa questione solo di gravità indiziaria) – il Tribunale evidenziava un duplice filone di elementi indiziari.

1.1. In relazione al primo, concernente più specificamente gli interventi in vista delle aste oggetto di contestazione al capo Q), osservava:

a) che poteva dirsi assodata l’esistenza della cosca Buda-Imerti operante in (OMISSIS) alleata della famiglia Condello e retta da I.A., cl. (OMISSIS), cugino e successore di I. A. cl. (OMISSIS), detto "nano feroce" e già protagonista di guerre di mafia sanguinose, tanto ricavandosi dalle informative 20 giugno e 14 febbraio 2008, che riassumevano quanto emerso in procedimenti definitivi ed evidenziavano, secondo quanto emergeva dalle conversazioni intercettate (se ne citano alcune tra B.P. e P.D.) la perdurante attività della cosca (e il ruolo esercitato, in essa dal latitante C.D., cugino del C.P. e cognato di "(OMISSIS)", esecutore dell’omicidio D.S., nonchè dai fratelli P. e B. N.;

b) che il 19.11.2005 l’avvocato T.A.M. s’era aggiudicata, con un prezzo di poco superiore a quello base, 17 lotti battuti nell’asta dell’ufficio esecuzioni immobiliari del Tribunale, uno essendo rimasto a lei, cinque trasferiti a B.D., cinque al marito, uno alla convivente del P., uno a B.F. fratello di P., due a B.G. figlio di S., uno infine a tale S.A. legato alla famiglia Bu.;

c) che era accaduto che il B. non era riuscito a versare nei termini il residuo prezzo e gli immobili a lui destinati erano stati di conseguenza nuovamente messi all’asta ed erano stati nuovamente aggiudicati all’avvocato Tripodi che li aveva quindi trasferiti al B.;

d) che alcune conversazioni intercettate tra il maggio e il settembre dimostravano: l’interessamento di G.B. allo svolgimento senza pubblicità di precedenti aste e alla necessità di mantenere le future "sotto controllo" (ambientale 23.5.2007 tra il ricorrente e il B.); l’interessamento, in tale ottica, di G. B. a che il B. contattasse tale F.D., intenzionato a partecipare all’asta, per dissuaderlo (ambientale 9.6.2007); l’interessamento, anche economico, del P. e dell’ I. (nei cui confronti il B. s’era impegnato a versare denaro in contante) all’acquisizione degli immobili da parte del B., la volontà di limitare l’affare alla "gente del locale di Villa", la promessa di un "intervento", la mattina della gara, su eventuali altri concorrenti, gli inviti dissuasivi già rivolti a tale B.P. e al F. (ambientale 19.6.2007 tra B.P. e B.);

e) che il 22.6.2007 era stato osservato dagli investigatori l’arrivo presso l’abitazione del B. di B.P. e I. A., e che dalle conversazione intercettate nello stesso giorno emergeva che l’incontro era stato organizzato anche dal P. per chiarire i termini del guadagno da assegnare ai tre in anticipo rispetto alla vendita degli appartamenti; da dette conversazioni risultava inoltre che il B. aveva spiegato agli esponenti della cosca i termini dei problemi da lui incontrati e risolti (anche grazie all’intervento di tale avvocato Castellani) per la liberazione dalle ipoteche e per i finanziamenti; le successive conversazioni del 28.6.2007 dimostravano che B. aveva a tale data pagato al Bu. una prima parte del compenso pattuito (sul quale pareva avere avuto uno "sconto), riservando al giorno successivo il residuo, mentre le successive conversazioni tra Bu.Pa. e B. (del 29.6.2007) consentivano di ritenere che l’intero compenso era stato effettivamente versato, il Ba. mostrandosi compiaciuto della sua puntualità, e che i due fissavano un appuntamento alle ore, 8,30 del giorno successivo;

f) che dagli accertamenti effettuati presso il Tribunale era emerso che il 3 luglio 2007, alla gara di aggiudicazione dell’asta, si erano presentati l’avvocato T. e l’avvocato B.A., interessato per persona da nominare a due lotti, e che l’asta non s’era svolta perchè il giudice aveva rilevato che gli adempimenti pubblicitari non erano regolari, rinviando al 16 ottobre 2007;

g) che nella conversazione del 15.9.2007 Bu.Pa. diceva al B. che era necessario trovare l’indirizzo del B. e che lo si doveva "frenare", emergendo che il Bu. aveva avuto assicurazione da parte di C.A. di un intervento sull’avvocato ma aveva comunque intenzione di stabilire con lui un contatto diretto; nella stessa conversazione i due parlavano di dazioni di denaro, di rapporti di "lavoro" (il B. chiarendo che senza l’appoggio del Bu. non avrebbe fatto nulla) di una somma di denaro da consegnare a tale L.P., già coinvolto dal B. nella vicenda relativa ad una lettera di minacce ricevuta dall’ingegnere V. per appalti comunali, e ritenuto il principale collettore degli appalti per Reggio Calabria;

h) che il giorno 16 ottobre 2007 si era svolta l’asta, il B. non si era ripresentato, i cinque appartamenti erano stati aggiudicati alla T. per persona da nominare per circa Euro 258 mila complessivi; il 13 dicembre veniva emesso il decreto di trasferimento in favore del B..

Sulla base di tali elementi poteva, secondo il Tribunale, ritenersi dimostrato sia l’interessamento della cosca e la pressione mafiosa sulle aste sia il coinvolgimento di G.B., intervenuto personalmente sul B. per convincerlo a fare allontanare il F., approfittando dello stato di soggezione in cui si svolgevano le aste e al fine di acquisizione di immobili che, per bocca dello stesso I.A., avevano, per collocazione e visuale, un valore "inestimabile".

Alle deduzioni difensive, il Tribunale replicava quindi che non poteva ritenersi il comportamento del G.B. rientrante nella attività professionale della T., nel cui studio l’indagato collaborava. A prescindere dalla specifica veste di costui, il mandato legale risultava certamente travalicato quando "in modo del tutto autonomo e spontaneo" il G.B. aveva segnalato al B. i soggetti da raggiungere e da allontanare dall’asta, mentre l’esistenza di un interesse personale era dimostrato dall’acquisto, anche in proprio, di beni oggetto della medesima asta pilotata dal B. e dalla cosca Buda-Imerti, in vista di un’operazione finanziaria sostenuta e realizzata dagli esponenti ( Bu., I. e P.) della cosca.

All’intervento anche di un diverso avvocato nella fase preparatoria dell’asta non poteva invece annettersi rilievo, attesa la limitatezza di tale intervento e la conduzione, in ogni caso, ad opera dell’avvocato T. della fase relativa all’aggiudicazione. E neppure avevano significato nel senso propugnato dalla difesa le circostanze che per tre lotti la T. non aveva presentato offerte (potendosi ritenere sufficiente il numero ingente di aggiudicazioni ottenute) o che uno degli appartamenti aggiudicati al Bu. fosse stato poi rilevato e rivenduto a T.S. (trattandosi di evento successivo).

1.2. Esisteva quindi un secondo filone di conversazioni intercettate, intrattenute tra G.B. e B., che oltre a corroborare le ipotesi accusatorie di cui al capo Q), costituivano anche fondamento per la contestazione al capo R). Nel corso di tali conversazioni il B. forniva difatti al G.B. una messe di informazioni su fatti illeciti, che dimostravano la comunanza di interessi criminali. Si richiamavano così in particolare:

i) la conversazione ambientale del 12.1.2007 tra B., G. B. e A.P., in cui si parlava di esponenti mafiosi, anche latitanti, e delle loro "gesta";

I) la conversazione ambientale del 19.1.2007 tra B. e G. B. da cui risultava che tale C.D. aveva chiesto al primo di intercedere con il secondo perchè lo mettesse in contatto con il cognato Ca.Do. sindaco di (OMISSIS) per ottenere dei lavori, nel corso della quale i due interlocutori, dopo avere parlato delle famiglia Labate e Pastorino, discutevano del C., lasciando intendere che costui apparteneva ad uno schieramento opposto, della spartizione di lavori e della possibilità di far entrare il C. e quindi estrometterlo in modo da far subentrare il B., delle difficoltà che il G.B. aveva con il cognato, del fatto che B. aveva già ottenuto da Bu. l’autorizzazione a subentrare nei lavori e dell’ampio mandato di azione dato al B. dal Bu. stesso, nonchè della possibilità di dire al C. che l’attività interessava agli "amici" di (OMISSIS) e quindi a " G.V.";

m) la conversazione del 1.2.2007 nella quale il B. riferiva a G.B. che il C. lo pressava per parlargli;

n) la conversazione ambientale del 28.1.2007 tra B. e G. B. in cui, durante un viaggio in auto, B. parlava dell’appoggio avuto dalla famiglia A. per certi lavori e dei contatti mantenuti con i componenti della famiglia anche grazie all’appoggio fornito a latitante (individuato in A.C. anche grazie ad altra conversazione intercettata di Bu.Pa.) che il secondo conosceva; di aderenze massoniche; dell’aggiudicazione grazie ad appoggi di appalti a (OMISSIS) (durante il periodo in cui era segretario tale S., ovverosia dal 1994 al 2001, l’ordinanza illustra i riscontri acquisiti in ordine ai lavori cui il B. aveva fatto cenno e le indagini espletate in relazione ai fatti illeciti raccontati tutti, però, oramai prescritti) e in particolare dell’appoggio avuto dagli A., anche in Sicilia (per appalti in ordine ai quali risultavano acquisiti riscontri anche documentali);

delle aderenze criminali che aveva fuori di Reggio Calabria e nei territori attraversati (anche per tali contatti illustrandosi i riscontri acquisiti mediante altre conversazioni intercettate); di un omicidio avvenuto nel territorio di S. e di tale P. S. chiamato "uomo mitra" e della famiglia Santaiti;

dell’aggiudicazione di tre gare riguardanti pulizia e manutenzione delle strade di alcuni paesi della piana di (OMISSIS), per L. 1.150 milioni, "regalati" grazie all’amicizia con il Presidente della Provincia Pirilli, e per i cui lavori non gli erano state chieste tangenti dalla criminalità locale essendo noto il suo legame con le famiglie reggine (anche in relazione all’aggiudicazione di tali lavori erano stati acquisiti riscontri); del fatto che aveva conosciuto i capi cosca dei vari paesi in cui aveva lavorato e dei quali aveva guadagnato la fiducia grazie alle minori conoscenze tecniche degli imprenditori di riferimento e al pagamento di esigue "estorsioni", tanto da essere invitato direttamente da quelli a partecipare a gare in cui lo appoggiavano per l’aggiudicazione; della sua bravura nell’essersi sin dall’inizio saputo gestire accettando di fare parte degli "amici" e presentandosi come "compare M.", pur raccomandandosi con il G.B., che aderiva, circa la necessità di stare attenti nell’avere contatti con pregiudicati; del fatto che C.P. (titolare dell’albergo ristorante presso il quale si erano nel frattempo fermati) si era rivolto a lui, al B., per risolvere il problema di alcune telefonate estorsive, sapendo che aveva ottimi rapporti con esponenti mafiosi locali, e che lui si era assunto la responsabilità di risolvere la cosa, facendolo accordare per 30 anzichè 50 milioni, grazie all’intervento di I.A., e gli aveva anche portato Bu.Pa.;

dell’analoga attività di intermediazione posta in essere per C.U.; B. e G.B. discutevano infine di strategie delle forze dell’ordine e della magistratura;

n) la conversazione ambientale del 2.2.2007, tenuta sempre in auto, nel corso della quale i due parlavano ancora dell’appalto di Villa San Giovanni a cui era interessato il C., quindi, avendo incontrato il L., B. lo presentava a G.B.;

o) la conversazione del 22.2.2007, nella quale B. e G. B. parlavano dei problemi delle gare d’appalto e il primo raccontava delle gare truccate del Comune di Bagnara e del fatto che non era mai riuscito ad inserirsi in quel giro;

p) la conversazione del 15.3.2007 tra B. e G.B., in cui il primo raccontava che Bu.Pa. gli aveva chiesto per conto dell’amministrazione di intercedere con la società Acquereggine perchè stipulasse una convenzione (che la società s’era rifiutata di stipulare), il Bu. avendo interesse ad ottenere in cambio posti di lavoro;

q) la conversazione del 18.5.2007, tra Bu.Pa. e C. A., nel corso della quale risultava che P.D. era il custode dei beni del Bu. e a proposito di un litigio tra il P. e C.G. affermava che il primo aveva dalla sua parte solo G.B. e un altro;

r) la conversazione del 29.8.2007 tra B. e B.G., nella quale a proposito di un terreno che il secondo voleva acquistare, il primo riferiva di avere interessato L.P.S., esponente criminale di spicco a C. e che aveva già avuto un incontro con il B.G., accompagnato dal P., e G.B. manifestava l’intenzione di comperare il terreno solo quando sarebbe stato messo all’asta, affermando che allora sarebbe stato necessario l’intervento di I.A. per impedire la partecipazione di altre persone ("di vedere che non venga qualche cretino perchè …a (OMISSIS) se vogliono le cose si fermano").

L’insieme dei fatti esposti, in relazione all’interessamento e allo svolgimento delle aste, e degli elementi desumibili da tali ulteriori conversazioni confermando che B.G. agiva consapevolmente a favore della famiglia mafiosa Buda – Imerti e che questa traeva benefici, in termini sia strettamente economici sia di prestigio e rafforzamento, dalla attività dell’indagato.

2. Ha proposto ricorso l’indagato a mezzo dei difensori avvocati Aricò Giuseppe e Antonio Mazzone, chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata.

2.1. Con il primo motivo lamenta mancanza, contraddittorietà anche esterna e manifesta illogicità della motivazione; nullità della succinta ordinanza del Giudice per le indagini preliminari ai sensi dell’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. C bis e comma 2 ter, violazione di norme processuali, mancanza di gravi indizi di colpevolezza, denunziando che l’ordinanza mancava, fisicamente, di motivazione in ordine agli elementi costitutivi del concorso esterno in associazione mafiosa, della turbata libertà degli incanti, dell’estorsione e dell’aggravante del D.L. n. 152 del 1991, art. 7; si sostanziava di argomenti non rilevanti per la configurazione di dette ipotesi; era comunque sorretta da giustificazioni contraddittorie, manifestamente illogiche e apparenti; non individuava un compendio indiziario grave in termini di qualificata probabilità di colpevolezza; non considerava gli elementi addotti dalla difesa.

In particolare si assume che i primi tre aspetti evidenziati dall’ordinanza impugnata a fondamento della misura – consistenti nella partecipazione alle aste dell’avvocato T. come longa manus del marito; nell’avere avuto questo contati con il B.;

nelle modalità di svolgimento delle aste – erano privi di valenza indiziaria. L’avvocato T. agiva quale legale dei Bu. e di P., il G.B. pur non essendo avvocato collaborava con la moglie, la partecipazione alle aste del legale per conto dei suoi clienti e agendo quindi per persona da nominare rientrava nei termini del mandato ed era perfettamente legale.

Il mandato difensivo, infine, non risultava "trasceso" e se anche lo fosse stato, con il fornire consigli deontologicamente non rigorosi, tanto non bastava a realizzare alcuna delle ipotesi contestate.

Assolutamente indimostrato era l’assunto che il G. avesse agito in una prospettiva associativa. Risultando invece (in base agli stessi elementi evidenziati dal Tribunale) che si muoveva nell’interesse e a sostegno del B., non soltanto imputato soltanto di concorso esterno ma che a sua volta, nell’occasione e in relazione alle aste di cui in contestazione, curava soltanto propri interessi pagando l’associazione per la protezione concessagli (anche a prescindere dalla realizzazione del risultato, come emergeva dall’ordinanza impugnata a p. 13) e avendo da recuperare trenta milioni di lire che aveva già versato (nella precedente asta) e non recuperato. Sicchè non poteva dirsi certamente integrato il delitto di concorso esterno in assenza sia di un impiego di denari della cosca sia della finalizzazione dei beni agli interessi della cosca sia della subordinazione all’esito favorevole dell’aggiudicazione del pagamento del B. all’ I. sia di una reale istigazione del G. al B. nel senso di un intervento della cosca, l’ordinanza impugnata limitandosi a riferire di un suggerimento al B. di parlare con il F..

Neppure risultavano d’altra parte integrati gli elementi strutturali dell’estorsione, della turbata libertà degli incanti e dell’aggravante contestata, mancando elementi da cui desumere sia l’esistenza di una minaccia connotata da effettività sia l’avvalimento o l’agevolazione costitutivi dell’aggravante.

L’ordinanza non spiegava come dal semplice suggerimento dato dal G. al B. di parlare con il F. potesse desumersi l’istigazione a minacciarlo nè dimostrava che il F. si fosse ritirato perchè minacciato e non per altre ragioni (ad esempio per consentire al B. di rientrare dei 30 milioni già versati).

Quanto ai colloqui intercorsi tra B. e G., dai quali il Tribunale aveva affermato che potevano trarsi indizi della commissione dei fatti contestati, gli stessi si sostanziavano pressochè integralmente in esternazioni del B., per altro per la gran parte relative a fatti notori, ascoltate dal G. con limitati interventi – in genere domande – che manifestavano la sua ignoranza dei meccanismi sia criminali che amministrativi di cui parlava il B..

Nessuna valenza indiziaria poteva riconnettersi infine alle modalità di svolgimento delle aste: in ordine a quella del 2005 non vi erano elementi di sorta che dimostrassero le ipotesi accusatorie e neppure per l’unico nome fatto ( C.) era dimostrato che si fosse allontanato dall’asta perchè minacciato; il riferimento proveniente da G.B. alla possibilità, per il passato, di gestire le aste senza pubblicità con l’accondiscenza dell’ufficio che doveva provvedere, non serviva certo a comprovare la tesi dell’accusa; la circostanza che vi erano stati nel 2005 altri concorrenti, rilanci, seppure modesti, e che per tre lotti l’avvocato T. aveva perso l’aggiudicazione era stata irragionevolmente svalutata dal Tribunale;

in relazione ad entrambe le aste l’avvocato T. aveva trasparentemente agito per persone da nominare immediatamente depositando poi il nome del soggetto per il quale aveva agito, e tale comportamento si poneva in contrasto con l’ipotesi di una gestione occulta per favorire la cosca; così come si poneva in contrasto con l’ipotesi accusatoria la circostanza che uno degli aggiudicatari dell’asta del 2005 ritenuti collegati alla cosca, tal Bu., non avesse potuto trattenere il bene per incapacità economica lasciandolo così acquisire al fratello dell’avvocato T., mentre la semplice indicazione di legami familiari con esponenti della cosca non poteva certamente bastare a dimostrare con il livello di gravità indiziaria richiesto la partecipazione della cosca stessa. D’altro canto la circostanza che l’avvocato T. avesse acquistato beni anche a nome suo e per i suoi familiari non era conciliabile con l’ipotesi di un suo agire nell’interesse della cosca. Non aveva fondamento nè senso logico, quindi, l’affermazione che, sia ipotizzando un interesse diretto della famiglia Tripepi sia in assenza di un tale interesse, doveva comunque ipotizzarsi che scopo dell’operazione era quello di agevolare la cosca. Mancava inoltre, da un lato ogni motivazione sul connotato dell’ingiustizia del vantaggio perseguito, dall’altro ogni considerazione della riconducibilità della condotta al mandato professionale; ed era stato irragionevolmente svalutata la circostanza relativa all’intervento di altro legale nella fase preparatoria dell’asta del 2007, che dimostrava fungibilità di ruoli e dunque assenza della veste di referenti della cosca.

Sempre con riguardo all’asta del 2007, si osserva ancora che nulla dimostrava un suggerimento di far intervenire esponenti della cosca sul F., la conversazione riportata e il riferimento fatto dal B. a precedenti contrasti con il F. consentendo anzi di escludere che il suggerimento del G.B. al B., di parlare direttamente con il F., alludesse ad un istigazione ad avvalersi di modalità mafiose anzichè ad una piana risoluzione colloquiale dei contrasti esistenti tra i due.

Infine la conversazione citata a pag. 44 (del 29.8.2007) non risultava corroborata da alcun dato circa la successiva celebrazione dell’asta ipotizzata.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia violazione di legge in relazione al ritenuto concorso tra i reati di cui agli artt. 353 e 629 c.p., richiamandosi, con adesione, sez. 6 del 3.3.2004, n. 19607, che la possibilità di tale concorso esclude, affermando la specialità del delitto di turbata libertà degli incanti.

3. In prossimità dell’udienza la difesa ha prodotto memoria con la quale illustra ulteriormente le proprie ragioni.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso, che sarebbe preliminare perchè attiene alla astratta configurabilità del reato di estorsione non è, ad avviso del Collegio, fondato.

Come riconosceva già Sez. 2, n. 46200 del 28/10/2005, Rv. 232845, Amie (rilevando tuttavia la diversità del caso sottoposto al suo esame, in cui la minaccia era rivolta a soggetto che non aveva titolo per partecipare all’asta) è in effetti riscontrabile nella giurisprudenza di legittimità un apparente contrasto in ordine alla configurabilità di concorso formale tra i reati di turbativa d’asta e di tentata estorsione, allorchè le minacce, rivolte a taluno per indurlo ad omettere di partecipare alla gara, o per alterare comunque la concorrenza, siano uniche (cfr. Cass. 03/03/2004, Riv. 228964 e Cass. 25/09/2003, Riv. 227157).

In realtà, tuttavia, la decisione assunta in camera di consiglio il 3 marzo 2004, dalla sesta sezione di questa Corte, citata dal ricorrente – che ha affermato il principio che il delitto di turbata libertà degli incanti, avendo natura plurioffensiva non può concorrere, in base al principio di specialità, con quello di estorsione, sicchè questo deve ritenersi assorbito nel primo – costituisce precedente pressochè isolato e si discosta (stando alla motivazione inconsapevolmente) dall’orientamento giurisprudenziale di legittimità già allora e quindi sino ad oggi prevalente, che ammette il concorso formale tra il delitto di turbata libertà degli incanti e quello di estorsione (v. in questo senso: Sez. 2, n. 13505 del 13/03/2008 Rv. 239794, Gennaro; Sez. 2, n. 12266 del 27/02/2008 Rv. 239753, Magni; Sez. 2, n. 4925 del 26/01/2006 Rv. 233346, Piselli; Sez. 2, n. 46884 del 04/11/2004 Rv. 231087, Brambati; Sez. 2, n. 45625 del 25/09/2003, Ciserani, rv. 227157; Sez. 2, 30/11/1989, n. 3797, Vitali, rv. 183725).

Tale orientamento prevalente il Collegio condivide, non tanto per il criterio della obiettività giuridica pure in molte decisioni richiamato, da ritenere non significativo perchè estraneo all’art. 15 c.p. e a principi e comunque non risolutivo (S.U. n. 35 del 10.12.2000, Sagone; S.U. n. 8545 del 18.12.2002, Scuncia; S.U. n. 1235 del 28 ottobre 2010), quanto piuttosto in base al criterio strutturale, giacchè l’analisi delle due fattispecie consente di individuare in ciascuna elementi specializzanti diversi, che impediscono di ritenere l’una assorbita nell’altra, ponendole invece in rapporto di specialità reciproca. Basta considerare che la turbativa d’asta si perfeziona attraverso una condotta che può essere di violenza o di minaccia ma può anche estrinsecarsi in collusioni o altri mezzi fraudolenti; mentre il delitto di estorsione, il quale "contiene" in sè l’ipotesi della violenza e minaccia ma non gli altri comportamenti pure rilevanti per l’integrazione della turbativa d’asta, si caratterizza altresì per lo specifico fine del conseguimento di un ingiusto profitto, con altrui danno patrimoniale, di modo che è dal punto di vista delle modalità della condotta e dell’elemento soggettivo speciale rispetto al reato di cui all’art. 353 c.p., connotato dal dolo generico;

mentre questo è a sua volta speciale quanto ad evento, pur di pericolo, e connessa coscienza e volontà, di impedire o turbare la gara o allontanare gli offerenti.

La condotta che realizza una estorsione non può, dunque, in nessun caso ritenersi assorbita nel reato di turbativa d’asta, nè quest’ultima può ritenersi assorbita nell’estorsione.

2. Fondato è invece nei termini che si diranno, in ogni caso assorbenti, il primo motivo, che attiene alla gravità indiziaria.

2.1. L’impianto accusatorio recepito dal Giudice per le indagini preliminari e dal Tribunale del riesame si riferisce a tre fatti reato che consisterebbero (secondo un ordine che rende più immediatamente comprensibile i contesti):

capo R) in concorso esterno nell’associazione di stampo mafioso della cosca Buda – Imerti, cui appartenevano tra l’altro I.A. cl. (OMISSIS), P. e Bu.Na., C.D., P.D., Be.Pa., Z.R., C. A., V.S., alla realizzazione dei cui interessi concorreva dall’esterno anche B.D.; tale condotta si sarebbe realizzata (anche grazie alla veste di legale di soggetti graditi alle cosche della moglie avvocato T.A.M.), coordinando le operazioni dirette a pilotare le aste immobiliari che interessavano la consorteria consentendo alla stessa di acquisire beni di valore cospicuo a prezzi convenienti e di accrescere l’egemonia sul territorio e il controllo sugli affari in regime di "monopolio". Q) in estorsioni (aggravate ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7) finalizzate turbative d’asta (per il quale reato la misura non è emessa non consentendolo il titolo) cumulativamente contestate nel capo Q) ai sensi dell’art. 81 c.p., comma 2, perchè ritenuti espressione di un "medesimo disegno criminoso", realizzate:

Q1) in vista e in occasione dell’asta di novembre 2005, conclusasi con l’aggiudicazione di diciassette lotti all’avvocato T.A. M., moglie del G.B., e con il successivo trasferimento di sedici di tali lotti, aggiudicati all’avvocato T. per conto di persone da nominare, al B., al marito e a soggetti in tesi legati ad esponenti della cosca (nel dettaglio, un’unità sarebbe rimasta alla T.; cinque sarebbero state trasferite a B.D.; cinque al marito della T., attuale indagato; una alla convivente del P.; una a Bu.

F. fratello di P., due a Bu.Gi. figlio di S.; una infine a tale S.A. legato alla famiglia Buda);

Q2) in vista e in occasione dell’asta tenutasi infine nell’ottobre 2007, avente ad oggetto i cinque immobili già trasferiti all’esito della precedente al B. ma da questo non pagati in tempo e dunque tornati all’asta, con analoga aggiudicazione all’avvocato T. e trasferimento da questa al B..

L’accusa di concorso esterno nell’associazione mafiosa Buda – Imerti al capo R) è posta sulla base delle condotte ai punti Q1) e Q2) e su di una serie di intercettazioni che dimostrerebbero la vicinanza e la comunanza di interessi tra la cosca e il B. e, per il tramite o comunque grazie alle parole di questo, il G.B..

Si deve dunque iniziare dai fatti specifici.

2.2. Orbene, in relazione ai reati contestati sub Q1), il panorama indiziario a carico di G.B. appare, se si escludono sospetti indiretti, pressochè inesistente.

Vi è una partecipazione all’asta dell’avvocato T., moglie del ricorrente, che si era aggiudicata i lotti per persone da nominare agendo, dal punto di vista legale trasparentemente in veste di rappresentante degli aggiudicatari nominati; si ipotizza che anche in quell’occasione l’avvocato T. si sia avvalsa della collaborazione del marito (che l’adiuvava nello studio legale), ma gli elementi acquisiti si segnalano per una sconsolante assenza di riferimenti specifici, per i fatti del 2005, al G.B..

Si ipotizza che le persone rappresentate dalla T. fossero tutte "legate" a vario titolo alla cosca Buda Imerti: lei stessa, il marito e il B. per il collegamento di interessi; gli altri aggiudicatari per ragioni di parentela (vedi in fatto punto 1.1.c.).

Ma la collusione mafiosa tra la T., il G.B. e il B. (altro concorrente esterno) da un lato e la cosca dall’altro in occasione e per quella operazione economica era il dato da dimostrare e non poteva essere assunto contemporaneamente a presupposto indiziario; i rapporti di parentela inducono sospetti ma sono inidonei a fungere da indizio di appartenenza mafiosa.

Mancano in ogni caso, e risolutivamente, elementi concreti idonei a dimostrare che la "turbativa" ipotizzata sulla base del risultato (sospetto per il nome degli aggiudicatari e perchè un tale si sarebbe ritirato) oltre che del collegamento con quanto accaduto poi nel 2007, di cui si dirà, fosse stata effettivamente realizzata con violenza e minaccia nei confronti di eventuali concorrenti posta in essere con l’apporto concorrente del G.B..

Per converso, effettivamente non risulta considerato (come denunzia il ricorrente) quanto G.B. in alcune delle conversazioni intercettate andava raccontando (cfr. ambientale 23.5.2007, nel fatto al punto l.l.d.) a proposito della (rimpianta) facilità per il passato di "gestire" le aste senza pubblicità, grazie alla condiscendenza di certi funzionari (sostituiti o ora lasciati meno liberi, non è dato comprendere: certo è che anche in relazione all’asta del 2007 il Tribunale riferisce che prima la prima udienza venne rinviata dal giudice che constatava un difetto di pubblicità, cfr. nel fatto al punto l. l.f.). E non risulta dunque data risposta alla ipotesi, non implausibile ex se perchè emergente dalle stesse conversazioni poste a base del provvedimento cautelare, di turbative realizzate in passato mediante condotte diverse dalla minaccia rivolta direttamente ad eventuali partecipanti indesiderati.

Ed è anche vero che l’affermazione posta dal Tribunale a sostegno dell’accusa, che l’asta si svolse in "sostanziale" assenza di altri concorrenti, è inaccettabilmente generica, perchè il giudice del merito deve indicare i dati concreti cui si riferisce la sua valutazione per consentire il controllo di legittimità; ed è "sostanzialmente" elusiva, perciò, del tema posto dalla difesa – relativo alla partecipazione all’asta di altre persone, all’aggiudicazione di lotti anche ad altre persone, all’esistenza di rilanci seppure modesti, al fatto che per tre lotti la T. avrebbe perso la gara – che in un contesto indiziario tanto vago non poteva certamente tenersi accantonarsi.

2.2. In relazione alla vicenda successiva, ruotante attorno all’asta del 2007, il compendio indiziario illustrato parrebbe svelare invece una scesa in campo o comunque un coinvolgimento di esponenti della cosca Buda Imerti a sostegno della pretesa di B.V. di riottenere quei lotti che gli erano sfuggiti nel 2005 perchè non aveva versato in tempo il saldo del prezzo (perdendo così la quota anticipata).

Tuttavia, anche in relazione alla vicenda del 2007, gli elementi indiziari da cui viene tratta la convinzione che detto appoggio "mafioso", con utilità bilaterale, si sarebbe concretato mediante atti d’intimidazione nei confronti di aspiranti partecipanti, non attingono mai specificamente la posizione di G.B..

Si dice ancora una volta che l’indagato era il marito dell’avvocatessa T., legale di esponenti della cosca con la quale G.B. collaborava, e che costei si rese aggiudicataria dei lotti cedendoli quindi al B.. Ma, posto che non è questa la sede per censurare scelte etiche e deontologiche, la circostanza che l’avvocato e il suo "staff" conoscessero in termini generici il modo di comportarsi dei loro assistiti non è sufficiente per istituire un rapporto di complicità in relazione ad ogni specifica condotta delittuosa di costoro, neppure se è posta a monte, in coincidenza o a valle, del suo intervento legale ma da questo rimane comunque distinta: salvo che risultino gli estremi di una consapevolezza e di un apporto, anche solo morale, specifici.

Sono quindi versati in atti i resoconti di moltissime conversazioni intercettate, che si riferiscano però quasi esclusivamente a contatti tra il B. e gli esponenti della cosca Buda Imerti. E da nessuna di queste conversazioni appare, a quanto risulta dal provvedimento impugnato, non solo che detti contatti avvenissero mediante una, per così dire, triangolazione che coinvolgeva in qualche modo anche il G.B. (o la T.), ma neppure che ad alcuni di essi avesse dato effettivo impulso o contributo alcuno, o sostegno diretto o indiretto, il G.B..

Anzi, i colloqui riportati, riferibili alle aste indicate ai capi Q1) e Q2) (si tratta di quelli riassunti in fatto nel punto 1.1.), sono, per quanto riguarda G.B., estremamente generici, e da nessuno emerge neppure che il B. lo avesse tenuto parallelamente informato dei rapporti che stava intrattenendo in vista dell’aggiudicazione con Bu. e la sua gente.

In particolare, in detti colloqui G.B. appare (direttamente o indirettamente) soltanto:

– in quello del 23.5.2005, a cui si è già fatto cenno, nel quale, secondo l’interpretazione datane, aveva manifestato la preoccupazione che il nuovo giudice delegato potesse pubblicizzare l’asta e quindi rinviarla da luglio ad altra data, aveva ricordato che in precedenza era possibile acquistare immobili ad aste che si svolgevano senza darne pubblicazione ma che ora il Tribunale reggino seguiva diverse prassi, e, con la frase "a Villa dobbiamo tenere le cose sotto controllo", avrebbe affermato secondo il Tribunale "la necessità di evitare l’accadimento di fatti delittuosi che avrebbero potuto nuocere all’intera organizzazione criminale", mantenendo gli equilibri attuali;

– nella conversazione del 9.6.2007, in cui l’indagato, informato dal B. che tale F. era intenzionato a partecipare all’asta nonostante conoscesse la vicenda e sapesse della perdita economica del B. per il precedente acquisto non perfezionato, diceva al B.: "secondo me lo devi chiamare"; e B. rispondeva "va bè lo chiamo io".

Ora però: il colloquio del 23 maggio, è generico e ambiguo, e ad accogliere l’interpretazione datane dal Tribunale – nonostante superi palesemente il dato letterale e paia trovare spiegazione soltanto nel rilievo che si trattava di "affermazione simile" ad altra pronunziata da Bu. in una conversazione del 19 giugno 2007 – risulterebbe un invito a "evitare … fatti delittuosi", piuttosto che a commetterli;

il colloquio del 9 giugno è poi assolutamente neutro, se non confligente con la prospettazione accusatoria, perchè, stando a quanto riportato, l’indagato si sarebbe limitato a consigliere il B. di parlare lui con il F. per tentare di dissuaderlo a partecipare all’asta.

Mentre la circostanza rivelata dalle conversazioni successive (conversazione del 19 giugno, tra Bu. e B., riportata come le altre in fatto al punto 1.1.d), che il F., come tale Be., fosse stato invece avvicinato da gente della cosca Buda, non trova collegamenti di sorta con il differente consiglio (di parlarci personalmente) rivolto dall’indagato al B..

In nessuno degli altri colloqui riportati, intercorsi tra B. e gente ritenuta appartenere alla cosca Buda, risulta quindi nominato G.B. (anche quando aveva raccontato di quanto aveva dovuto fare per risolvere problemi legali da lui incontrati, il B. aveva fatto riferimento all’intervento di tale avvocato Castellani, non della T. o del marito). Non vi sono colloqui del B. da cui risulti che G.B. era a conoscenza dell’intervento del clan Buda. Neppure nei colloqui successivi all’ottobre del 2007 intercorsi tra B. e G.B. (riassunti in fatto al punto 1.2.), risulta essersi fatto cenno specifico a quelle vicende, di modo che l’affermazione che essi corroboravano le accuse di concorso nei fatti estorsivi, appare tanto generica quanto ingiustificata.

In conclusione, l’affermazione del Tribunale che sussistevano gravi indizi del concorso di G.B. nell’attività minatoria posta in essere dal B. assieme a personaggi di caratura mafiosa per allontanare eventuali altri concorrenti dall’asta di luglio – ottobre 2007, non è coerente con il quadro indiziario illustrato a suo sostegno.

3. Svuotata di base probatoria in relazione al concorso nei fatti predetti, anche la contestazione di concorso esterno in associazione di stampo mafioso risulta fondata su elementi insufficienti a fini cautelari.

Oltre i due episodi specifici, il Tribunale ha evidenziato a dimostrazione dell’accusa una serie di conversazioni ulteriori, registrate da gennaio ad agosto del 2007.

Nella maggior parte di esse è però per lo più solamente B. a parlare, vantandosi delle sue conoscenze e alleanze con soggetti mafiosi, dei lavori ottenuti grazie anche a tali appoggi, di favori e vantaggi ricevuti. Il silenzio condiscendente del G.B. non attinge al livello di rilevanza penale.

Stando a quanto riportato, G.B. avrebbe manifestato chiara adesione alle parole del B. inizialmente una sola volta, quando però il B. aveva affermato che occorreva fare attenzione a tenere contatti con pregiudicati (conversazione 28.1.2007, al punto 1.2.n. del fatto). Si tratta dunque di adesione irrilevante se non contraria ai fini della prova di un concorso esterno.

In precedenza, anche quando il B. gli aveva chiesto di intercedere con un suo parente sindaco, l’indagato s’era mostrato restio (conversazione 19.1.2007, in fatto punto 1.2.1).

Un qualche coinvolgimento indiretto di G.B. appare in una conversazione tra terzi, nella quale, secondo il Tribunale, Bu.Pa. aveva affermato che il marito dell’avvocatessa, che era immischiato con Polizia e Carabinieri, era uno dei pochi che poteva schierasi con P. in occasione del suo dissidio con Cotroneo di cui si discuteva. Il riferimento è però assolutamente ambiguo e non è ulteriormente spiegato.

Solamente in una conversazione del 29 agosto si palesa l’intenzione dell’indagato di avvalersi dell’appoggio di I.A., quando un certo terreno cui era interessato sarebbe stato messo all’asta.

Qui è finalmente G.B. a parlare un po’ più chiaramente e a manifestare una suo proposito illecito.

Ma il provvedimento impugnato non evidenzia alcun elemento che dimostrerebbe: da un lato che l’intenzione s’era tradotta in una condotta penalmente rilevante; dall’altro che l’operazione economica che l’indagato pregustava aveva il fine (anche soltanto concorrente) di favorire la cosca.

Anche in relazione al capo R), la conclusione che esisteva una grave base indiziaria non è dunque coerente con i dati esposti.

4. L’ordinanza impugnata non può, in conclusone, che essere annullata con rinvio, per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria.

Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la cancelleria provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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